Libia, le tribù pro-Haftar avvertono Erdogan: «Chiusi i pozzi di petrolio. Via i mercenari siriani o azzeriamo la produzione»

L’ultimatum delle forze vicine al generale della Cirenaica mette in bilico il futuro della conferenza per risolvere il conflitto

La missione delle Nazioni Unite nel Paese nordafricano esprime «profonda preoccupazione per gli attuali sforzi per interrompere o compromettere la produzione di petrolio» in Libia.


«Questa mossa avrebbe conseguenze devastanti prima di tutto per il popolo libico che dipende dal libero flusso di petrolio – si legge in un comunicato dell’Unsmil – e avrebbe effetti terribili per la situazione economica e finanziaria già deteriorata del Paese». L’Unsmil reitera «l’importanza di preservare l’integrità e la neutralità della National Oil Corporation».


La mossa delle tribù dell’Est

L’ordine sarebbe arrivato dallo stesso Haftar. Cresce la tensione in Libia alla vigilia della conferenza di Berlino prevista per il 19 gennaio. Al Haliq Al Zawi, leader della tribù Zouaiya, ha annunciato l’intenzione di voler chiudere i porti e campi petroliferi dell’est del Paese che costituiscono circa la metà della produzione totale di petrolio libico.

Il capo tribale ha dichiarato che è già stato chiuso il giacimento di Al Sarir e bloccato il porto petrolifero di Zueitina, e «domani assisteremo alla sospensione delle attività in tutti i giacimenti petroliferi e quindi alla sospensione di tutti i terminal nella parte est del Paese».

La mossa, arrivata con il benestare del generale Khalifa Haftar, leader della Cirenaica, che da settimane ha ripreso la sua offensiva su Tripoli, è «una decisione puramente popolare. Sono stati i cittadini a chiederlo», ha detto il portavoce delle forze pro-Haftar Ahmed Al-Mismari alla televisione libica Al-Hadath.

Le tribù hanno anche chiesto la chiusura “immediata” degli oleodotti di Mellitah, Brega e Misurata. Secondo quanto riportato ad Afp, la decisione è stata presa in segno di protesta contro l’intervento turco in appoggio al premier libico Fayez al Sarraj e per bloccare «le fonti di finanziamento del terrorismo attraverso le entrate petrolifere».

Se entro 72 ore i mercenari siriani guidati dalla Turchia non saranno fatti uscire dal Paese, annunciano alcune fonti libiche, le tribù pro Haftar faranno calare drasticamente la produzione di petrolio.

La preoccupazione per l’economia libica

La decisione è stata tuttavia contestata dal presidente della Corporazione Nazionale del Petrolio (NOC), Moustafa Sanalla, che ha avvertito come il settore petrolifero e del gas sia “vitale” per l’economia libica, in quanto è la «fonte di reddito più importante per il popolo libico».

«Il petrolio e le strutture petrolifere appartengono al popolo libico. Non sono carte da giocare per risolvere questioni politiche», ha aggiunto. «La chiusura delle esportazioni – continua Sanalla – e della produzione di petrolio avrà conseguenze di vasta portata».

In una conferenza stampa nella notte, Mismari ha sottolineato che le forze pro-Haftar «non interverranno se non per proteggere le persone nel caso in cui si trovassero ad affrontare un pericolo». Per Haftar, l’offensiva su Tripoli mira a liberare la capitale dei “terroristi», in riferimento ai suoi rivali del Governo di Unità Nazionale.

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