Più posti per medicina, meno precariato nella ricerca. Le promesse del Governo per l’Università – L’intervista

Open ha chiesto al viceministro dell’istruzione Lorenzo Fioramonti di anticipare le misure del governo sull’Università: «Faremo una lotta al precariato tra i ricercatori e aumenteremo i posti per la facoltà di Medicina»

Per molti studenti, la strada della ricerca è tanto intrigante quanto impervia, per via dell’incertezza contrattuale e della scarsità dei fondi stanziati. Open ha contattato il viceministro all’Istruzione Lorenzo Fioramonti (M5s) per capire che direzione prenderà il governo sulla riforma delle Università. Nel 2010 l’allora ministra dell’Istruzione Maria Stella Gelmini riformò il sistema creando i contratti da ricercatore a tempo determinato di tipo A e di tipo B.


Da allora, il precariato è diventato una costante nel percorso professionale dei ricercatori. Qualche giorno fa, Open ha chiesto a ARTeD, l’Associazione dei Ricercatori a Tempo Determinato, quali proposte di legge avrebbero visto di buon occhio. Il tema principale era uno: l’abolizione di quell’universo di contrattini che costellano la vita dopo il dottorato di ricerca.


Viceministro, quali sono i temi su cui state lavorando?

Le nostre proposte viaggiano su diversi binari. In primis stiamo procedendo per via regolamentare per quanto riguarda l’aumento dei posti per il numero chiuso a Medicina. Poi, in collaborazione con il Parlamento, stiamo portando avanti una “non-riforma” per fare delle modifiche mirate al sistema. Forse un termine infelice, ma sono convinto che sia deleterio continuare a rivoluzionare tutto a ogni governo. Piuttosto, faremo degli interventi sull’immediato, pensando a modificare gradualmente tutto l’assetto. Da questo punto di vista abbiamo presentato una riforma di legge per il pre-ruolo, che è il regno del precariato.

In che consiste il vostro piano per stabilizzare i ricercatori precari?

La nostra visione si allinea con quella del decreto dignità, che impone un limite al rinnovo del tempo determinato. Quello che proporremo per il periodo del post-dottorato è di abolire tutto quell’universo di contrattini a cui va incontro un ricercatore prima di poter fare il concorso per entrare di ruolo. Il primo contratto a tempo determinato dovrà essere minimo di tre anni. Poi potranno essere rinnovati per raggiungere un massimo di 5 o 7 anni di studio precario.

A quel punto, o si vince il concorso (e si passa all’indeterminato), oppure niente. A oggi non è mai certo se i contratti dei ricercatori verranno rinnovati, il che ha un impatto negativo anche sulla qualità della ricerca. Con la paura di non riuscire a portare a termine i propri progetti, i ricercatori spesso non si dedicano full time allo studio, e la loro creatività ne risente

Le associazioni dei ricercatori chiedono, prima di tutto, che vengano inquadrati nella “non-riforma” anche i ricercatori con contratto di tipo A, quello più precario di tutti e per cui non è assicurata l’accessibilità al concorso per il ruolo. Lo farete?

La normativa non sarà retroattiva. Dunque, coloro che sono già in un percorso di tipo A, dovranno sicuramente essere inquadrati nel nuovo sistema. Nel lungo termine la figura del ricercatore a andrà a morire, ma per ora c’è bisogno di trovare strategie di stabilizzazioni.

Ad esempio?

Il nostro progetto è quello di trovare finanziamenti pari a un miliardo di euro. Questo perché, per poter assumere con contratto a tempo indeterminato, c’è bisogno che le Università ricevano dei fondi ulteriori. Spesso ci accusano di guarire i sintomi e non le cause: è vero, ma al momento non abbiamo gli strumenti per fare altrimenti. Ecco perché c’è bisogno di trovare fondi il prima possibile e di iniziare il percorso di trasformazione del sistema dei contratti.

Quali progetti per avvicinare il mondo dell’Università a quello del lavoro?

Per quanto riguarda l’avvicinamento del mondo delle Università a quello del lavoro, sono da sempre un forte sostenitore del dialogo tra le due istituzioni. Ma per far sì che l’osmosi avvenga, c’è bisogno da una parte che le aziende investano nella ricerca, dall’altra che il ricercatore possa diventare una professione a tutti gli effetti grazie all’indeterminato. Intanto abbiamo disposto un piano straordinario per le assunzioni: ho già firmato un decreto per l’assunzione di 1511 ricercatori di tipo B nelle Università, che riceveranno i fondi entro fine anno.