Il «sì» dei ricercatori alla proposta del governo: «Nuovi piani d’assunzione nell’Università sono una boccata d’aria fresca»

Il viceministro Fioramonti propone una via d’uscita dal doppio contratto dei ricercatori e riconferma i piani straordinari d’assunzione. L’associazione dei ricercatori a tempo determinato: «Stanno cercando di aggiustare una decisione sbagliata presa nove anni fa da un altro governo»

Arrivano nuovi piani dal governo per riformare l’Università e in particolare il campo della ricerca. Ilviceministro all’Istruzione LorenzoFioramonti, in un’intervista al Messaggero, ha parlato di nuove regole per i contratti dei ricercatorie di nuove tempistiche per i percorsi verso l’abilitazione. «Se in cinque anni non si arriva a una cattedra si è fuori», ha detto il viceministro. Ma per quanto possa sembrare brutale, l’affermazione non è così lontana dallo status quo.


Open ha chiesto a Marco Gradi, presidente dell’associazione dei ricercatori a tempo determinato (ARTeD) di darci un quadro della situazione attuale nelle Università, e di capire quanto un intervento di questo tipo possa andare incontro ai ricercatori. «Certo, detta così è uno spauracchio», ha commentato Gradi. «Ma la realtà va guardata in faccia: se dopo 3 anni di contratto di tipo B e dopo 5 anni di contratto di tipo A non si ottiene l’abilitazione all’insegnamento, è altamente improbabile che la si ottenga più in là».


Il «tentativo di aggiustamento» di Fioramonti

«Solo in Italia abbiamo l’anomalia del doppio concorso», ha detto Fioramonti facendo riferimento alla Legge Gelmini, varata nel 2010 dall’allora ministra dell’Istruzione Maria Stella Gelmini. La riforma, destinata a durare fino ai giorni nostri, cambiòi contratti dei ricercatori dal tempo indeterminato al tempo determinato. Nell’ultimo passaggio, la Legge arrivò a definire due tipi di contratto: quello di tipo A e quello di tipo B. L’assciazione ARTeD è nata nel 2013, proprio a partire da quella prima generazione di ricercatori che si è trovata “orfana” del contratto a tempo indeterminato.

«Da quanto ci sembra di aver capito», dice Gradi, «il ministro Fioramonti vorrebbe proporre un tentativo di aggiustamento di questo sistema, puntando all’eliminazione dei contratti di tipo A. Noi siamo assolutamente d’accordo: da quando siamo nati chiediamo di uniformare la figura del ricercatore a un’unica categoria».

Ma qual è la differenza tra i due contratti? «Il primo è un contratto 3+2 fine a sé stesso: se il ricercatore non trova un altro bando, la sua carriera può dirsi finita», spiega Gradi. «Quello di tipo B, invece, dura solo tre anni, al termine dei quali si può puntare all’abilitazione scientifica nazionale per diventare associati». «Bisogna dire – continua Gradi – che se l’abilitazione non arriva al termine dei tre anni del percorso di tipo B, è difficile che arrivi più in là. Quindi la visione del ministro è realistica».

«Le parole del ministro non sono chiarissime ancora, ma se l’intento è quello di eliminare i contratti di tipo A, allora la riteniamo un’opportunità», ha puntualizzato ancora il presidente di ArteD. «Il problema non è questa riforma: stanno cercando di aggiustare una decisione che è stata presa nove anni fa da un altro governo».

«Una boccata d’aria fresca», ovvero: i piani straordinari d’assunzione

La seconda proposta dei ricercatori come reazione alla riforma Gelmini fu quella di agire sull’immediato: era necessario creare dei piani straordinari d’assunzione per i ricercatori. «La nostra risposta alla riforma dei contratti varata da Gelmini fu quella di chiedere dei piani straordinari per le assunzioni di ruolo, per salvare almeno qualcuno dal precariato fino ai 45 anni», ha spiegato Gradi.

Dal 2016 a oggi, i piani straordinari sono stati 3. Il primo fu messo in pratica dal governo Renzi, che nel 2016 aprì le porte dell’Accademia a 800 ricercatori. Il secondo fu approvato nella Finanziaria 2018 del governo Gentiloni, che prevedeva 1.300 assunzioni straordinarie. Questa volta, il piano straordinario del governo Conte ne prevede 1.511. «Un certo investimento c’è stato», ha commentato Gradi, «e molte persone continueranno a trovare una loro collocazione».

Bisognerà vedere, ora, se alle parole del viceministroseguirà il testo della proposta. Intanto, «Se si vuole partire dallo stauts quo per fare delle modifiche, quella del ministro Fioramonti ci sembra una buona direttiva», ha detto Gradi in chiusura. «Se poi si vuole ripensare tutto ripartendo dal 2009 allora è un altro paio di maniche e siamo ancora più d’accordo. Al momento, però, non riesco a immaginare un’inversione di rotta così netta».