Non siamo usa e getta, la battaglia italiana contro la plastica monouso: da Nord a Sud, i casi da cui prendere esempio
Qualcuno lo ha chiamato “effetto Greta“, altri lo ritengono una conseguenza inevitabile di un certo modo di stare al mondo andato avanti per troppo tempo. Probabilmente sono vere entrambe le cose: la nuova diffusa consapevolezza sui disastri ambientali ha spinto politici e cittadini a riconsiderare le proprie abitudini e le proprie idee in tema di sostenibilità ambientale.
La notizia arrivata il 9 settembre dall’Università di Pavia, per cui 6mila matricole beneficeranno di borracce non monouso, è solo l’ultima di una lunga fila di decisioni che l’Italia ha preso nell’ultimo anno e mezzo per ridurre il proprio impatto ambientale. Partendo da un importante stimolo normativo europeo, il cammino italiano è appena iniziato – ed è già a buon punto.
La conversione italiana al “Plastic free”
Secondo quanto stabilito dalla Commissione Europea, i Paesi membri saranno chiamati ad abbandonare la plastica monouso entro il 2021: «Di fronte al costante aumento dei rifiuti di plastica negli oceani e nei mari», scrive la Commissione, «si propongono nuove norme di portata unionale per i 10 prodotti di plastica monouso che più inquinano le spiagge e i mari d’Europa e per gli attrezzi da pesca perduti e abbandonati, che rappresentano il 70% dei rifiuti marini».
La normativa è arrivata in seguito alla regolamentazione delle buste in plastica nel 2015, un provvedimento che, stando ai dati dell’Ue, ha portato a un abbandono del loro utilizzo da parte del 72% degli europei. Ma la battaglia è appena iniziata: secondo un dossier presentato al Forum economico mondiale a Davos, almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare ogni giorno. In questo quadro sconfortante si aggiunge una nota negativa per l’Italia: il nostro Paese è il primo consumatore in Europa, e secondo al mondo, per utilizzo di acqua imbottigliata.
In questa prospettiva, già dal 2019 in Italia è in vigore la normativa contro i cotton fioc usa e getta. Dato anche il resoconto sui progressi richiesto dall’Ue in concomitanza con le europee del 2019, il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha lanciato l’iniziativa Plastic Free Challenge, raccolta da diversi comuni o enti nelle più diverse città d’Italia. E a fronte delle nuove regole europee, i diversi partiti italiani hanno smesso di prescindere dagli obiettivi in tema di sostenibilità.
Dal Nord al Sud, le iniziative aumentano sulla scia di altri esempi virtuosi, e l’ondata green che sta investendo l’Italia e l’Europa dimostra una sensibilità crescente sul tema, soprattutto tra le nuove generazioni. Iniziative locali e in parte ancora spontanee, che solo in parte risolvono il grande problema dell’inquinamento climatico. Si è ancora fermi, ad esempio, sulle grandi questioni della produzione intensiva e dello sfruttamento dei territori (la cui permanenza potrebbe vanificare i buoni propositi), nonostante, anche qui, qualche comune abbia iniziato da sé un cammino verso il biologico. Ma aver iniziato una lotta al monouso è certo più che un primo passo per cambiare l’approccio al consumo.
Il Sud
I prodotti monouso rappresentano il 70% dei rifiuti marini. Con i suoi oltre 7mila chilometri di affaccio sul mare, l’Italia è il terzo Paese europeo per estensione costiera. Comprendere l’importanza dell’Italia nella lotta ai rifiuti monouso è immediato, così come è immediato il contrario: comprendere l’importanza di un mare pulito in un territorio in cui il 91,3% di coste è balneabile.
Il Mezzogiorno, con i suoi tesori territoriali, non è rimasto indifferente all’appello. In regioni come Sicilia e Puglia, le iniziative per ridurre gli sprechi di plastica si sono moltiplicate. In particolare, la Regione siciliana è stata la prima a dotarsi di un decreto legge “Plastic free”, e i comuni che hanno preso parte alla conversione rappresentano la metà del totale italiano.
Approvato dall’Assemblea Regionale (ma ancora in commissione di bilancio, nonostante i numerosi solleciti), il dl “Plastic free” si propone di rendere i cittadini più partecipi dei cambiamenti e di dare maggior visibilità alle spiagge che scelgono di bandire la plastica. Mentre si attende l’arrivo in Aula della legge, i comuni di Siracusa, Avola, Pantelleria, Favignana, Lampedusa e Linosa, Capo d’Orlando, Augusta, Pachino, Capaci, Malfa (uno dei Comuni sull’isola di Salina, alle Eolie), e Catania (dove i 5stelle hanno presentato una mozione ad hoc), hanno iniziato a proibire ogni tipo di oggetto in plastica monouso.
