Automazione e lavoro: milioni di donne fanno lavori che tra 10 anni dovranno cambiare. Ecco perché

Gli uomini e le donne non giocano la stessa partita nella quarta rivoluzione industriale: tra lavoro domestico e lavori più vulnerabili all’automazione, i rischi delle donne nel mondo sono molto più alti

Uno studio del World Economic Forum, condotto in partnership con LinkedIn, ha evidenziato come l’innovazione tecnologica potrebbe essere un ostacolo alla riduzione del gender gap qualora gli equilibri non inizino a cambiare fin da subito. Soprattutto considerando il peso del lavoro di cura non retribuito e la diseguale divisione dei ruoli nella vita domestica, le donne non giocano la stessa partita degli uomini sul lavoro: milioni di donne dovranno probabilmente cambiare impiego nel giro di 10 anni, perché il loro sarà automatizzato.


Il punto di partenza

Allo stato attuale delle cose – e cioè considerando i dati sull’occupazione, gli ostacoli nella carriera delle donne e le ancora presenti disparità salariali – il Global Gender Gap Report del 2020 ha stimato che ci vorranno quasi 100 anni (99,5 per la precisione) prima che si arrivi a una parità completa.


I miglioramenti di anno in anno non sono così sostanziali da far sperare una rivisitazione dei dati (e quindi delle tempistiche) in maniera soddisfacente. Nonostante un salto iniziale che ha fatto balzare di 38 punti percentuali l’occupazione globale femminile negli ultimi 4 anni (ora è al 40%), la frenata sarà brusca: nei prossimi 10 anni si migliorerà appena del 3%.

Secondo Angela Berg, responsabile dell’inclusione sociale a Mercer (la società che ha pubblicato lo studio When Women Thrive 2020 Global Report), «anche nel migliore scenario, ci vorranno molto più di 20 o 30 anni per raggiungere la perfetta parità in ambito lavorativo». Soprattutto perché al momento le donne occupano solo 23% dei ruoli ai vertici (e il 29% dei ruoli manageriali), questo le espone a rischi molto maggiori di peggioramento rispetto ai loro colleghi uomini.

Donne e automazione

Il problema non riguarda solo il “grado” dell’impiego, ma anche il tipo. Stando ai dati del WEF, c’è un reale rischio che i progressi sul gender gap subiscano un’inversione di rotta con l’avanzare dello sviluppo tecnologico della quarta rivoluzione industriale. Come sottolineato da Berg, «le donne occupano posizioni lavorative molto più vulnerabili alla progressiva automazione del lavoro».

Si pensi che, ad esempio, solo il 12% delle posizioni nel cloud computing sono ricoperte da donne. Il che significa che, con il cambiamento della società, tra le 40 e le 160 milioni di donne nel mondo saranno costrette a cambiare la loro occupazione entro il 2030 (cioè nel giro di 10 anni).

E per quanto l’automazione impatterà anche sulla condizione lavorativa degli uomini, secondo Mekala Krishnan, una delle autrici del report e membra del McKinsey Global Institute, «uomini e donne non corrono la stessa gara». Il vero discrimine sta nella difficoltà delle donne di «reinventarsi» o «ri-formarsi» a causa del troppo peso nelle loro vite delle attività di cura non retribuite. «Le donne hanno meno flessibilità – ha detto Krishnan – perché sono spesso incaricate di occuparsi della casa e della famiglia. Il che riduce anche il loro network e, di conseguenza, la loro possibilità di trovare altre occasione». Ed è sulla riduzione di questo «peso ulteriore» che bisogna lavorare.

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Foto di copertina: Christina su Unsplash