Videogiochi e violenza: c’è veramente un rapporto?

Uno dei luoghi comuni più dibattuti quando un episodio di violenza giovanile viene riportato negli articoli di cronaca, è quello in base al quale certi videogame indurrebbero i ragazzi a commettere crimini. La polemica tende a riaccendersi spesso in America a causa delle stragi scolastiche. La lobby delle armi attacca i videogame violenti per difendere se stessa

Il progresso nel campo dei videogiochi porta sempre più spesso i ragazzi a vivere esperienze virtuali forti: da quelledi guerra, sempre più realistiche e accurate, fino ai furti, le rapine in banca e le stragi. Viene così da chiedersi setutto questo possa istigare in qualche modo alla violenza. Si tratta di una domanda piuttosto vecchia, che non ha risparmiato in precedenza i film e persino i fumetti. Per i minori le tutele esistono già, anche nei videogame: nell'Unione europea vengono classificati col codice Pegi (Pan european game information), fornendo ai genitori uno strumento per tutelare i figli da contenuti inappropriati per la loro età. Sicuramente esiste una letteratura fatta di studi che troverebbero un collegamento tra videogiochi e violenzagiovanile, ma ne possiamo trovare anche contro i vaccini; il problema sta sempre nel capire come sono stati realizzati e quali potrebbero essere gli interessi dietro l'appoggio di certe convinzioni. Nel caso dei videogiochi una certa pressione viene dalle lobby delle armi americane, dove diventa sempre più evidente il legame tra possessod'armi eloro uso nei crimini.

Videogiochi e armi

Quando negli Stati Uniti viene commessa una strage scolastica i videogiochi sono tra i primi «sospetti» su cui si focalizza l’attenzione. Si riaccende anche il dibattito sul mercato delle armi e sull’emendamento costituzionale che riconosce ai cittadini americani il diritto di armarsi; questo implica anche la possibilità che un ragazzino si faccia spedire delle armi in casa, allo scopo di dare una «soluzione» definitiva ai propri problemi esistenziali.

Esistono giochi in cui si può fare uso di armi (spesso riproduzioni fedeli di quelle realmente in commercio) e commettere vere e proprie stragi virtuali, come GTA V. Curiosamente la correlazione tra videogame e violenza giovanilespesso è sostenuta proprio da chi non vuole saperne di limitare il commercio delle armi.

Che la lobby delle armi stia da sempre tentando di usare i videogame come capro espiatorio non è un mistero. Nel 2012 la National rifle association (Nra) a seguito della strage alla scuola elementare di Newtownattaccòsenza indugi i principali produttori di console videoludiche, comeXbox e Playstation.Le armi virtuali sarebbero quindi più pericolose per la società di quelle reali.

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GTA V è uno dei videogiochi maggiormente accusati di istigare i giovani alla violenza

Il fenomeno delle stragi scolastiche

Sicuramente se esaminiamo in che modo passavano il tempo i killer delle stragi scolastiche i videogiochi saltano spesso fuori – assieme alle armi vere- tuttavia i primi sono comuni a buona parte dei giovani, mentre non tutti dispongono di un arsenale per uccidere professori e compagni di classe.

Eric Harris e Dylan Klebold responsabili del massacro alla Columbine high school nel 1999, facevano uso di videogiochi violenti – come Doom – ma ascoltavano anche musica industrial; oltre a questo riuscirono facilmente a fruire di armi ed esplosivi. Nicholas Cruz nel febbraio 2018 uccise 17 persone nella Stoneman Douglas High SchoolaParkland in Florida. Anche dopo questa strage si riaccese puntualmente la polemica contro i videogame violenti;ma Nikolas era soprattutto un appassionato di tiro a segno con armi ad aria compressa. Verrebbe da chiedersi se per caso questo genere di stragi sia cominciato parallelamente all’entrata in commercio dei videogame, ma non è così.

La prima strage in un campus americano venne commessa nel 1966 daCharles Whitman. Il killer dopo aver sterminato la propria famiglia andò a rifugiarsi in cima alla Torre del campus universitario di Austin in Texas, portandosi dietro un piccolo arsenale. Nel giro di 96 minuti Whitman esplose 46 colpi, uccidendo 16 persone e ferendone 30, compresa una ragazza incinta di otto mesi. Diversi cittadini intervennero assieme ai poliziotti per tentare di fermarlo, tutti armati: la libera circolazione delle armi era già una realtà, mentre i videogame violenti non esistevano ancora.

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I killer della strage alla Columbine High School, 1999

Videogiochi e violenza: un collegamento pseudoscientifico

In unameta-analisi pubblicata su Pnas nell’ottobre 2018i ricercatori esaminarono 24 studi dove si stabiliva una correlazione tra videogiochi e violenza, questi coinvolsero in totale circa 17 mila partecipanti.Nell'analisi si riscontrarono tuttaviamolti dei seguenti problemi: stabiliscono un collegamento con «atteggiamenti violenti non seri … gonfiando le stime», come la semplice manifestazione di parole o sentimenti legati all’aggressività; mancano controlli statistici adeguati, quindi gli effetti osservati potrebbero essere conseguenze di altri fattori di cui non si tiene conto; si riscontrano pregiudiziali tendenze a considerare gli studi che supportano collegamenti con la violenza, tralasciando quelli dai risultati nulli. Infine la meta-analisi cita «tre rigorosi studi longitudinali che non hanno trovato alcuna relazione significativa tra il gioco violento e l'aggressività».

Giochi e comportamento violento

In uno studio longitudinale pubblicato su Nature Molecular Psychiatry nel marzo 2018 i ricercatori hanno voluto cercare eventuali effetti a lungo termine tra videogiochi e comportamento violento. I volontari sono stati divisi in tre gruppi: uno avrebbe giocato a GTA V (gioco violento); uno ha giocato a The Sims 3 (gioco non violento); infine un gruppo di controllo non avrebbe giocato affatto. L’esperimento è durato due mesi.I risultati sono inequivocabili: «Non sono stati osservati cambiamenti significativi, né quando si confronta il gruppo che gioca un videogioco violento con un gruppo che gioca un gioco non violento, né a un gruppo di controllo passivo».

Violenza e videogiochi: un confronto statistico

I ricercatori della Stetson University nel novembre 2014 scoprirono che dal 1996 al 2011 ci sarebbe stata una diminuzione della violenza accompagnata aun incremento dell’uso di videogiochi violenti. Questo non significa che giocare rende i ragazzi più gentili, ma ci dà una misura di quanto complesso sia il fenomeno e dei vari fattori – oltre la videoludica – che possono entrare in azione.

Per approfondire:

Letteratura scientifica essenziale

Articoli di fact checking

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