Se in rete i sostenitori dei 5 Stelle attaccano (soprattutto) la Lega

L’assalto dei simpatizzanti e attivisti 5 Stelle alla Lega di Matteo Salvini passa anche dalla rete

Nella galassia virtuale dei gruppi di sostenitori del Movimento 5 Stellegli utenti sembrano ormai molto attivi nell'osservare minuziosamente le dichiarazioni degli alleati di governo. Complice forse il fatto che lecritiche (reali) tra esponenti leghisti e pentastellatisembrano all'ordine del giorno in questa campagna elettorale per il voto del 26 maggio.


Così gruppi Facebook come«Vogliamo il Movimento 5 Stelle al governo» seguito da 128mila persone, (nonostante non abbia aggiornato il nome del gruppo con l'avvento dell'esecutivo gialloverde) ha definito «cazzaro» il ministro dell'Interno Salvini perché«aveva detto che come andava al governo avrebbe abbassato da subito il prezzo della benzina, togliendo le accise». Promessa non mantenuta per ora.


Le critiche sui gruppi (non ufficiali) di simpatizzanti e attivisti 5 Stelle dedicano spazio anche al caso del sottosegretario leghista Armando Siri, le cui dimissioni sono auspicate dagli esponenti M5S, seguiti dalla recente presa di posizione delpresidente del Consiglio Conte. Ma ci sono anche critiche per le foto pubblicate sui profili social del ministro dell'Interno, come quella tra i campi di arance durante la campagna elettorale per i Comuni siciliani al voto.

Nel gruppo«I tranvieri del Movimento 5 Stelle Milano», unattivista chiede ai sostenitori della Lega di rispondere alle sue domande inun video:«Ehi leghista, voglio ragionare con te. Perché non mettiamo l'agente infiltrato contro la corruzione?». Sulla pagina Facebook «Opinioni, informazioni, emozioni», Salvini viene definito«Il Felpa».

Non è che gli attivisti 5 Stelle si siano dimenticati improvvisamente degli esponenti dell'opposizione manelle ultime settimane il livello di scontro tra gli alleati di governo sembra non avere un limite. Le stoccate tra Lega e 5 Stelle erano arrivate anche dagli account ufficiali dei due partiti. Come ha dimostrato il caso Salvini-Trenta (per il tweet rimosso dal ministero della Difesa), e quello sempre caldissimo del sottosegretario Siri.