Dal punto di vista turistico non è una sciocchezza: non solo perché spiagge più pulite attraggono già di per sé più visitatori, ma anche perché la sostenibilità sta rapidamente scalando le classifiche dei criteri di attrattività, e i turisti/viaggiatori che scelgono mete sensibili al tema dell’ecologia stanno diventando sempre di più.
Per quanto riguarda la Puglia, il 7 agosto il Consiglio di Stato ha ripristinato l’Ordinanza balneare “Plastic Free” sospesa dal Tar, affermando che «le Regioni possono dettare […] disposizioni che indirettamente determinino standard di tutela ambientale più elevati di quelli fissati da norme statali».
Nonostante il ricorso delle associazioni e aziende di prodotti preconfezionati, come Mineracqua, Assobibe, Italgrob e Confida, quindi, la Regione ha potuto fare in modo che nelle zone balneabili i prodotti per il consumo immediato (come piatti, bicchieri e posate) venissero forniti in materiale compostabile. Città come Otranto e Taranto, inoltre, hanno avviato processi di conversione anche nelle mense scolastiche, uffici pubblici e esercizi commerciali.
Il Centro
Tra i più grandi comuni che hanno colto la sfida del ministro dell’ambiente Sergio Costa c’è stata la Capitale, che ha iniziato a novembre 2018 il suo percorso di abbandono della plastica monouso entro il 2020. Un lavoro portato avanti parallelamente a quello della Regione Lazio, che insiste sull’eliminazione progressiva dei prodotti monouso (in particolar modo nella ristorazione) negli esercizi, negli uffici e negli enti pubblici.
La giunta Raggi ha iniziato per prima a dare il buon esempio nelle sue strutture, e nello stesso periodo anche l’Università Roma Tre ha annunciato la distribuzione di borracce riutilizzabili a tutti gli studenti (con obiettivo di riuscita fissato a ottobre). Sempre a Roma, il comune ha avviato la campagna “+Ricicli + Viaggi”: ogni trenta bottiglie riciclate in macchine apposite posizionate nelle stazioni metro, si riceverà un biglietto ATAC gratuito.
Non mancano gli Eco-festival: dal 5 all’8 settembre, sul lungomare Duca Degli Abruzzi (tra Fiumicino e Ostia) si è svolto il “Plastica D’Amare“, un evento per discutere dell’inquinamento a discapito dei mari, condito di performance artistiche e laboratori per riciclo.
In Toscana, terra in larga parte danneggiata dalle monoculture e dalle numerose fabbriche, non mancano le iniziative di riqualificazione ecologica. Nella piana fiorentina, quella che da Firenze porta a Prato fino a Pistoia, è una delle aree più avvelenate della Regione, nonché una tra le più popolate. Proprio lì alcuni comuni, come quello di Carmignano, hanno scelto di iniziare a cambiare volto alla Toscana abbandonando l’agricoltura intensiva e i pesticidi, e ripensando il turismo e la crescita economica nell’ottica del bio.
Il Nord
Diviasa metà da città industriose e campagne immacolate, la parte Nord dell’Italia ha accettato con entusiasmo la sfida del Plastc Free. Da una parte, in città come Milano, Pavia, Torino, Genova e Bologna si tratta di una vera e propria svolta. Dall’altra, nelle aree della Valle D’Aosta fino ai territori del Trentino, si tratta di un’occasione per fungere da modello all’intero Paese.
In Trentino Alto Adige sono sempre di più i bio-distretti, mentre a Genova e Pavia le Università hanno aderito al progetto Plastic Free Challenge lanciato da Costa. Nel capoluogo ligure, la piazza del Porto Antico, l’area portuale riqualificata, ha anche scelto di produrre una linea di borracce e bicchiere riciclabili come gadget turistico per l’estate del 2019.
Ma il progetto più ampio a livello commerciale è quello milanese: il capoluogo lombardo, in collaborazione con Legambiente, ha lanciato una campagna per promuovere gli esercizi commerciali della città che volontariamente decidono di ridurre l’uso degli imballaggi e della plastica usa e getta. Attraverso una mappa virtuale, è possibile scegliere i propri negozi di riferimento in base alla propria sensibilità eco e contribuire così alla diffusione dell’abitudine tra i venditori e consumatori.
Tra le iniziative più belle c’è il Terraforma, un festival ecologico di musica elettronica che da 5 anni porta l’avanguardia artistica sostenibile a due passi da Milano.
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Foto di copertina: Vincenzo Monaco