A Modena, la banca solidale delle ferie e dei permessi. Un modello da esportare? – L’intervista

«Noi crediamo molto in un clima lavorativo sereno – spiega a Open Stefano Guagliuni, responsabile del personale dell’azienda -. Il nostro valore aggiunto sono i nostri lavoratori: se si sentono più compresi, ben accetti e coinvolti saranno migliori anche i nostri prodotti»

C'è un'azienda in provincia di Modena che d'ora in avanti consentirà ai suoi dipendenti di usufruire delle ferie e dei permessi dei colleghi, una volta esauriti i propri. Si chiama Tre Valli di Magreta ed è un'azienda agricola che mette al centro il dipendente, affinché ci sia il miglior clima possibile grazie alla comprensione delle priorità personali come i problemi di salute o l'assistenza ai familiari, questioni con cui più o meno ogni lavoratore si confronta nella vita.


«Noi crediamo molto in un clima lavorativo sereno – spiega a Open Stefano Uagliuni, responsabile del personale dell'azienda -. Il nostro valore aggiunto sono i nostri lavoratori: se si sentono più compresi, ben accetti e coinvolti saranno migliori anche i nostri prodotti». I nuovi contratti integrativi (rinnovati per il triennio 2019-2021) riguardano 658 addetti che si che si occupano di lavorazione e commercio di carni.


A chi è venuta l'idea?

«La proposta è arrivata dal sindacato e, visto che da parte nostra c’è molta attenzione alle esigenze dei lavoratori, abbiamo cercato di concretizzarla in modo che fosse una soluzione abbastanza razionale e strutturata. Dunque, abbiamo steso l’articolo così che tenesse conto di certe situazioni, in modo che i principi di legge si sposassero con una richiesta – quella dei lavoratori - che ci sembra molto legittima».

In che cosa consiste di preciso la banca solidale dei permessi e delle ferie?

«In pratica, le persone che hanno delle situazioni personali e familiari un po’ difficili che siano documentate – e che quindi hanno bisogno di periodi di ferie abbastanza lunghi – hanno la possibilità di ricevere da parte di altri lavoratori una quota delle loro ferie, purché siano al di fuori delle quattro settimane che ognuno deve avere. L’insieme delle ore viene poi moltiplicato per la paga oraria dei lavoratori che donano e viene diviso per la paga oraria del lavoratore che riceve, in modo da dedurre il conto effettivo delle ore donate. Ore che vengono poi usate senza scadenza per tutti i bisogni. Chiaro che possono essere ricevute solo quando la propria situazione di ore e ferie è esaurita».

Un’attenzione alle esigenze del lavoratore che fa notizia.

«Sì, è abbastanza insolito in effetti, almeno per ora. Però noi crediamo molto in un clima lavorativo sereno. Quindi cerchiamo, nei limiti del possibile, di avere delle attenzioni che possano in qualche modo rendere un po’ più disteso e più accogliente l’ambiente di lavoro».

Che significato date al ruolo del lavoratore e ai suoi bisogni?

«Per noi è molto importante perché crediamo che quello che produciamo e vendiamo abbia bisogno di valore aggiunto. E il valore aggiunto viene dato proprio dalle persone che lavorano tutti i giorni nel nostro stabilimento. Crediamo che il valore aggiunto sia tanto più grande quanto il lavoratore metta cura in quello che fa e si senta ben accetto, ascoltato e coinvolto nelle situazioni aziendali. Il prodotto ha tanto più valore quanto più valore ci mette la persona. Quando una persona si sente compresa, coinvolta e accettata il più possibile metterà più dedizione in quello che fa».

Secondo lei, questo esempio virtuoso potrebbe essere un modello da esportare? Potrebbe funzionare anche in altre realtà aziendali?

«Dipende dal tipo di struttura. Ci sono anche altri contratti e altre misure che tante aziende hanno adottato avendo attenzione per il lavoratore e che sono spesso fonte di ispirazione. È un modello che certamente potrebbe essere esportato. È chiaro poi che dipende sempre dallo spirito con cui lo si esporta, nel senso che la legge è una cosa e il metterla in pratica nell’ambiente di lavoro è un’altra. Bisogna dunque considerare lo spirito con cui viene applicata, contesto per contesto».

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