Il giornalista Nello Scavo sotto scorta: minacciato con la collega Nancy Porsia dal trafficante libico Bija

I due giornalisti indagano sul membro della cosiddetta guardia costiera libica, Abd Raman al Milan, i cui viaggi in Italia imbarazzano il paese

Le forze dell’ordine hanno preso delle contromisure dopo le minacce rivolte a Nello Scavo e Nancy Porsia da parte del trafficante libico Abd Raman al Milan, detto”Bija“, oggetto di loro recenti indagini giornalistiche. Per il momento soltanto il giornalista di Avvenire Scavo è stato messo sotto scorta.


Nelle loro inchieste i due giornalisti hanno documentato l’ascesa del “comandante Bija” e rivelato come il trafficante, denunciato dall’Onu per violazione di diritti umani, avesse partecipato a due incontri in Italia nel 2017, uno al Cara di Mineo, un secondo invece con la guardia costiera italiana. Due viaggi che imbarazzano l’Italia e che sollevano una serie di interrogativi rispetto agli accordi presi con la cosiddetta “guardia costiera libica”, a cui appartiene Bija.


La solidarietà della Federazione

Seguito agli articoli pubblicati da Nello Scavo su Avvenire, Bija aveva risposto minacciando di “processare” l’autore e, in seguito, ha fatto recapitare, con fare intimidatorio, alla testata una foto della giornalista Nancy Porsia mostrando di essere a conoscenza di dettagli riguardo la sua vita privata.

Il Cdr di Avvenire ha rinnovato la solidarietà al giornalista, ribadendo la volontà della testata di continuare «a raccontare quello che accade senza timori né censure». In un comunicato la Federazione nazionale della Stampa italiana e l’Associazione Lombarda dei Giornalisti hanno esteso la loro solidarietà, invitando tutti i media a riprendere e approfondire le inchieste di Nancy Porsia e di Nello Scavo «anche per fare da “scorta mediatica” ai colleghi che, siamo certi, non si lasceranno intimidire e anzi dedicheranno ancora più passione e impegno alla ricerca della verità».

“Bija” in Italia per volere dell’Oim

Secondo dei documenti ottenuti dal settimanale l’Espresso, sarebbe stata l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) a chiedere al consolato italiano di Tunisi di accettare il visti della delegazione libica di cui faceva parte il “comandante Bija”, permettendo così il suo ingresso in Italia.

Le autorità italiane avevano sostenuto che Bija fosse invece arrivato in Italia con dei documenti falsi. Accuse respinte dallo stesso Bija in una recente intervista. Marco Minniti, all’epoca ministro dell’interno, ha dichiarato che all’epoca non era al corrente della presenza di Bija in Italia.

Nel frattempo, l’ex presidente del Pd Matteo Orfini e il deputato di Liberi e Uguali Nicola Fratoianni hanno firmato una lettera indirizzata al nuovo Presidente del Copasir, il leghista Raffaele Volpi, per chiedere al Copasir di indagare sul viaggio di Bija in Italia.

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