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Nuove intercettazioni, Arata chiama in causa Salvini: «Gli ho detto che Siri deve fare il viceministro» – Le carte

22 Luglio 2019 - 19:00 Redazione
In un'intercettazione l'ex responsabile energia della Lega, accusato di aver corrotto Siri con una tangente da 30mila euro in cambio di un emendamento, dice che i politici sono come le banche: «Li usi e li paghi»

«Salvini ha chiamato a casa nostra ieri». Così Paolo Arata, ex parlamentare di Forza Italia e consulente della Lega, indagato dalla Procura di Roma con l’accusa di aver corrotto l’ex sottosegretario leghista Armando Siri, parlava con il figlio Francesco il 23 maggio dello scorso anno. Il dialogo compare nell’informativa della Dia di Trapani. «Di Maio – dice Arata – vuole andare alle attività produttive». Che palle, sicuro ci va?» chiede il figlio Francesco. «E ci va sicuro, l’ha chiesto lui! Allora – aggiunge Arata – Salvini non sa dove mettere Armando (Siri, ndr.) poi io gli ho detto che deve fare il vice ministro con la delega dell’energia e lui lo ha chiesto a Salvini e Salvini ha chiamato anche casa nostra ieri».

Parole che arrivano come macigno in un momento molto delicato per la Lega, dopo lo scandalo per la presunta trattativa per ottenere fondi russi. Non risultano comunque, scrive nero su bianco la Dia nelle sue 310 pagine di informativa, telefonate tra il leader del Carroccio e Arata. «Salvini la smetta di scappare e venga in Parlamento a chiarire non solo sui suoi rapporti economici e politici con una potenza straniera come la Russia, ma anche su quanto sta emergendo su Paolo Arata, Vito Nicastri, considerato dai pm di Palermo vicino a ‘Cosa Nostra’, e sull’ex sottosegretario leghista Armando Siri», dicono dal Pd, e altre bordate potrebbero arrivare dagli alleati del M5s.

I rapporti tra Arata e Siri e l’incarico nel governo

«Un po’ i politici li conosciamo ma i politici sono come le banche, li devi usare! E ogni volta che li usi, paghi, basta! Non è che c’è l’amico politico, non c’è l’amicizia in politica», diceva Arata, senza sapere di essere intercettato. Le intercettazioni sembrano descrivere un rapporto di do ut des, ma anche di stima e amicizia reciproche. Arata si sarebbe prodigato per fare avere un incarico nel Governo a Siri, che in cambio lo avrebbe aiutato ostacolando un decreto sulle rinnovabili, voluto dall’ex ministro Calenda, e presentando degli emendamenti che avrebbero facilitato l’erogazione di finanziamenti per l’eolico, settore in cui Arata ha interessi insieme al suo socio occulto Vito Nicastri, considerato vicino al boss Matteo Messina Denaro. «Dopo che Arata aveva ottenuto l’opposizione pubblica (tramite Armando Siri) della Lega rispetto all’emanando decreto sulle Rinnovabili (il cosiddetto decreto Calenda)», si legge nell’informativa di 310 pagine, «e proprio mentre stava tentando di fare inserire un testo di apertura verso gli impianti di biometano, nel Contratto di Governo, contestualmente [Arata] si prodigava, su richiesta di Siri, affinché quest’ultimo ottenesse un incarico di Governo».

Le prove della presunta tangente a Siri

Scrivono i pm che l’attivismo di Siri in favore di Arata non era dovuto soltanto a un sentimento di amicizia o riconoscenza, ma «da un delineato accordo corruttivo». La prova sarebbe in una frase intercettata durante una cena di lavoro in cui Arata avrebbe confessato di aver ricompensato l’ex sottosegretario leghista: «Gli do trentamila euro – dice Arata intercettato – però è un amico come lo fossi tu, però gli amici mi fai una cosa io ti pago…e quindi è più incenti». Dal tenore della conversazione, scrivono gli inquirenti, non è chiaro se Arata abbia solo promesso la tangente o se l’abbia consegnata in tutto o in parte.

In un passaggio della conversazione sembra che Arata riporti un dialogo avuto con Siri (che lui chiama “vice-ministro”), che dimostrerebbe la volontà dell’ex sottosegretario di mettersi a disposizione: «Lui mi ha detto…io ho provato a portare nel mille proroghe l’emendamento generale..non è passato..è fatto male m’ha detto quindi io devo trovare adesso uno bravo…ce l’ho in testa…uno che lavorava alla camera […] che mi faccia l’emendamento bene..che lo mettono nella sezione di bilancio perché andiamo avanti con due vie parlamentari».

C’è poi un altro passaggio che gli inquirenti considerano una prova cristallina della presunta tangente: «C’è l’emendamento – dice Arata – è perfetto però anche chi me lo present…..A parte che costa…Non è che è gratis eh…tin tin devo tirare fuori eh». Che Arata faccia riferimento a Siri, si legge nell’ordinanza, è confermato poco dopo: «La tempistica è questa…se entra nel decreto…che gli do trentamila euro».

Il biometano e il contratto di governo

A maggio del 2018, all’epoca della genesi del contratto di governo dell’attuale maggioranza gialloverde, secondo gli inquirenti Paolo Arata si prodiga per far inserire una «espressione favorevole» rispetto agli impianti di biometano: insieme a Vito Nicastri, infatti, stava portando avanti in Sicilia progetti nel settore.

