Il giustizialismo feroce è un’arma a doppio taglio. E ora lo scopre anche CasaPound

«Non strumentalizzate il presunto stupro di Viterbo», ha scritto qualcuno, denunciando un attacco mediatico e politico contro CasaPound. Ma è bene ricordare il passato

Francesco Chiricozzi e Riccardo Licci. Sono i nomi dei due ragazzi arrestati con l’accusa di aver stuprato una donna di 36 anni a Viterbo, registrando il tutto con i propri cellulari e condividendo il materiale pornografico via Whatsapp a due gruppi di amici. «Scene raccapriccianti», così le definisce il gip Rita Cialoni, ma oltre ai fatti narrati nell’ordinanza di misura cautelare c’è un elemento che ha «fatto notizia»: sono due militanti di CasaPound.


«Non strumentalizzate il presunto stupro di Viterbo». Questo era l’invito diffuso da alcuni attivisti e persone vicine al partito politico di estrema destra CasaPound. La vicenda ha avuto una vasta copertura mediatica, sui media e sui social. C’è chi ha parlato di un vero e proprio accanimento mediatico e politico nei confronti degli movimento di estrema destra.


Oggi Open ha pubblicato la lettera del direttore de Il Primato Nazionale, Adriano Scianca, dove afferma di non voler difendere né condannare Francesco Chiricozzi «per l’ovvia ragione che non ho idea di cosa sia successo quella maledetta sera». Chi ha letto l’ordinanza può riscontrare con i propri occhi come sono stati riportati i fatti, scabrosi e vomitevoli, grazie ai contenuti rinvenuti nel cellulare di Riccardo Licci. La cosiddetta «giuria popolare» si sarebbe già espressa sulla colpevolezza dei due, ma il direttore della testata vicina a CasaPound ricorda bene un principio fondamentale: «Da qualche parte, nella Costituzione, si dica qualcosa a proposito dell’innocenza presunta fino a condanna definitiva».

Un’immagine pubblicata su Instagram da Franceco Chiricozzi per dire che “le donne antifa hanno bisogno di disciplina”.

«La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva», così recita l’articolo 27 della Costituzione. Adriano Scianca ricorda bene, come dovrebbe ricordare l’attenzione rivolta da Il Primato Nazionale su Mimmo Lucano, usando i suoi guai giudiziari contro personaggi come Laura Boldrini e Roberto Saviano, tutte persone che non esprimono particolari simpatie per CasaPound.

«Non permetto a nessuno di strumentalizzare il presunto stupro di #Viterbo per screditare CasaPound, soprattutto a chi non ne conosce le donne e gli uomini che sacrificano ogni istante del proprio tempo libero per un ideale», scrive Francesca Totolo in un post Facebook condiviso su Twitter. Eppure lei stessa, commentando sui social una notizia di cronaca, non ci pensò due volte a puntare il dito sui centri sociali o tirare in ballo politici oppositori di CasaPound come, appunto, Laura Boldrini.

Alla domanda: «Lo stupro di un clandestino vale di più rispetto a quello di un non italiano?», il vicepresidente di CasaPound Simone di Stefano risponde: «Assolutamente, i reati sono tutti uguali. Chi commette un reato, commette un reato. Quello del clandestino ce lo potevamo evitare. Quello del clandestino si poteva evitare se qualche coglione non gli apriva la porta di casa e lo faceva entrare in questa nazione». La colpa sarebbe di chi accoglie, ma risulta difficile credere che all’arrivo in Italia si domandi al richiedente asilo se è un potenziale stupratore, così come è altrettanto difficile porre lo stesso quesito a due ragazzi come Francesco e Riccardo al loro ingresso a CasaPound. Fino a prova contraria non esiste un «test dell’alzabandiera violenta».

Non c’è dubbio che ci sia un attacco strumentale contro gli immigrati e contro gli avversari politici per certi casi di cronaca, come non c’è dubbio che oggi CasaPound viene ripagata con la stessa moneta ritrovandosi a dover rispondere alle accuse, magari citando i principi della nostra Costituzione. Il problema è sempre lo stesso ed è fin troppo comune: il «fare di tutta l’erba un fascio». Forse sarebbe ora di smetterla.