C’è preoccupazione per i risultati di uno studio condotto da Greenpeace, dal Consiglio nazionale delle ricerche di Genova e dall’Università Politecnica delle Marche: nelle acque marine superficiali del Tirreno è stata riscontrata una cospicua presenza di microplastiche. Non è ancora chiaro come queste concentrazioni elevate si siano create anche in luoghi lontani da sorgenti di inquinamento.
Trovate oltre 250mila particelle per chilometro quadrato in zone fortemente impattate dalla presenza umana, come la foce del Tevere e il porto di Olbia, ma anche in aree che dovrebbero risultare meno inquinate, come l’isola di Capraia: qui è stata registrata la concentrazione più alta della ricerca, con 300mila particelle per chilometro quadrato.
Francesca Garaventa, referente del Cnr, ha sottolineato che «i frammenti si accumulano anche in zone teoricamente lontane da sorgenti di inquinamento – ha detto, aggiungendo che – indagini preliminari a differenti profondità nella colonna d’acqua confermano che sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno il comportamento delle microplastiche in mare che proveremo a realizzare già nella spedizione di quest’anno».
Più si scende in profondità, più la situazione sembra peggiorare. Dai campionamenti effettuati a diverse profondità durante il tour “May Day Sos plastica” del 2019 a Ventotene e alla foce del Sarno, si evince che le concentrazioni sono molto più elevate a cinque metri sotto il livello del mare rispetto alla sua superficie.
Le microplastiche rinvenute con più frequenza sono frammenti che oscillano tra i 3 millimetri a dimensioni inferiori al millimetro. Si tratta prevalentemente di polimeri in polietilene e in polipropilene, le plastiche più usate nell’industria.
In occasione della partenza della spedizione in barca a vela “Difendiamo il mare“, in partenza oggi, 16 luglio, da Porto Santo Stefano, il responsabile dell’associazione Giuseppe Ungherese ha affermato: «Dobbiamo vincere la battaglia della plastica monouso e quella invisibile della microplastica. È inaccettabile che ancora oggi siano presenti sul mercato prodotti di uso comune con microplastiche aggiunte il cui destino è contaminare il mare».
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