Parlando con il figlio, Arata ricordava a se stesso «che avrebbe dovuto chiamare Armando Siri per sapere se fosse riuscito a fare quell’intervento sul ‘Contratto di governo’». Dagli atti emerge che «l’apertura del governo verso la tecnologia del biometano, formalizzata nel contratto di governo siglato tra Lega e Movimento 5 Stelle costruiva indubbiamente uno strumento forte in mano agli Arata/Nicastri per superare le opposizioni locali manifestate dagli esponenti del Movimento 5 Stelle»

Il presidente della Repubblica

Secondo gli inquirenti, per far ottenere un incarico di governo ad Armando Siri, Paolo Arata e suo figlio Federico tentarono di avvicinare, senza risultati, anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, tramite l’ambasciatore americano. «Nella serata del 17 maggio 2018, Federico Arata chiama il padre Paolo dicendogli senza mezzi termini – si legge nelle carte depositate – che Siri lo aveva chiamato poco prima chiedendogli di contattare l’ambasciatore americano in Italia (verosimilmente Lewis Michael Eisenberg) affinché costui intervenisse sul presidente Mattarella per ‘sponsorizzarlo’ per un incarico governativo, poi aggiungeva che aveva provato a chiedere al cardinale Raymond Leo Burke di avvicinare il suddetto ambasciatore, senza ottenere l’effetto sperato, atteso che il cardinale gli aveva riferito di non avere rapporti con quel diplomatico».

«Papà, Armando che mi ha chiamato poco fa… mi ha detto se potevo fargli arrivare qualche sponsorizzazione dall’ambasciatore americano che a quanto pare…», dice Federico nell’intercettazione. «Boh… si sente con il presidente Mattarella e allora papà… omissis… il cardinale non lo conosce questo ambasciatore e l’ambasciatrice quell’altra sta in America quindi mi ha… l’ho chiamato, ma mi ha detto che è… era difficile che poteva… anzi è difficile non…potrei avere anzi un effetto contrario e comunque non…lo conosce e quindi…». I due Arata, non riuscendo ad avere un collegamento «con l’ambasciatore tramite il cardinale», concordavano di provare ad agevolare comunque sia Siri cercando di raggiungere l’ambasciatore tramite Steve Bannon (ex consulente del presidente Trump). Federico Arata afferma: «Poi ho scritto… poi… visto che tutto il giorno come al solito che mi sento un quell’altro… ha detto… poi dopo gli ho scritto… a quest’altro qua e lui è amico dell’ambasciatore». Il padre quindi chiede: «Cioè Bannon dici…stai parlando giusto?… Sì sì…usalo perché Armando è un amico».

I contatti in Vaticano

Per far avere un incarico a Siri Arata avrebbe smosso quindi anche i suoi contatti in Vaticano, chiedendo «aiuto al cardinal Burke». In una conversazione, l’imprenditore dell’eolico chiede al cardinale di intervenire anche in favore del figlio Federico, per fargli ricoprire l’incarico di viceministro al ministero degli Esteri. Paolo Arata: «Federico mi ha chiamato adesso da Dubai…(…) di ricordarle se può fare quel famoso intervento su Giorgetti dagli Stati Uniti, ecco mi ricorda, ma lei non ha bisogno…di essere ricordato». «Sì sì quando è il momento giu…io sono pronto quando lei mi dic…mi dica…io invierò subito a …(inc)», risponde Burke. E ancora Arata: «Ecco invece dagli Stati Uniti riesce, mi diceva Federico a far arrivare qualche messaggio…perché se lui Federico andasse agli Esteri, come vice ministro…sarebbe una cosa importante per tutti (…) è deciso anche per gli Stati Uniti…perché avendo un buon rapporto e…perché rischia di andare agli esteri Di Maio…e ora capisce…e allora gli mettiamo a fianco Federico…bhe è una bella garanzia…ecco per tutti…».

L’opposizione al decreto di Calenda

Secondo i pm, Paolo Arata ricorre al senatore Siri per tentare di ostacolare le iniziative dell’allora ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda in materia di energie rinnovabili. «Tra fine marzo e i primi di aprile 2018 Paolo Arata veniva a conoscenza – non si sa da chi – che era in corso di emanazione un decreto ministeriale delle rinnovabili il cui contenuto avrebbe penalizzato i suoi affari siciliani, condivisi con Vito Nicastri», nel settore – si legge nell’ordinanza.

Come anticipato a Siri, Arata parla con Raffaele Tiscar, capo di gabinetto dell’allora ministro dell’ambiente Gianluca Galletti, in «una dirimente interlocuzione» a detta dei pm. Sostanzialmente il decreto rinnovabili come proposto da Calenda e concordato con Galletti, con modifiche, «avrebbe danneggiato gli interessi dei proprietari di piccoli impianti di produzione di energie rinnovabili a fronte di vantaggi a favore dei proprietari di grossi impianti. Tiscar, secondo le intercettazioni, suggeriva di far intervenire pubblicamente la Lega per manifestare la propria contrarietà al provvedimento.

Le richieste a Letta e a Giorgetti

In un’intercettazione Arata dice al figlio di «avere ‘sponsorizzato’, tramite Gianni Letta, Siri a Silvio Berlusconi che lo aveva addirittura chiamato». «Pensa un po’ che Armando – dice al figlio – l’ho fatto chiamare io da Berlusconi… cazzo non c’era riuscito… devo dire che Letta è sempre un amico… sono andato lì… gliel’ho detto… dico chiama… chiama Armando… perchè Armando… dice… sai se non mi sostiene Berlusconi», prosegue l’intercettazione.

«A dire dell’Arata», si legge ancora nell’informativa, Gianni Letta si sarebbe anche adoperato per ‘intervenire’ (non si sa in che termini) su Giancarlo Giorgetti in favore del figlio Federico Arata». Le indagini dei magistrati romani sono tuttora in corso per capire se le parole di Arata siano frutto o no di millanterie. Siri, dal canto suo, ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento nella vicenda.

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