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Brexit, Theresa May offre voto su un secondo referendum

In un discorso a Londra, la premier britannica Theresa May ha dichiarato l’impensabile: dopo aver ripetuto più volte di essere opposta all’idea di un secondo referendum – ritenuto da una parte del suo partito un vero e proprio tradimento – May ha ceduto, e nella presentazione del nuovo accordo per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea – prevista inizialmente per il marzo 2019, posticipata in seguito all’ottobre 2019 – ha inserito anche la proposta per un secondo referendum sulla Brexit, da far votare però alla Camera dei deputati e quindi non da sottoporre direttamente al popolo britannico.

Per il momento la Brexit è prevista per l’autunno di quest’anno anche se il Parlamento britannico deve ancora approvare un accordo per l’uscita del Regno Unito dall’Ue. Dopo tre bocciature del parlamento e due estensioni, adesso il voto è previsto per la settimana del 3 giugno, ovvero dopo che il Regno Unito avrà partecipato alle elezioni europee, come sarà chiamato a fare alla fine di questa settimana.

Nel caso in cui il Parlamento dovesse approvare l’accordo entro l’inizio di giugno, il destino degli eurodeputati britannici – per il momento ancora incerto – potrebbe escludere del tutto il loro insediamento a Strasburgo.

Ma cosa contiene il nuovo accordo di May, oltre alla promessa di un voto in Parlamento su un ipotetico secondo referendum? E che possibilità ha di essere approvato? Come ha dichiarato la stessa premier, si tratta di un accordo «di compromesso» che punta a mettere d’accordo una maggioranza di deputati in Parlamento, cosa fino ad ora impossibile.

Il primo ostacolo è rappresentato dal famigerato “backstop“, il piano b per evitare un ritorno dopo la Brexit a un confine duro tra l’Irlanda del Nord (parte del Regno Unito) e la Repubblica d’Irlanda (Paese membro dell’Ue) per regolare i flussi commerciali in entrata e in uscita.

Il nuovo accordo propone prima di tutto di votare una serie di opzioni sul tipo di unione doganale da adottare nel periodo di transizione, finché le due parti – Regno Unito e Unione europea – non concorderanno un nuovo accordo commerciale.

Nell’eventualità di un mancato accordo, invece, il governo propone di far sì che l’Irlanda del Nord rimanga allineata al resto del Regno Unito, evitando così di mettere a repentaglio la sua integrità territoriale. Infine, l’accordo prevede anche una serie di proposte di tutela dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori.

Proposte che sembrano confezionate per far gola ai deputati laburisti. Ma non è chiaro se funzionerà. Il leader laburista Jeremy Corbyn ha già commentato dicendo che il suo partito non voterà a favore dell’accordo, definendolo un «accròcco», un pasticcio composto da proposte già viste e già bocciate. Gli alleati di governo, il Partito unionista democratico irlandese, lo hanno accolto con scetticismo.

Per non parlare del partito conservatore dove alcune figure di spicco – come Ian Duncan Smith – lo hanno già bocciato, prima ancora che siano resi pubblici i dettagli. Non certo un buon auspicio per la May e neppure per chi tifa per una conclusione veloce della Brexit.

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