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«Do not feed the troll»: la paura di bannare può alimentare l’attività dei troll in rete

15 Maggio 2019 - 06:18 Juanne Pili
Chi ha avuto a che fare coi troll, magari nello spazio commenti di un proprio contenuto, si ricorderà quanto questi tengano alla propria «libertà di espressione», definendo censore chi cerca di accompagnarli all'uscita. Eppure proprio far rispettare delle regole di condotta, precise e visibili a tutti, può incoraggiare un grande numero di nuovi utenti a partecipare ai dibattiti, creando ambienti più sereni e civili

Un tempo non molto lontano, quandonon c'erano social network come Facebook, esisteva ancora una moderazione, specialmente nei vari forum di discussione in giro per la rete. Addirittura se qualcuno faceva dilagare una discussione «off topic», fuori dall’argomento principale, tutti gli scambi degli utenti collegati venivano impietosamente cancellati, per «pulire il thread» e lasciare spazio solo agli interventi pertinenti.

Con l’avvento dei social questa abitudine si sta gradualmente perdendo mentre invece sarebbe bene recuperarla, facendo capire, soprattutto ai creatori di contenuti, che fissare delle regole di condotta non significa necessariamente limitarela libertà altrui.Siamo tutti responsabili dei nostri contenuti e della serenità con cui vengono condotte le discussioni negli spazi-commenti. Il troll si nutre dell’assenza di regole ben definite e dello scarso valore che spesso diamo ai nostri contenuti.

Il troll vive della visibilità e del lavoro altrui

Nei profili più seguitiil troll cerca di parassitare il seguito di un contenuto nella speranza di ottenere una quota di «notorietà», mentre l’atto di bannarlo viene percepito come una censura, ragione per cui troppo spesso si tende a lasciar perdere del tutto la moderazione, simulando indifferenza.

Questo fenomeno si verifica spesso anche su YouTube dove i creatori di contenuti sonopiù esposti. Il filosofo e youtuber Riccardo Vessa (WesaChannel) aveva fatto un’analisi interessante in merito a questa visione distorta della«libertà d’espressione» del troll, che si guarda bene dal creare un proprio spazio – esponendosi a sua volta – prediligendo sempre quello degli altri, utilizzando il lavoro altrui per ottenere briciole di visibilità.

L’importanza di avere regole ben definite

Negli spazi in cui si fa informazione o divulgazione i troll possono essere utilizzatiper sabotare l’attività dei rivali,o radicalizzare il dibattito politico. A questo si aggiunge anche l’inadeguatezza degli algoritmi e dei sistemi di segnalazione che finiscono addirittura per penalizzare chi cerca di imbastire dei dibattiti sereni.

Un recente studio pubblicato sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas) sembra voler suggerire di riappropriarci di una moderazione dei contenuti, sulla base di regole di condotta chiare per tutti gli utenti, in modo anche da isolare e saper riconoscere i potenziali troll. Un tempo si diceva «do not feed the troll».

J. Nathan Matias dell’Università di Stanford in California ha constatato nella sua ricerca che – molto banalmente – avere delle «regole della community» tenute sempre in primo piano, non solo aiuta a mantenere «puliti» gli spazi di discussione, ma coinvolge anche gli altri utenti al rispetto delle regole.

La sua sperimentazione è stata svolta in un gruppo di divulgazione scientifica su Reddit che conta circa 13 milioni di utenti,col risultato che le regole tenute bene in vista hanno prodotto un aumento di otto punti percentuali di conformità alle regole, incrementando del 70% la partecipazione dei nuovi iscritti.Matias ha semplicemente impostato nel gruppo un messaggio automatico col seguente avviso:

Benvenuti in r/science. I commenti verranno rimossi se sono barzellette, meme, abusi, off-topic o consigli medici (regole). I nostri 1.200 moderatori incoraggiano discussioni rispettose.

Moderare favorisce la partecipazione

Certo, la presenza di numerosi modelratori volontari disposti a far rispettare le regole della communitydeve aver giocato un ruolo, anche solo di deterrenza. Cosa più importante che emerge dallo studio di Matias è il fatto che «maggiore moderazione» non si traducein una fuga di utenti, anzi. L'effetto èfavorire notevolmente la partecipazione di quella «maggioranza silenziosa» che spesso è costituita da nuovi curiosi utenti.

Discussioni più moderate danno luogo a spazi di dialogo civile, non limitano dunque la libertà d’espressione ma al contrario la incoraggiano, dando magari un valore aggiunto ai contenuti del post che ha fatto partire la discussione. Ovviamente non siamo davanti alla soluzione definitiva del fenomeno, ma può essere un valido strumento – già a disposizione di tutti i creatori di contenuti – per contrastarlo.

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