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Lega e M5S permettono a fascisti e razzisti di candidarsi in Parlamento?

31 Marzo 2019 - 11:09 David Puente
Le modifiche del codice di autoregolamentazione per le candidature dei parlamentari sono state oggetto di discussione siccome sarebbero stati esclusi i reati di diffamazione, razzismo e apologia al fascismo. Ecco cosa è successo

Il 27 marzo 2019 la Commissione parlamentare di inchiesta «sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere» ha approvato un emendamento, a firma Mario Michele Giarrusso (senatore del M5S) e Gianluca Cantalamessa (deputato della Lega), in merito al «codice di autoregolamentazione in materia di formazione delle liste delle candidature delle elezioni europee, politiche, regionali, comunali e circoscrizionali». Ne hanno parlato alcune testate giornalistiche, creando un po' di confusione: «Fascisti e razzisti potranno entrare in Parlamento: Lega e M5s cambiano le regole elettorali», titola TPI, mentre l'Huffpost parla di «Sanatoria gialloverde, i razzisti non sono impresentabili».

Indice:

Lega e M5S permettono a fascisti e razzisti di candidarsi in Parlamento? foto 1

L'obiettivo della Commissione è quello di inasprire il codice di autoregolamentazione contro gli «impresentabili» approvato nel 2014, il cosiddetto «Codice Bindi», considerando ulteriori profili di reato oltre a quelli già elencati al suo interno. Le novità riguarderebbero i delitti contro l'ambiente, l'autoriciclaggio e il caporalato, mentre l'emendamento Lega-M5S esclude i reati quali la diffamazione, la legge Mancino  e quelle relative alla propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa.

Un codice non vincolante

Bisogna chiarire subito un fatto, ben noto dall'approvazione del «Codice Bindi» e specificato all'interno della comunicazione del 29 maggio 2015 dell'allora Presidente della Commissione, l'On. Rosy Bindi: 

La loro valenza ai fini di una valutazione delle candidature è pertanto di natura esclusivamente politica e non vincolante sotto il profilo giuridico ed è offerta al dibattito politico istituzionale per un ripensamento e un rinnovamento dell’etica e della deontologia delle forze politiche nonché di tutti i soggetti che si propongono per una competizione elettorale, a qualsiasi livello territoriale.

All'articolo 3 del codice contiene la «scappatoia»:

I partiti, le formazioni politiche, i movimenti e le liste civiche che intendono presentare, come candidati alle elezioni di cui al comma 1 dell’articolo 1, cittadini che si trovino nelle condizioni previste dal medesimo articolo 1 devono rendere pubbliche le motivazioni della scelta di discostarsi dagli impegni assunti con l’adesione al presente codice di autoregolamentazione.

Il codice, di fatto, non ha valore legislativo e i partiti possono decidere di candidare chiunque sia condannato anche se condannati per i reati aggiunti dall'attuale Commissione.

 

I reati esclusi erano già esclusi nel codice originale

L'articolo 1 del «Codice Bindi» approvato nel 2014 riporta l'elenco dei reati che i partiti dovrebbero considerare al fine di non candidare i cosiddetti «impresentabili», ma tra questi non erano previsti quelli relativi alla diffamazione e di tipo razziali.

L'attuale Commissione, nell'inasprire il codice, ha introdotto il «cumulo di 4 anni di condanne» come requisito – non vincolante - per la candidatura. Ad illustrare la novità è la deputata Dalila Nesci (M5) durante la seduta della Commissione del 10 gennaio 2019:

Signor Presidente, procedo con una illustrazione tecnica e sintetica per rilevare quali saranno le innovazioni del codice di autoregolamentazione rispetto al precedente. L’impianto del codice vigente rimarra` infatti invariato.
La tecnica con cui si interviene e` quella di puntuali modifiche apportate all’articolato e che possono riassumersi sinteticamente in tre gruppi di norme. Il primo attiene all’introduzione di una nuova ipotesi di non conformita` per la candidatura dei soggetti destinatari di provvedimenti di unificazione di pene concorrenti o comunque di piu` sentenze o decreti penali di condanna, quando le pene per delitti non colposi, sia consumati che tentati, se accumulati tra loro superino il limite dei quattro anni. Tale soglia e` sembrata congrua e razionale, e comunque ancorata alla giurisprudenza costituzionale che ne ha evidenziato la ragionevolezza come parametro ai fini della applicazione della pena non detentiva e dell’affidamento in prova ai servizi sociali (Corte costituzionale, sentenza n. 41 del 2018).

Ecco il contenuto della proposta presentato in allegato durante la seduta del 10 gennaio 2019 (articolo 1, comma 2, lettera d) che trovate a pagina 37 del resoconto - Nota per i lettori: non si considera l'articolo 663 del codice penale, ma l'articolo 663 del codice di procedura penale):

d) sia stato emesso provvedimento di unificazione di pene concorrenti ai sensi dell’articolo 663 del codice di procedura penale. quando la pena indicata nel cumulo per delitti, consumati o tentati, non colposi sia superiore a quattro anni o comunque siano stati emessi nei confronti dello stesso soggetto piu` condanne irrevocabili per reati consumati o tentati non colposi a pene che cumulate superino i quattro anni;

Lega e Movimento 5 Stelle hanno deciso di escludere proprio i reati contestati. Ecco il testo dell'emendamento 1.5 a firma Giarrusso e Cantalamessa:

Al comma 2, lettera d), dopo le parole: superino i quattro anni, aggiungere il seguente periodo: Nel cumulo, comunque inteso ai sensi del periodo precedente, non si tiene conto delle condanne riportate per i seguenti reati: 
articolo 595 c.p. (diffamazione); 
articoli 2 e 3 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205 (legge Mancino – misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa); 
articoli 604-bis (propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa) e 604-ter c.p. (aggravante), inseriti dall'articolo 2, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 1o marzo 2018, n. 21 (che ha abrogato l'articolo 3 della legge Mancino e l'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975 n. 654 «Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966», richiamato dalla «legge Mancino»);.

