Lorenzo aveva scelto un nome di battaglia curdo, Têkoşer, "combattente". Era partito per la Siria nell'ottobre del 2017. Ancora pochi giorni, forse ore, e lo Stato Islamico sarebbe stato sconfitto.
Lorenzo Orsetti lavorava come cuoco e aveva deciso di unirsi alle milizie curde delle YPG per opporsi alla brutalità dell'Isis, ma il 18 marzo i combattenti del sedicente gruppo terroristico hanno annunciato di aver ucciso il combattente fiorentino nei combattimenti di Baghouz, l'ultima roccaforte dell'Isis.
«"Sì, sì, ci siamo, va tutto bene. E tu come stai?". È questa l'ultima conversazione che ho avuto con Lorenzo, ci eravamo sentiti poco più di una settimana fa». Racconta a Open Claudio Locatelli, giornalista ed ex combattente delle milizie curde, compagno di battaglia di Orsetti.
Locatelli aveva conosciuto Lorenzo in Iraq nel 2017: «Era appena terminata la battaglia di Raqqa, dove avevamo combattuto per liberare la città vecchia, e lui entrava per iniziare il suo percorso di lotta sul campo. Siamo stati assieme poco meno di due settimane». Raqqa, capitale siriana dello Stato Islamico, era stata conquistata dai terroristi islamici nel 2014 ed era stata riconquistata dalle forze anti-Isis nel 2017.
«La cosa che si notava subito di Lore era l'assoluta praticità», Locatelli lo ricorda così, con un soprannome amichevole e intimo. «Era lucido, sapeva cosa stava facendo e non eravamo in tanti a essere così chiari e determinati. Era un cuoco, una persona abituata a servire il prossimo, e la sua esperienza in Siria era coerente con il suo modo di essere».
Come lo era l'ultima frase della sua lettera, racconta Locatelli. Già, perché Orsetti – forse per un presentimento o per pura scaramanzia – aveva deciso di lasciare in eredità ai suoi amici combattenti italiani una lettera d'addio: «Ciao, se state leggendo questo messaggio è segno che non sono più a questo mondo».
La lettera testamento di Lorenzo Orsetti
«Le ultime righe mi hanno ricordato il suo modo di essere, di fare. Una grande personalità che è riuscito a trasmettere anche a distanza». E le ultime righe della lettera recitano: «Ogni tempesta comincia con una singola goccia. Cercate di essere voi quella goccia».
«Era una persona che si diceva disillusa dal mondo, dal suo individualismo – spiega Locatelli -, però allo stesso tempo cercava una via per renderlo migliore, per fare ciò che riteneva giusto. E aveva trovato la sua strada, l'aveva trovata in quell'ottobre del 2017, durante la sua partenza per la Siria».
Claudio Locatelli
Per Locatelli, Orsetti sapeva benissimo cosa stava facendo, non era un fanatico con un kalashnikov in mano: «Diceva: starò qui anche dopo la fine della guerra. Si era reso conto che lì serviva, voleva restituire alla società la fortuna che aveva avuto per essere nato nella parte agevolata del mondo. Si era reso conto della sofferenza subita da alcuni, come si era anche reso conto che l'Isis non era un problema locale, ma mondiale».
E questa voglia di restituire ciò che dalla vita aveva avuto, l'aveva condotto in Medio Oriente, nei teatri di guerra: «credeva nella rivoluzione del Rojava, nella confederazione nel nord della Siria. Credeva, come molti di noi, fosse un'alternativa – ricorda Locatelli -. Ci sono tante cause al mondo, bisogna combattere per qualcosa e questo Lorenzo l'aveva capito. Una rivoluzione che ha voluto mettere insieme centinaia di tribù, religioni e popolazioni diverse in un'unica grande realtà dove la donna e l'uomo hanno pari dignità»:
I ricordi dal campo per Locatelli sono tanti ma ce n'è uno che, nella sua semplicità, incarna la memoria di Orsetti:«Mi ricordo quando cucinava, è il ricordo più emblematico della sua persona. Cucinava per le persone intorno a lui in una situazione complicata come quella in Iraq, con quel poco che avevamo in quel momento in una casa segreta .E riusciva a farlo trasmettendo ottimismo, positività e la sua grande determinazione».
La sconfitta dello Stato Islamico sembra essere sempre più vicina, perlomeno quella territoriale: «In realtà quella frase di Lorenzo "ogni tempesta inizia con una singola goccia" ci ricorda che sta a noi adesso sconfiggere la mentalità dell'Isis. Lui ha fatto quello che poteva, ora tocca a noi, con piccoli gesti quotidiani».