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La guardia costiera libica apre il fuoco su un gruppo di migranti a Tripoli durante lo sbarco. Oim: «La Libia non è un porto sicuro»

Dal 2017 - anno in cui l'Italia ha firmato il memorandum con la Libia - più di 40mila persone sono state intercettate dalla guardia costiera libica e riportate in Libia

«La Libia non è un porto sicuro». A ribadirlo con forza è l’Organizzazione Internazionale per le migrazioni (Oim) dopo che due sudanesi sono stati uccisi, e altri cinque feriti, in una sparatoria avvenuta la scorsa notte a Khums, a est di Tripoli. Uno dei feriti è poi deceduto durante il trasporto in ospedale. I migranti erano stati intercettati dalla Guardia costiera libica in mare aperto e ricondotti in Libia, per poi rimanere uccisi durante le operazioni di sbarco.

«Le autorità locali – scrive l’Oim – hanno iniziato a sparare nel momento in cui alcuni migranti, scesi da poco a terra, avevano cercato di darsi alla fuga». I feriti sono stati trasferiti nei centri di detenzione libici dove patiscono sofferenze intollerabili, ha affermato Federico Soda, capo missione Oim in Libia. «L’utilizzo di una violenza eccessiva ha causato ancora una volta delle morti senza senso, in un contesto caratterizzato da una mancanza di iniziative pratiche volte a cambiare un sistema che spesso non è in grado di assicurare alcun tipo di protezione».

Oim: «Migranti vanno portati in porti sicuri»

L’Oim chiede ancora una volta all’Unione europea di agire per fermare i ritorni in Libia dove la situazione è tutt’altro che stabile. Con l’arrivo della pandemia da Coronavirus i migranti nei centri di detenzione vivono in condizioni disumane. «È necessario mettere in atto uno sistema alternativo che permetta che le persone soccorse o intercettate in mare siano portate in porti sicuri – si legge in una nota -. È altresì necessario che ci sia una maggiore solidarietà tra gli Stati europei e gli Stati mediterranei che si trovano in prima linea».

Nelle ultime settimane – complice il caldo e l’estate – gli attraversamenti della rotta mediterranea sono aumentati. Solo ieri l’Oim ha lanciato l’allarme che altri 95 migranti partiti dalla Libia sono alla deriva nel Mediterraneo su un’imbarcazione di fortuna e rischiano di naufragare.

L’Italia e gli accordi con la Libia

Nel 2020 gli annegamenti sulla “rotta mediterranea centrale”, quella che dalla Libia porta all’Italia, sono stati 101 e 168 i migranti dati per dispersi, riferisce l’Oim. Dal 2017, anno in cui l’Italia ha firmato il memorandum d’intesa con la Libia, almeno 40.000 persone sono state intercettate dalla Guardia costiera libica e riportate indietro, riporta l’Ispi.

Una settimana fa il parlamento italiano ha confermato l’invio di fondi alla Libia attraverso il controverso accordo firmato nel 2017. Un accordo per cui il 26 giugno il centro svizzero per la difesa dei migranti ha presentato una richiesta formale per l’avvio di una procedura di inchiesta relativa alla condotta dell’Italia nel Mediterraneo centrale.

Nonostante le proteste internazionali, le strategie dei governi europei per il controllo della migrazione attraverso il Mediterraneo ha continuato a concentrarsi sull’esternalizzazione del controllo delle frontiere alle autorità libiche incaricando queste ultime di intercettare e “respingere” i migranti che tentano l’attraversamento. E l’Italia è l’unico Paese europeo ad aver firmato un accordo formale.

Intanto le condizioni dei migranti e dei richiedenti asilo nel Paese si sono ulteriormente aggravate dopo l’offensiva lanciata ad aprile del 2019 dal generale Khalifa Haftar contro il governo del premier libico Fayez al-Sarraj.

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