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Ocse: la classe media è sempre più povera, schiacciata dal peso delle tasse

11 Aprile 2019 - 17:52 Angela Gennaro
Due rapporti dell'organizzazione vedono da un lato la classe media sempre più in affanno a beneficio della popolazione più ricca. E dall'altro l'Italia al vertice, subito dopo la Francia, per il cuneo fiscale più alto sul lavoro

Cattive notizie dall’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico che in questi giorni scatta due fotografie sulla situazione europea, che vedono un’Italia sbiadita e in affanno. Due rapporti – Under Pressure: the Squeezed Middle Class, diffuso ieri, eTaxing Wages 2019 reso noto oggi, 11 aprile – vedono da un lato la classe media assottigliarsi sempre più e dall’altro l’Italia al vertice, subito dopo la Francia, per cuneo fiscale – cioè la differenza tra il costo del lavoro sostenuto dall’imprenditore e quello che arriva effettivamente in tasca al lavoratore – sul lavoro dipendente per le famiglie monoreddito tra i 34 paesi dell’Ocse.

Stipendi e tasse

Il rapporto Taxing wages si riferisce al 2018: secondo i dati che emergono, in Italia il cuneo per i nuclei familiari con due figli in cui a lavorare è solo una persona ammonta al 39,1%: la media Ocse è del 26,6%. Le tasse sul lavoro stanno aumentando: il nostro paese è al terzo posto, dopo Belgio (52,4%) e Germania (49,5%), per i lavoratori single, con il 47,9%, percentuale in aumento di 0,2 punti rispetto al 2017 e una media Ocse che è invece al 36,1%, in diminuzione rispetto all’anno precedente. Ultimo in classifica è il Cile, con un cuneo fiscale al 7%.

In termini di costo del lavoro l’Italia si classifica 18esima, e i salari lordi sono tassati al 31% (la media dei paesi Ocse è del 25,5%). Il costo del lavoro nel nostro Paese è di circa 53mila mila euro a lavoratore – la media dell’area Ocse è di circa 48mila. Da noi il salario medio lordo è di oltre 40mila euro, poco sotto quello medio Ocse pari a 40.891 euro.I lavoratori single in Italia portano a casa il 68,6% del salario lordo, quindi al netto delle tasse e delle agevolazioni fiscali.

La media Ocse è lontana: nel 2018 è stata del 74,5%. In Italia le imposte sul reddito e i contributi di sicurezza sociale combinate assieme rappresentano l’85% del cuneo fiscale totale, rispetto al 77% del cuneo fiscale medio dell’Ocse. «Il trend del cuneo fiscale continua a essere alrialzo, a prescindere da quanto si promette in ogni singola campagna elettorale», spiega a Open Andrea Garnero, economista al dipartimento lavoro dell’Ocse.

La classe media

Il livello di reddito va riducendosi, schiacciando sempre più quella che prende il nome di “classe media”. È sempre più sotto pressione, secondo l’istituto di Parigi: a beneficio delle classi più abbienti. Il trend coinvolge tutti i paesi avanzati, e non è un fenomeno recente ma che investe gli ultimi 30 anni.

Tre decenni nei quali i redditi della classe media hanno avuto un tasso di crescita di un terzo in meno (pari a una percentuale dello 0,3%) rispetto alle entrate di quel 10% più ricco della popolazione (l’1% tra il 1985 e il 1995 e l’1,6% in seguito).

L’Italia riesce a fare anche di peggio: tra il 2008 e il 2015 il reddito mediano è diminuito dello 0,6%. Come fare? L’Ocse suggerirebbe di abbassare le tasse, in modo da dare una mano a quella classe media in affanno, ma senza effetti negativi sulle finanze pubbliche. Secondo il rapporto «il principale strumento per promuovere l’equità è il sistema di tassazione e di benefici sociali».

Anche perché più della metà (58%) delle famiglie pensa di non ricevere abbastanza in termini di servizi a fronte delle tasse versate. L’apporto dato dai contributi della classe media nei paesi industrializzati è di due terzi delle entrate dirette da tassazione, a fronte del 60% della spesa pubblica in benefici sociali, al netto dei servizi.

Ocse: la classe media è sempre più povera, schiacciata dal peso delle tasse foto 1
Andrea Garnero, Ocse

I numeri evidenziano una classe media che non scompare ma che è in affanno. «Il quadro è un po’ più complesso. È una classe media che diventa più povera nei consumi e nella capacità di spesa, che si è ristretta da una generazione – quella dei baby boomers – fino alla nostra», spiega a Open Garnero. «Se questo è il trend sì, è preoccupante».

Certo, «quello della classe media è un concetto tra il sociologico e lo statistico. Il rapporto fa capire che il numero di chi appartiene alla classe media non è necessariamente diminuito, ma che per quella categoria la capacità di spesa è diventata più complicata».

«Gufi»?

«L’Italia non ne esce bene, dagli ultimi rapporti», conferma Garnero. «E il punto principale è fondamentalmente uno: si tratta di un paese che non cresce da 20 anni». A prescindere dalle parti politici in gioco. «Abbiamo già perso vari treni», prosegue l’economista.

«Sono pochi i casi di paesi al mondo che fanno un passo indietro, e in genere lo fanno perché hanno avuto guerre o eventi catastrofici. Noi no, e continuiamo su un percorso di stagnazione generale. Il primo tema del dibattito politico dovrebbe essere, semplicemente, quello della crescita».

E se il governo litiga e poi fa pace sulla flat tax, «non bisogna dimenticare che la flat tax per gli autonomi è di fatto un incentivo fiscale per forme di lavoro non dipendente, per contratti non standard», dice ancora Garnero. Lo stesso lavoratore «ha interesse a dire no a un contratto di lavoro dipendente in favore della partita iva, perché sotto una certa soglia si paga meno».

Cosa fare allora? «Bisogna ridurre le spese», avverte l’economista dell’Ocse. Certo, implica scelte difficili. «Ma quelle facili sono già state fatte. Scelte simboliche come le auto blu e i vitalizi: questioni di equità importanti, di immagine, che però non permettono di aprire margini di budget sostanziose», dice Andrea Garnero. «Quel risultato si ottiene invece rendendo efficienti i servizi.

Spesso non è vero che non ci sono i soldi: li abbiamo e non li spendiamo – pensiamo ai fondi europei, ai fondi per la formazione, gli investimenti per le infrastrutture. Bisogna anche provare a spendere bene quello che abbiamo. Decisioni impopolari? Sì. Ma i politici non sono pagati per prendere solo scelte popolari, no?».

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