Elezioni in Emilia Romagna, nella regione delle sardine sono sempre di più i giovani senza lavoro

Mancano circa due settimane alle elezioni amministrative del 26 gennaio, segnate dall’attivismo dei giovani. Ma qual è la loro condizione lavorativa?

La regione delle sardine, dove tre trentenni hanno inventato, dal nulla, un movimento politico che ha riempito per settimane le piazze italiane, ha una peculiarità: non è una regione di giovani. O meglio è tra le regioni italiane con la più bassa percentuale di giovani (15-34 anni), sintomo di un calo delle nascite, pari a circa il 19% della popolazione. Ma c’è un altro dato che colpisce: è tendenzialmente in aumento il numero di giovani inattivi e disoccupati nella regione rossa.


Cresce la disoccupazione giovanile. Anche i Neet in aumento

A stabilirlo è il Settimo rapporto dell’Ires Cgil Emilia Romagna sulla condizione giovanile nella regione. Negli ultimi dieci anni (2008-2018) è molto diminuito il tasso di occupazione giovanile, dal 63,9% al 51,%, pur restando superiore rispetto alla media nazionale (41% nel 2018). Sono aumentati gli inattivi (+5,8%) – che però comprendono anche gli studenti – e i disoccupati ( +3,4%).


Fa fatica a diminuire la percentuale di lavoratori under 35 assunti con tipologie contrattuali a tempo determinato, che rimangono più frequenti (nel 2017 erano addirittura superiori rispetto alla media nazionale). In più, stenta a diminuire anche il numero dei cosiddetti Neet, giovani che non studiano e non lavorano, in aumento dal 9,7% del 2008 al 15,4% dieci anni dopo, nel 2018, con un picco di oltre 20% nel 2014.

I dati sull’occupazione trovano una conferma anche in uno dei fenomeni sociali che ha caratterizzato gli anni post-crisi in tutto il Paese: anche in Emilia-Romagna è aumentato di circa 4 punti la percentuale di giovani che vivono in famiglia, arrivando a quota 54,7% nel 2018 – circa 8 punti percentuali in meno rispetto alla media nazionale.

Ma ci sono dei segni positivi: al netto di un’inversione di tendenza nel tasso di abbandono scolastico, che anche in Emilia-Romagna ha ripreso a crescere nel 2018 pur rimanendo vicino alla media europea, “la rossa” è al primo posto (insieme al Friuli-Venezia Giulia) per il numero di laureati. Un primato che si estende anche al saldo migratorio totale tra i giovani e laureati, +4 per mille nel periodo 2014-2018. Insomma, sono più i giovani laureati che arrivano in Emilia-Romagna di quelli che partono.

L’offerta politica

Nonostante questo – o forse proprio perché i giovani rappresentano una piccola frazione dell’elettorato – le misure proposte dai candidati durante la campagna per le elezioni regionali (in Emilia Romagna si vota il 26 gennaio) non affrontano direttamente il problema dell’occupazione giovanile.

Il manifesto elettorale del candidato del centrosinistra Stefano Bonaccini, ad esempio, mette grande enfasi sull’educazione, sulla valorizzazione del patrimonio culturale e sulla formazione – più borse universitarie, corsi di inglese per i più piccoli, corsi di formazione per le competenze digitali ecc. – ma i cui effetti si sentirebbero soltanto nel lungo periodo.

Nel caso di Lucia Borgonzoni, candidata del centrodestra, invece il lavoro giovanile è incentivato principalmente attraverso il sostegno alle piccole e medie imprese con la riduzione o esenzione dell’Irap (l’imposta regionale sulle attività produttive). Il programma è molto più incentrato infatti sull’incentivazione della maternità, un aspetto che riguarda i giovani solo in parte.

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