Dal Monte Bianco al Gran Sasso: l’Italia che si scioglie

I ghiacciai in Italia – e nel mondo – sono in difficoltà, tanto che Legambiente ha organizzato una “veglia funebre per i nostri ghiacciai” a fine settembre

La montagna più alta d’Europa si sta sciogliendo? Il ghiacciaio del Monte Bianco mostra segni di cedimento. A luglio è diventato virale un video girato da una guida alpina che documentava l’esistenza di un piccolo lago ad alta quota. Era stato girato a oltre 3.300 metri, nei pressi del Dente del Gigante e dell’Aiguilles Marbrées.


Pochi giorni fa, l’11 settembre, circolava un altro video che mostrava un’enorme massa di ghiaccio staccarsi dal ghiacciaio Charpoua, lato sud-est dell’Aiguille Verte, nel massiccio del Monte Bianco. Se si sta sciogliendo il ghiacciaio del Monte Bianco, la montagna più alta d’Europa, che speranza hanno di sopravvivere i ghiacciai più bassi? Se continueranno a ritirarsi, cosa ne sarà delle nostre montagne?


La famiglia Elter

Lo scioglimento dei ghiacciai è un fenomeno globale. Scienziati, giornalisti, fotografi, alpinisti e ambientalisti stanno raccogliendo le prove. È il caso della squadra di fotografi e scienziati che, sotto la guida del fotografo Fabiano Ventura, ha deciso di documentare lo scioglimento mettendo a confronto presente e passato, tramite l’utilizzo di foto d’archivio e fonti storiche. Dall’Alaska, alle Ande, all’Himalaya passando per le Alpi.

Altrettanto impressionanti sono le immagini che vengono dal Gran Sasso dove il Ghiacciaio del Calderone è praticamente sparito. Secondo gli esperti del Dipartimento Regionale PCM, tutta la neve invernale si sarebbe sciolta, in contrasto con qualche voce fuori campo che invece dà il ghiacciaio più meridionale d’Italia prossimo alla ripresa.

Il confronto fotografico parla chiaro e conferma quanto vanno ripetendo gli scienziati. Secondo Renato Colucci, glaciologo del Cnr, nell’ultimo secolo i ghiacciai delle Alpi hanno perso il 50% della loro copertura. Di questo 50%, circa tre quarti sono spariti negli ultimi 30 anni. A questo ritmo, rischiano l’estinzione. Sempre secondo Colucci, i ghiacciai delle Alpi sotto i 3.500 metri di quota «sono destinati a sparire nel giro di 20-30 anni. Le temperature medie degli ultimi 15 anni non ne permettono la sopravvivenza sotto questa quota».

Si tratta di un fenomeno globale, ma dagli effetti locali, come dimostra la storia della famiglia Elter. Produttori di alimenti biologici locali e gestori di un piccolo Bed and Breakfast ai piedi del Gran Paradiso, la loro storia è arrivata all’attenzione del grande pubblico quando si sono uniti a una quarantina di altre famiglie in tutta Europa – Germania, Portogallo, Romania, Francia, Svezia – per fare causa all’Unione europea, perché a loro avviso, l’obiettivo della Commissione Juncker di ridurre le emissioni di gas serra del 40% entro il 2030 (la neo presidente Ursula von Der Leyen ha annunciato di voler arrivare al 50%) non è sufficiente.

Ma l’obiettivo degli Elter è molto più concreto, il rischio più tangibile. «Lo scioglimento dei ghiacciai, che sono la nostra importante riserva di acqua dolce e il nostro unico reddito durante la stagione invernale – aveva dichiarato Giorgio Elter a una conferenza organizzata da Legambiente – Non riguarda solo noi; insieme all’aumento della temperatura, causa anche significativi danni alle attività agricole a valle».

L’ora dell’adattamento

Il vicepresidente Società Guide Alpine di Courmayeur, Edy Grange

Che i ghiacciai si stiano ritirando è un fatto acclarato. Meno note invece sono le possibile conseguenze di un loro progressivo scioglimento. Con il ritiro dei ghiacciai aumenta il rischio dei crolli e quindi i pericoli e i disincentivi per gli alpinisti. Un danno anche per il turismo locale, come sottolinea Elter.

Altro problema riguarda l’influenza del cambiamento climatico sui torrenti, destinati a subire un decremento, con gravi conseguenze sia per l’agricoltura, sia per il settore idroelettrico, come ricorda Vanda Bonardo responsabile nazionale Alpi Legambiente. Anche le riserve di acqua potabile ne risentono. «Dovremmo rivedere tutti i bilanci idrologici per venire a definire l’uso di questa risorsa – continua Bonardo – E dovremmo pensare ad altre forme di adattamento e di turismo non legate all’impiantistica e allo sci».

Per il momento la strategia predominante per far fronte all’emergenza ghiacciai pare essere quella del contenimento e dell’adattamento. I comuni delle Alpi occidentali italiane e francesi hanno stanziato circa 32 milioni di euro da investire nei prossimi quattro anni per mettere in sicurezza i sentieri d’accesso ai rifugi, ammodernando i rifugi, modificando alcuni tracciati e abbandonando altri.

Adattamento è la parola d’ordine anche per gli alpini, come spiega Edy Grange, il vicepresidente della Società Guide Alpine di Courmayeur, la più antica e importante in Italia: «Andremo a sfruttare l’alpinismo sempre di più nel periodo invernale e sempre meno d’estate. La cosa forse più complessa è far capire alla gente che bisogna cambiare, per esempio, che per fare alcune cose bisogna anticipare». E le istituzioni? «Siamo 1.200 in tutta Italia – dice sorridendo – Non valiamo molto».

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