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«Patrick libero»: la campagna Facebook lanciata contro l’arresto del ricercatore egiziano

14 Febbraio 2020 - 14:59 Redazione
Su Change.org la petizione pro Zaky ha superato le 150mila adesioni

Gara di solidarietà per Zaki: cambiare la propria foto profilo su Facebook con un fumetto che ritrae lo studente avvolto dal filo spinato su sfondo rosso e le scritte “Patrick libero” in italiano, inglese e arabo. L’iniziativa – lanciata su Facebook e su Twitter dall’Egyptian Initiative for Personal Rights (Eipr) – è un’idea dagli attivisti della campagna ufficiale a favore di Patrick George Zaki, il ricercatore egiziano dell’Università di Bologna arrestato al Cairo una settimana fa e da allora detenuto con l’accusa, tra le altre, di istigazione al rovesciamento del regime.

«Per mostrare la nostra solidarietà – rilanciano gli attivisti – cambiamo tutti i nostri profili personali su Facebook a partire da stasera alle 21 fino a quando ascoltiamo la decisione del procuratore in merito all’appello». Domani, sabato 15 febbraio, alle 9 è fissata in Egitto l’udienza per l’appello sui 15 giorni di custodia cautelare inflitti a Patrick: è qui che si deciderà, dunque, se Zaki dovrà restare in carcere o potrà tornare a casa. Su Change.org la petizione pro Zaki ha superato le 150mila adesioni.

La vicenda

Patrick George Zaki studia per un diploma post-laurea all’università di Bologna dove è arrivato lo scorso settembre attraverso una borsa di studio. L’8 febbraio, rientrato in Egitto per un breve soggiorno presso la famiglia è stato preso in custodia dalle forze di sicurezza National Security Investigations (Nsi) all’aeroporto del Cairo ed è scomparso per le successive 24 ore. Il primo a denunciare l’arresto è stata la ong con cui Patrick collaborava, l’Egyptian Initiative for Personal Rights (Eipr).

Lo studente 27enne è stato poi trasferito in una stazione di polizia della sua città natale, Mansoura, circa 120 chilometri a nord-est del Cairo. Secondo i suoi avvocati, durante le prime 24 ore è stato picchiato, torturato con scosse elettriche, minacciato e interrogato su varie questioni legate al suo attivismo. Su di lui pendeva un mandato di arresto già dal 23 settembre scorso, di cui il ragazzo non era a conoscenza.

Le accuse mosse dalle autorità comprendono la pubblicazione di voci e false notizie che puntano a disturbare la pace sociale e a seminare il caos; istigazione alla protesta senza il permesso delle autorità competenti allo scopo di minare l’autorità statale; chiedere il rovesciamento dello Stato; gestire un account di social media che ha lo scopo di minare l’ordine sociale e la sicurezza pubblica; istigazione a commettere violenze e crimini terroristici.

Per sabato 15 febbraio è stata fissata la prima udienza in cui i suoi legali cercheranno di ottenere l’annullamento della custodia di 15 giorni imposta dalle autorità a partire dall’8 febbraio. Patrick è stato trasferito nella stazione di Talkha, dove la famiglia e i legali hanno potuto visitarlo per meno di un minuto, in condizioni di detenzione che i legali giudicano “meno favorevoli” di quelle precedenti.

La mobilitazione in Italia

Per la liberazione dello studente egiziano in prima linea c’è anche l’università di Bologna che in questi giorni ha organizzato diversi sit-in di protesta per chiedere il rilascio immediato di uno dei suoi alunni. Per lunedì la comunità accademica dell’Alma Mater ha organizzato un maxi corteo per chiedere la sua liberazione a cui parteciperanno anche il sindaco della città Virginio Merola e il rettore dell’università Francesco Ubertini.

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