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«Mediterranea» non molla, la Mare Jonio sta per ripartire. L’abbraccio tra De Falco e Casarini – Video

07 Aprile 2019 - 17:11 Angela Gennaro
Si chiude oggi l'assemblea degli equipaggi della ong a Roma. La nave, spiegano, partirà la prossima settimana. Alan Kurdi, la Sesa Eye accusa l'Italia: «Ha violato il principio di unità famigliare»

Una due giorni di assemblea generale per Mediterranea Saving Humans, piattaforma della società civile che ha messo in mare in questi mesi la nave Mare Jonio. Una due giorni che diventa il punto di riferimento per tutte le ong di ricerca e soccorso più o meno attive nel Mediterraneo Centrale. Perché non essere nel Mediterraneo, per loro, non vuol dire solo lasciare morire chi prova ad attraversare il mare per arrivare in Europa,in quella che è la rotta migratoria più mortale al mondo, ma anche il fatto che non ci sianessuno a monitorare cosa sta accadendo nel Mediterraneo centrale.

Ecco perché la Mare Jonio «sta per ripartire», spiega l’armatore Alessandro Metz a Open. Già la prossima settimana, «ci sono le condizioni meteo per farlo». E soprattutto «quello che sta accadendo in Libia peggiorerà la situazione anche per le partenze». Il capo missione Luca Casarini, indagato insieme al comandante Pietro Marrone, resterà a terra. «Non solo perché siamo organizzati in modo da fare a rotazione per le missioni, ma perché voglio restare a disposizione della magistratura», dice.

Nel corso di quella che Matteo Salvini potrebbe definire l’assemblea degli equipaggi dei «centri sociali galleggiati», passati e futuri – ci sono volontari che hanno già partecipato alle precedenti due missioni e altri e altre che sono pronti a partire – interviene anche Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch, ela portavoce di SeaEyeCarlotta Weibl. All’assemblea ha partecipato anche Gregorio De Falco, l’ex ufficiale di Marina eletto col Movimento 5 stelle e poi espulso che ha annunciato di voler partecipare alle missioni della ong per salvare vite umane.

La Alan Kurdi, ferma a 24 miglia da Malta in acque internazionali, al momento è l’unica nave umanitaria nel Mediterraneo. «L’Italia ha violato il principio di unità famigliare previsto dall’articolo 8 della convenzione europea sui diritti umani», accusa Carlotta Weibl. «Ora persino l’evacuazione umanitaria viene subordinata dal raggiungimento di un accordo».

Sui destini della nave Alan Kurdi è stato presentato ieri un esposto alla procura di Agrigento, firmato da Sandro Mezzadra, professore di filosofia politica dell’università di Bologna,Francesca Chiavacci e Filippo Miraglia, rispettivamente presidente nazionale e responsabile immigrazione dell’Arci e Cecilia Strada, tra le fondatrici di Emergency- e realizzato con il supporto del team legale di Mediterranea.

«Chiediamo di accertare se il divieto di ingresso in acque italiane, pur a fronte di un’evidente situazione di pericolo di vita e delle indifferibili esigenze di soccorso delle persone a bordo, sia atto illegittimo, contrario agli obblighi di assistenza e soccorso, che integra gli estremi di una condotta delittuosa e, nel caso a tal convincimento si addivenisse, identificare, perseguire e punire quanti ne risultino responsabili nelle indagini», si legge.

«Al momento l’esposto è contro ignoti», spiega a Open Alessandra Sciurba, coordinatrice del team legale. «Servirà a verificare gli ordini e la catena di comando che ha portato alle decisioni su Sea Eye. Speriamo che sia un’occasione per fare luce su questa guerra che i governi italiano ed europei stanno facendo a chi salva vite».

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