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Femminicidio, la ministra Bongiorno: «Rito abbreviato per i reati da ergastolo? Da abolire»

Commentando la sentenza relativa all'omicidio di Olga Matei, il ministro della Pubblica Amministrazione ha raccontato a Open che il governo sta lavorando per impedire il ricorso al rito abbreviato per i reati che prevedono l'ergastolo 

Le motivazioni della sentenza che hanno portato al dimezzamento della pena a 16 anni per il femminicidio di Olga Matei hanno creato molto scalpore.In realtà, la cosiddetta “tempesta emotiva” menzionata nella sentenza non è l’attenuante che ha portato allo sconto di pena, come invece inizialmente sostenuto da molte testate giornalistiche.

Nonostante ciò, quel che moltissimi lettori rilevano è che, al di là delle motivazioni, il problema sarebbe la condanna troppo tenue, passata comunque dagli iniziali 30 anni a 16 per effetto di una serie di circostanze giuridiche, tra cui l’applicazione dello sconto di un terzo della pena dovuto al rito abbreviato.

Open ha analizzata la questione con il ministro per la Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno, avvocato penalista e fondatrice dell’associazione contro la violenza sulle donne Doppia Difesa.

Ministro, la sentenza sul femminicidio di Olga Matei ha fatto molto scalpore, sia per quella “tempesta emotiva” menzionata nelle motivazioni, sia per la consistente riduzione della pena. Trova che sia effettivamente una decisione che abbia il sapore di un ritorno al passato?

«Le sentenze si rispettano sempre, piacciano o meno, ma i principi che si leggono nelle motivazioni possono essere oggetto di riflessione. Sia chiaro che i giudici hanno il complicato compito di valutare ogni aspetto che spinge un’azione omicidiaria e che quindi quando devono valutare la gravità di un fatto possono prendere in esame una serie infinita di elementi.

Alcuni passaggi della motivazione, e in particolare quello in cui si fa cenno a una soverchiante tempesta emotiva e passionale come condizione che ha influito sulla riduzione della pena, hanno fatto tornare in mente a molti l’idea di fondo del delitto d’onore, retaggio di una cultura in cui la donna era considerata un bene appartenente all’uomo».

Il presidente della Corte di appello di Bologna, Giuseppe Colonna, ha spiegato: «La gelosia non è stata considerata motivo di attenuazione del trattamento, anzi, al contrario, motivo di aggravamento in quanto integrante l’aggravante dell’avere agito per motivi abietti-futili. La misura della responsabilità (sotto il profilo del dolo) era comunque condizionata dalle infelici esperienze di vita, affettiva, pregressa dell’imputato, che in passato avevano comportato anche la necessità di cure psichiatriche, che avevano amplificato il suo timore di abbandono». Cosa ne pensa?

«La motivazione ormai è pubblica: in essa si legge che la gelosia è stata ritenuta aggravante. Poi, a pagina 6 della sentenza, viene richiamato il medesimo sentimento come causa della soverchiante tempesta emotiva e passionale, rappresentando, perciò, al contempo, una delle cause della riduzione di pena».

Come avvocato che del contrasto alla violenza sulle donne ha fatto il suo baluardo, trova che l’attuale normativa sia efficace – anche dal punto di vista della prevenzione – oppure sarebbe opportuno riformarla?

«Da un punto di vita legislativo stiamo portando avanti una legge denominata ‘Codice Rosso’ che prevede tempi certi e celeri (3 giorni) per l’ascolto in Procura della persona offesa e vittima di condotte violente, per evitare che il protrarsi della situazione di pericolo denunciata possa giungere a conseguenze tanto gravi quanto irrimediabili.

Per evitare che a fronte di femminicidi efferati le condanne non siano proporzionate alla gravità del fatto, sono dell’idea di abolire il rito abbreviato per i delitti puniti con l’ergastolo. E in Parlamento già stiamo portando avanti una legge che escluda la possibilità di accedere all’abbreviato per i reati puniti con l’ergastolo.

La parità di genere si ottiene anche attraverso battaglie da condurre sul piano culturale, con iniziative che valorizzano il ruolo della donna. Certamente resto perplessa se i nostri figli vengono istruiti con l’uso di libri di grammatica in cui gli esercizi riportano come verbi adatti per la mamma ‘cucinare’ e ‘stirare’ e per il papà ‘lavorare’ e ‘leggere’».

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