Rigopiano, indagato un ufficiale dell’Arma per le chiamate d’allarme (inascoltate)

Il Colonnello Di Pietro avrebbe inviato alla Procura le relazioni tecniche che dimostravano le avvenute chiamate solo mesi dopo il lavoro dei Ris sui telefono delle vittime

Un altro carabiniere, il quarto, è indagato dalla procura di Pescara nell’ambito delle indagini sulla strage di Rigopiano: in particolare sulla gestione dell’emergenza. Si tratta del colonnello Massimiliano Di Pietro, ex comandante del nucleo investigativo. Il suo nome va ad aggiungersi a quello dei tre colleghi della forestale, già ascoltati dai magistrati. Le accuse, all’interno di quella che viene chiamata inchiesta quater sulla tragedia, che stanno colpendo l’Arma territoriale, sono di falso ideologico e materiale in merito alle telefonate d’allarme partite dall’albergo: a chiamare fu il cameriere Gabriele D’Angelo la mattina del 18 gennaio 2017. Si tratta, nello specifico, di nove telefonate che D’Angelo effettuò al centralino della Prefettura di Pescara, per un totale di 3 minuti e 52 secondi. Al colonnello Di Pietro verrebbe addebitato di non aver inviato celermente agli inquirenti il materiale, considerato «di potenziale interesse investigativo», contenente gli screenshot dal telefono di D’Angelo che dimostravano le avvenute telefonate d’allarme.


La relazioni tecniche dei Ris sui telefonini delle vittime, che contenevano anche le prove delle telefonate di D’Angelo portano la data del 17 marzo 2017, ma sarebbero state trasferite ai magistrati soltanto a novembre. I documenti erano accompagnati da una nota di Di Pietro: «Qualora non pervenute, si trasmettono le note tecniche». Insomma, a Di Pietro viene addebitato di non aver informato tempestivamente la Procura di prove che avrebbero dimostrato che gli allarmi furono inascoltati. Le telefonate di D’Angelo (partite tra la mattina e il pomeriggio del 18 gennaio) sembrano aver avuto la stessa sorte di quella arrivata al Coc di Penne alle 11,38 dello stesso giorno: nonostante la segnalazione della squadra mobile, quest’ultima entra nell’indagine dei carabinieri solo nel novembre del 2018. Il caso aveva fatto nascere uno scontro, non ancora sopito, fra l’Arma e la polizia.


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