«Gli innocenti non finiscono in carcere». Polemiche sulle parole (poi corrette) del ministro della Giustizia

Tra gli altri, la giornalista Gaia Tortora chiede spiegazioni al ministro. Bonafede si affretta a correggersi: «Parlavo degli assolti»

Gaffe, scelta infelice, lapsus. Qualsiasi cosa fossero le parole di Alfonso Bonafede stanno facendo discutere parecchio. La sera di giovedì 23 gennaio durante la trasmissione Otto e mezzo, condotta da Lilli Gruber su La7, il ministro della Giustizia ha detto: «Gli innocenti non finiscono in carcere».


Oltre al ministro, in studio c’era anche la giornalista de la Repubblica Annalisa Cuzzocrea. Si stava parlando della riforma della prescrizione, entrata in vigore a gennaio. Nello specifico la riforma prevede che nessun processo finisca con la prescrizione di un reato se è stata data almeno una sentenza di primo grado, di assoluzione o di condanna.


Cuzzocrea ha chiesto al ministro: «Lei non pensa ogni tanto agli innocenti che finiscono in carcere? Sono tantissimi». Bonafede a questo punto è intervenuto per rispondere: «Cosa c’entrano gli innocenti che finiscono in carcere? Gli innocenti non finiscono in carcere».

La giornalista ha così riportato i numeri delle persone che sono state risarcite dallo Stato per ingiusta detenzione. Solo nel 2018 sono state emesse 895 ordinanze definitive di risarcimento, in tutto circa 33,3 milioni di euro, per persone che sono state arrestate e poi sono risultate innocenti.

Tra gli altri circolanti su Twitter, spicca il tweet di Gaia Tortora, figlia di Enzo Tortora, protagonista di un clamoroso caso di errore giudiziario: «Ministro le chiedo di spiegare la sua frase “gli innocenti non finiscono in carcere”. Grazie».

Il ministro si è affrettato subito a chiarire la sua posizione con un post su Facebook, dove ha ripubblicato il video, tagliando il momento in cui dice «Gli innocenti non finisco in carcere». È qui che scrive:

Nell’intervista di ieri sera, mentre si stava parlando di assoluzioni e condanne, ho specificato che gli “innocenti non vanno in carcere” riferendomi evidentemente e ovviamente, in quel contesto, a coloro che vengono assolti (la cui innocenza è, per l’appunto, ‘confermata’ dallo Stato).

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