 

I perché dell'esclusione spiegati dal Presidente Morra

L'attuale Presidente della Commissione, il senatore Nicola Morra del Movimento 5 Stelle, ha spiegato durante una diretta video dalla sua pagina Facebook il 28 marzo 2019 l'aggiunta del cumulo delle condanne e l'esclusione di ciò che già prima era escluso:

Le forze politiche non dovranno presentare soggetti che si siano macchiati di reati per cui hanno ottenuto condanne cumulativamente superiori ai 4 anni. Che cosa significa? Che io potrei essere condannato a un anno e due mesi per resistenza a pubblico ufficiale, potrei essere condannato a due anni per bancarotta semplice,.. sto facendo degli esempi a caso, scusatemi sono un pochino stanco. Potrei essere condannato a un anno e sei mesi per diffamazione aggravata a mezzo stampa. Benissimo, che cosa si è deciso? Di escludere da ciò che si aggiungeva i reati di opinione, tutti. Badate, si esclude da ciò che viene aggiunto relativamente al cumulo, per cui quello che adesso viene escluso già prima non c'era. Noi stiamo escludendo da ciò che viene aggiunto. Questo voglio far capire.

Perché sono stati esclusi questi reati di opinione? Ecco quanto spiegato durante la diretta Facebook dal Presidente Morra:

Punto primo: il razzismo mi fa schifo. Punto secondo: se questo codice è razzista lo dovrebbe essere anche quello precedente approvato da altre forze politiche alla guida della Commissione antimafia, ma questo forse non è ben compreso da [incomprensibile, la diretta  ha avuto dei problemi durante la trasmissione facendo saltare parti dell'audio]. Punto terzo: noi stiamo segnalando quei reati che sono dei reati spia per comportamenti che normalmente afferiscono alle associazioni a delinquere di stampo mafioso. Si, certo, ed è storia provata e sono sentenze [incomprensibile] organizzazioni mafiose hanno lavorato in [incomprensibile] con il mondo dell'eversione di estrema destra, con il mondo dell'eversione nera! Sia 'ndrangheta che mafia hanno instaurato rapporti con certi mondi, ma permettetemi una curiosità: per caso Totò Riina è stato mai imputato di apologia del fascismo? Per caso qualche Nitto Santapaola, il boss di Catania, è stato mai visto in luogo pubblico a fare il saluto romano? Per caso qualche De Stefano o qualche Tegano è stato mai visto apologizzare il ventennio? Ovvio che no, anche perché questi signori se proprio devono fare schifezze le fanno ma in maniera opaca e nascosta, sono altri quelli che si macchiano di reati simili. E poi, certo, in quei mondi ci sono soggetti che possono provare a instaurare rapporti con Cosche, con Clan o con 'ndrine, ma sentirmi dire che questa commissione ha approvato un codice razzista questo non lo accetto, scusatemi.

Dunque, come spiegato anche durante una conferenza stampa del 28 marzo 2019, il nuovo codice considera anche i «reati spia considerati prodromici ai fenomeni di mafia», ma tra questi non vengono considerati i reati quali la diffamazione e quelli a sfondo razziale e di apologia al fascismo. In merito all'esclusione di questi reati, il Presidente Morra ha dichiarato che «Nulla impedisce che nella prossima revisione alcuni reati particolarmente gravi possano essere presi in considerazione».

 

Conclusioni

Visto quanto sopra riportato:

  1. si discute su un codice non vincolante per i partiti politici che possono comunque candidare «impresentabili» a meno che non siano esclusi da una legge vigente;
  2. i reati quali diffamazione e quelli previsti dalla legge Mancino non erano previsti nel codice approvato nel 2014;
  3. è stato aggiunto un nuovo requisito dove non dovrebbero essere presentati nelle liste candidati che abbiano cumulato 4 anni di carcere;
  4. a seguito dell'aggiunta del nuovo l'emendamento approvato esclude i reati quali la diffamazione e quelli previsti dalla legge Mancino, non considerati da M5S e Lega reati «prodromici ai fenomeni di mafia».

Alla domanda «fascisti e razzisti potranno entrare in Parlamento?» la risposta è «Si» e lo possono fare anche se il codice considerasse ugualmente i reati esclusi dall'emendamento Lega-M5S.

Alla domanda «si tratta di una sanatoria?» la risposta è «No» non essendo il codice vincolante.

Alla domanda «i razzisti e i fascisti non sono impresentabili?» la risposta «Si» in ogni caso visto che il codice non è vincolante, non c'è una legge che vieti l'elezione per chi commette i reati citati nell'emendamento e secondo i criteri considerati dalla Commissione antimafia spiegati dal Presidente Morra.

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