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Riparte #EPCC. Alessandro Cattelan: «Tutti pensano che avere la possibilità di esprimerci sui social ci dia il diritto di farlo. Non è così»

09 Aprile 2019 - 12:19 Valerio Berra
L'11 aprile su Sky Uno comincia la sesta stagione del Late Night più seguito della televisione italiana. Fra gli ospiti Marco Mengoni, Alessandro Borghi, Enrico Mentana e Jimmy Fallon

Una scrivania, due poltrone e una tazza. Tendenzialmente una mug, quelle tazze con una base circolare e pareti verticali che abbiamo imparato a riconoscere in tanti telefilm americani. Non serve molto per creare il set di un late night show, un programma di intrattenimento fatto di interviste dove conduttore e ospite non si limitano a parlare ma si buttano in gag e performance musicali.

Daniele Luttazzi è stato fra i primi a portare questo genere nella televisione italiana con Barracuda, andato in onda dal 1998 su Italia 1. È durato solo una stagione e si è chiuso con il comico che accusava di censura la produzione. Nel 2014 Alessandro Cattelan ha deciso di lanciarsi su questo tipo di show con un programma tutto suo: E poi c'è Cattelan, abbreviato sui social in #EPCC.

L'11 aprile riparte con la sesta stagione. Tra gli ospiti in scaletta ci sono Marco Mengoni, Alessandro Borghi, Enrico Mentana, Antonella Clerici e Jimmy Fallon. L'appuntamento è in prima serata, ore 21.15 su Sky Uno. A raccontare a Open cosa succederà in queste otto puntate è direttamente il padrone di casa.

Alessandro, perché ha deciso di puntare su un late show?

«Da quando ho 20 anni è l'unica vera cosa che mi interessa e mi piace. Prima di fare un programma di questo tipo però bisogna maturare un po' di credibilità.  Devi metterci molto di tuo ed è importante che al pubblico interessi il tuo punto di vista e il tuo modo di avere a che fare con gli ospiti. La personalità è l'ingrediente fondamentale».

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Il primo ospite della sesta stagione di #EPCC sarà Marco Mengoni

Questo genere non è ancora molto diffuso in Italia, come è stato accolto?

«Sono programmi che secondo me possono avere successo sempre e ovunque. Io ho avuto la fortuna di iniziarlo in un posto che mi ha dato il tempo di farlo sedimentare e attecchire. Bisogna entrarci in confidenza, fare sì che la gente lo scopra, che ci si affezioni. Ci vuole tempo. E in Italia non è sempre facile trovarlo».

Quanto si è ispirato agli show americani?

«Tutto e niente. Le persone spesso tendono ad associare quello che non conosco a modelli che già hanno. All'inizio ero quello che faceva David Letterman ora sono quello che fa Jimmy Fallon. In realtà David Letterman e Jimmy Fallon stanno facendo qualcosa che prima hanno fatto altri e che dopo di loro faranno ancora altri.

È un format in cui c'è una scrivania, due tazze, due poltrone, due ospiti, una band e un monologo con delle battute. Non è che si copiano, fanno lo stesso programma. E ognuno di loro ci mette la sua cifra».

Lei intervista diversi personaggi famosi, e molti di questi usano i social network per condividere ogni istante delle loro giornate. Come fa a raccontare qualcosa di diverso rispetto a quello che già conoscono gli spettatori?

«Questo è un punto molto importante per il nostro programma. Quando all'inizio mi sono trovato con la squadra di autori, il primo passaggio forte è stato dire: “Se l'ospite ha già detto queste cose in un'altra intervista, allora non ci interessa”. Oltre alle nostre ricerche, facciamo sempre delle grandi chiacchierate con chi dobbiamo intervistare, proprio per capire cosa possiamo chiedere di diverso.

La stessa cosa succede con i social network. Se è qualcosa che può diventare uno spunto per una gag bene, se è qualcosa che conoscono tutti, allora lasciamo perdere».

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La nuova stagione di #EPCC comincia l'11 aprile

Oltre all'intervista, l'ospite durante la trasmissione viene sempre coinvolto in uno sketch. Ad esempio Mengoni si è trovato a cantare un inno alla raccolta differenziata e Ghali una canzone sui broccoli. Come nascono questi momenti?

«Al 99% la proposta iniziale è nostra. Noi arriviamo sempre con un ventaglio di due o tre idee. I ragazzi che lavorano con me sono fantastici e riescono sempre a trovare tagli originali. A volte una proposta viene subito accettata, altre volte ci si lavora insieme e capita anche che sia l'ospite stesso a creare qualcosa di nuovo. L'importante è che lui si fidi del nostro modo di mettere in scena la proposta che viene scelta alla fine».

Davanti alla sua scrivania sono passati politici, cantanti, attori e sportivi. Qual è l'ospite che ha aspettato di più?

