Elezioni in Grecia, il voto che può chiudere l’era Syriza: la destra cresce, anche tra i giovani

Ormai la stella di Alexis Tsipras non brilla più come una volta: il suo partito è fermo al risultato deludente delle elezioni europee di maggio, complice anche delle sfide perse con l’Ue

Il 7 luglio i cittadini greci saranno chiamati a rinnovare il parlamento ellenico e a eleggere un nuovo governo. Questa volta difficilmente sarà all’insegna della sfida alle politiche d’austerità europee e della possibile uscita della Grecia dall’Unione (Grexit). Il socialismo patriottico dell’attuale Alexis Tsipras, costretto a indire le elezioni dopo il risultato deludente alle elezioni europee di maggio, ha perso il suo lustro e la destra di Kyriakos Mitsotakis continua a crescere, anche tra i giovani.


Cosa dicono i sondaggi

I sondaggi non fanno ben sperare per Tsipras. Da più di due anni a questa parte il suo partito è fermo al secondo posto, al 28%, con circa dieci punti percentuali in meno rispetto ai rivali della Nuova Democrazia, il partito di Kyriakos Mitsotakis, finanziere diventato politico di professione, figlio dell’ex premier greco e fondatore del partito Konstantinos Mitsotakis.


Alle elezioni europee il partito di Tsipras aveva raccolto circa il 24% delle preferenze, portando 6 deputati a Strasburgo, contro il 33% (8 seggi) di Nuova Democrazia. Rispetto alle elezioni europee dunque, il partito è cresciuto, ma non in fretta quanto i rivali di destra, attualmente attorno al 39% dei consensi.

ANSA / Kyriakos Mitsotakis, leader del partito conservatore greco Nuova Democrazia

Gli altri partiti sembrano aver poco da offrire. I neonazisti anti-immigrazione di Alba Dorata sono fermi al 4%, un punto in meno rispetto al partito comunista. Terza classificata invece la coalizione socialista – Movimento per il cambiamento – di Fofi Gennimata. Percentuali simili a quelle ottenute alle elezioni europee dove tutti e tre i partiti hanno portato a casa due seggi a testa.

L’offerta politica

Nonostante il bailout greco e le conseguenti politiche d’austerità imposte al Paese mediterraneo dall’Unione europea – politiche per cui il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, quasi a fine mandato, ha recentemente chiesto scusa – appartengano ormai alla storia, le rinegoziazione del debito greco con i suoi creditori rimane al centro della sfida elettorale.

Rientra infatti tra le promesse di Mitsotakis, insieme all’abbassamento delle tasse e a nuove privatizzazioni di aziende pubbliche (già imposte dal ricalcitrante Tsipras in cambio del terzo bailout accordato con l’Unione europea). Non potevano mancare le promesse sull’immigrazione (da ridurre), in un Paese che dal 2014 è in prima linea nella crisi migratoria e che attualmente ospita più di 60 mila profughi.

L’offerta politica di Tsipras si basa più sullo statalismo come mezzo per risolvere i seri problemi economici del Paese, maglia nera d’Europa per quanto riguarda la disoccupazione, nonostante i picchi del 2013/14 – dove la disoccupazione giovanile era giunta a quasi il 60% – siano lontani, come è lontana anche la retorica anti-establishment che aveva trovato il più eloquente interprete nell’ex ministro delle Finanze nel suo Governo, Yanis Varoufakis.

Lo scorso mese Tsipras ha presentato un nuovo piano economico in cui prometteva di alzare il salario minimo, attrarre investimenti esteri, aumentare le esportazioni e creare 500 mila nuovi posti di lavoro. Al tradizionalismo nazionalista di Mitsotakis, tutto patria e famiglia, Tsipras oppone una spinta sui diritti civili, a partire dalla promessa di estendere il diritto matrimonio alle coppie omosessuali. Ma probabilmente non sarà abbastanza.

ANSA / Yanis Varoufakis, ex-ministro delle Finanze greco nel Governo di Alexis Tsipras

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