Libia, un trafficante partecipò a un incontro con funzionari italiani a Mineo: lo scoop di Avvenire. I servizi negano

All’epoca Abd al-Rahman Milad , detto “Bija” era un noto trafficante. Tra le accuse nei suoi confronti anche quella di aver affondato le imbarcazioni di migranti usando armi da fuoco

Siamo nel pieno del Governo di Paolo Gentiloni. L’11 maggio avviene un’incontro al Cara di Mineo di Catania – uno dei centri per richiedenti asilo più grandi d’Europa, fatto chiudere a luglio del 2019 – per discutere della gestione dei flussi di migranti dalla Libia che l’Italia vuole assolutamente bloccare, con la collaborazione della Guardia Costiera libica. Presente, oltre a diversi funzionari italiani e i delegati nordafricani di alcune agenzie umanitarie internazionali, anche Abd al-Rahman Milad, accusato dall’Onu di essere un pericoloso trafficante. A dare la notizia è il quotidiano Avvenire, che cita fonti ufficiali.


Abd al-Rahman Milad , detto “Bija”, viene presentato come «uno dei comandanti della Guardia costiera della Libia», racconta una fonte ufficiale presente al meeting di Mineo. Le stesse fonti riportano che durante l’incontro Bija ascolta attentamente e fa domande precise sui costi e le modalità della gestione del centro di Mineo. L’idea da lui paventata pare essere quella di esportare il modello Mineo in tutta la Libia, anche con il sostegno del governo italiano. La strategia che emerge è quella di bloccare le Ong e con esse gli sbarchi in Italia, trattenendo i migranti nei centri di detenzioni libici, li stessi le cui disumane condizioni sono state più volte documentate.


Nella serata del 4 ottobre, però, fonti di intelligence sentite dall’agenzia Adnkronos hanno negato che alcun funzionario dei servizi italiani abbia mai partecipato all’incontro avvenuto nel maggio 2017. Fonti dei servizi italiani quindi «smentiscono categoricamente» che nella foto pubblicata dal quotidiano della Cei vi siano appartenenti ai servizi. «Nessun funzionario dell’Aise ha mai partecipato a quella riunione».

Chi è Abd al-Rahman Milad

Bija in effetti ha qualcosa a che vedere con la guardia costiera libica: è il capo del ramo di Zawiyah della Guardia costiera, una città a nord-est del paese, a circa 45 chilometri da Tripoli. Una posizione ottenuta grazie al supporto del capo del dipartimento di sicurezza di una raffineria della città, noto come Mohamed Khushlaf, il quale controlla anche il porto di Zawiyah.

Ma ciò che è importa è che nel maggio del 2017, Bija era già noto come uomo chiave nel traffico di migranti dalla Libia. Si erano occupati di lui diverse testate, sia italiane sia internazionali, che avevano riportato le testimonianze di migranti. Pochi giorni dopo l’incontro al Cara di Mineo le Nazioni Unite pubblicarono un rapporto del Consiglio di sicurezza in cui denunciavano Bija di aver affondato, insieme ad altri membri della Guardia costiera libica, le imbarcazioni di migranti usando armi da fuoco.

Diversi testimoni hanno raccontato invece di essere stati prelevati in mare dalle navi di Bija – appartenenti alla Guardia costiera libica sotto il suo controllo – per poi essere riportate al centro di detenzione di al-Nasr. Dal luglio del 2018 Bija è sottoposto a sanzioni delle Nazioni Uniti, tra cui il divieto di viaggio e blocco delle attività per i crimini su cui indaga la Corte penale internazionale dell’Aja.

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