«Ci sono persone che potrebbero venire ogni giorno e con cui so che verrà sempre una puntata divertente. Uno di questi è Valerio Mastrandrea. Ovvio, non ci sarebbe tanta attesa perché è venuto varie volte, ma è sempre sorprendente. Forse quella che ho atteso di più è stata Emily Ratajkowski, perché non l'avevo mai conosciuta prima. Se non sui social network.

L'idea che abbiamo avuto con lei era molto interessante. L'abbiamo portata a Milano e siamo andati in tram a mangiare da Giannasi, un alimentari che vende pollo arrosto. Lei è una abbastanza hard core ma era ancora circondata da quell'immagine patinata tipica delle modelle».

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Alessandro Cattelan con gli Street Clerks, la band i #EPCC

Pensiamo a qualche puntata impossibile di #EPCC. Cosa succederebbe se l'ospite fosse lei?

«Sarei un buon ospite per il mio programma. Farei volentieri qualsiasi prova fisica e mi impegnerei davvero perché sono molto competitivo. Potrei sfidarmi in parecchie cose: dai videogiochi a chi beve più velocemente una pinta di birra». 

Una puntata con ospiti che sono già venuti in trasmissione.

«Per bilanciarla direi Monica Cirinnà, Jimmy Fallon e Bobo Vieri».

Una puntata con ospiti che oggi non ci sono più.

«Winston Churchill, Kurt Cobain e George Best».

Winston Churcill?

«Ma sì, era un figo spaziale, aveva una personalità devastante».

Il tono di #EPCC è sempre divertente. C'è qualche ospite o qualche tema per cui userebbe un registro più serio?

«Il patto che questi programmi fanno con il pubblico è che non importata quanto è importante l'ospite: riceverà lo stesso trattamento di quelli che sono venuti prima di lui. Può venire anche il Papa. Certo magari con lui non faremo gag tipo “Tira il dito e ti faccio una pernacchia”.

Questo succede anche con ospiti impegnati nel sociale, come per Monica Cirinnà. Abbiamo veicolato messaggi importanti ma è stata trattata esattamente come Benji e Fede».

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Il video per introdurre le nuove puntate è ispirato a Ghostbuster, film cult del 1984

Ormai è da qualche anno che è in televisione. Nella sua carriera ha fatto programmi molto diversi. Si è occupato di musica, calcio e anche di arte contemporanea. Cosa le è stato più utile per costruire questo show?

«Un po' di tutto. Questo programma si basa sulle chiacchierate e, come succede nella vita, più cose sai, più è facile parlare con tutti. Ho sempre pensato di poter fare questo lavoro perché fin dal liceo mi sono trovato bene in qualsiasi ambiente sociale. Mi piacciono le serate nei centri sociali con la birra che sa di vomito e quelle alla Scala con lo champagne appena stappato. Ogni esperienza, anche quelle che non ho apprezzato, mi ha dato un piccolo bagaglio che torna sempre utile».

Anche la sua fulminea carriera da cantante con gli 0131?

«Ma sì anche gli 0131. Mi ha fatto prendere dimestichezza con uno studio di registrazione. L'esperienza in sé magari conta poco ma ci sono dettagli che tornano utili».

La prima puntata della nuova stagione inizia con un monologo dove parla di ambiente e Greta Thunberg. La scorsa stagione l'ha chiusa parlando di politica. C'è qualche tema che non affronterebbe?

«Io evito di parlare di cose che non so. Adesso, ad esempio, vanno di moda Tav e Brexit. Io ho la mia opinione ma si basa su cose sentite, cose smangiucchiate. Non saprei approfondire bene il discorso. Quindi evito. È uno dei problemi più grandi di questi tempi. Tutti pensano che avere la possibilità di esprimerci, anche solo su un social network, ci dia il diritto di farlo. Non è così».

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Alessandro Cattelan, Elena Santarelli e Beyoncé sul balcono di Trl

A proposito di social. Una delle domande che le vengono rivolte più spesso è “Quando condurrai Sanremo”? Le interessa sul serio?

«Un po' è un tormentone social. Un po' è un tormentone giornalistico. Non ho mai ricevuto chiamate. Sanremo in ogni caso è l'evento più importante che c'è in televisione ed è tornato negli ultimi anni al centro dell'attenzione. Mi ricordo le serate a fare la toto classifica con mia mamma per indovinare le posizioni finali. Fa parte della storia del nostro Paese».

Dopo cinque stagioni #EPCC è ancora il programma che avrebbe sempre voluto fare o sta pensando a qualcosa di nuovo?

«No. Sono sempre più convinto che questo sia il programma giusto per me. Io vorrei che rimanesse per sempre il mio punto fermo. Ci sono altri programmi che sto scrivendo ma non li farei io, li lascerei ad altri. Il mio mondo, il mio stagno, per adesso è questo».

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