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Vita da freelance e l’impossibilità di trovare una casa: «Il mercato immobiliare ha lo straordinario potere di infondere un senso di inadeguatezza»

28 Febbraio 2020 - 23:51 OPEN
«Se lavori con la partita IVA, beh, ciao proprio. Sei il locatario che nessuno vorrebbe, quello che non potrà mai competere con un indeterminato, figuriamoci due insieme»

Riceviamo a pubblichiamo la mail di una nostra lettrice:

Gentile redazione di Open,

leggo spesso le lettere pubblicate in questa rubrica di giovani alle prese con le difficoltà del mondo del lavoro e, da 29enne, non posso che provare empatia. Siamo una generazione privata di ogni certezza, costretta alla perenne ricerca di un impossibile equilibrio fra “esperienza necessaria” e “richiesta età per tirocinio”, e ineluttabilmente condannata a dover raggiungere una soglia di anni contributivi lontana da ogni verosimiglianza.

Sono una 29enne traduttrice e interprete freelance; ho intrapreso questo percorso fin dal primo lunedì successivo alla mia laurea magistrale e l’ho intrecciato, a orari improponibili e in location d’avventura, con tirocini, master, viaggi, sogni, speranze e paure. Sono un’autonoma con partita IVA, lavoro da casa, in azienda, in occasione di eventi o riunioni, in Italia e all’estero, e mi alzo ogni mattina con la convinzione che non vorrei rinunciare a nessun aspetto della mia #freelancelife perché amo quel che faccio, perché ho il raro privilegio di poter fare ciò per cui ho studiato tanto. Nella mia personale e faziosa bilancia delle valutazioni, questi aspetti soppiantano l’assenza di malattia, ferie, tredicesima, contributi e tutti i vantaggi (si può dire?) di cui gode un dipendente assunto.

E quindi, che ho da lamentarmi? Ebbene, poche volte nella mia seppur breve vita mi sono sentita umiliata e offesa come quando parlo al telefono con un agente immobiliare. Il mercato immobiliare di una città medio-grande italiana ha lo straordinario potere di infondere un senso di inadeguatezza a chiunque non rientri nei suoi paletti auto-imposti.

Sono una 29enne con l’ambiziosa idea di trovare una sistemazione in affitto di circa 40 metri quadri in una città come Bologna e settimanalmente vengo mortificata per l’uno o per l’altro motivo. Ha la partita IVA? Ah, capisco. Di cosa si occupa? Ah, servirebbe un contratto indeterminato. Lei collabora con qualcuno che le garantisce un fisso mensile? Ma quanto guadagna? Servirebbero almeno tre anni di dichiarazioni reddituali pari ad almeno il triplo del valore della locazione. Lei è da sola? Perché noi diamo priorità alle coppie con due indeterminati. Guardi, in alternativa le consiglio di provare a cercare una stanza in condivisione. I suoi genitori dove abitano, non sono di Bologna, vero? Facendo due conti questo immobile fra tutto le costerà circa €1.000 al mese, lei è sicura di poterselo permettere? La faccio richiamare. A questo punto della chiamata ringrazio per il tempo dedicato, riattacco, mi asciugo le due o tre lacrime e continuo a tradurre di orologi.

Mi chiedo quale sia il bizzarro algoritmo della nostra società per cui il mercato immobiliare richiede solide garanzie a livello lavorativo a un under 30, che però il mondo lavorativo raramente è in grado di fornire. Mi chiedo per quale assurdo motivo le assunzioni stabili sono un miraggio e al contempo l’unico parametro di valutazione per l’affidabilità di una persona. Se lavori con la partita IVA, beh, ciao proprio. Sei il locatario che nessuno vorrebbe, quello che non potrà mai competere con un indeterminato, figuriamoci due insieme, sei impertinente nel voler chiedere un appuntamento sapendo già che verrai scartato prima ancora di aver incrociato gli occhi del proprietario.

Siamo una generazione a cui è stata tolta la dignità. Siamo una categoria di lavoratori senza diritti. Ogni mattina un freelance si alza e sa che dovrà combattere un’atavica guerra contro una mentalità ferma agli anni Ottanta, quando i soldi nascosti sotto al materasso bastavano per compare casa. Eppure nel 2019 ho pedissequamente versato circa il 30% del mio fatturato allo stato italiano. La rabbia che provo ogni volta che cercano di farmi sentire inadeguata è direttamente proporzionale all’ammontare delle imposte che pago. 

Penso che mia madre, alla mia età, era già sposata, proprietaria di un appartamento, titolare di un contratto lavorativo a tempo indeterminato e mamma da 3 anni. Una condizione che nella più rosea delle ipotesi potrei raggiungere fra 10 anni. Poi allontano i pensieri e ricomincio a cercare il prossimo volo low cost. Non avrò 40 metri quadri dove vivere in modo indipendente, ma ho la libertà di investire quei soldi per vedere altri cieli.

Valentina |29 anni, freelance

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