A Chernobyl c’è la chiave per la vita su Marte: cosa possono insegnare i funghi che assorbono le radiazioni

Trovati sul reattore nel 1991, cinque anni dopo la tragica esplosione, i funghi neri continuano a stupire gli scienziati

Uno scudo per le radiazioni. E arriva proprio da Chernobyl, tragico scenario di uno dei più disastrosi incidenti nucleari della storia. La scoperta dello studio pubblicato su New Scientist, e riportato dal Daily Mail, è quasi incredibile come la stessa descrizione dei ricercatori che lo hanno portato avanti. « È la chiave per vivere su Marte», hanno detto, riferendosi al fungo sviluppatosi all’interno del reattore nucleare distrutto nell’esplosione del 1986.


Vita su Marte

Il gruppo di ricercatori dell’Università di Standford ha analizzato il fungo scoperto già nel 1991, cinque anni dopo l’incidente. Le radiazioni mortali vengono assorbite e convertite in energia. Non solo. Gli studiosi spiegano che «uno strato del fungo di circa 21 centimetri di spessore potrebbe in gran parte negare l’equivalente dose annuale dell’ambiente di radiazione sulla superficie di Marte». Più semplicemente, potrebbe permettere di vivere su Marte, finora pianeta inaccessibile a causa del suo elevato livello di radioattività.


«In grado di ricrescere in pochi giorni»

Gli scienziati, quindi, spiegano come il fungo sia stato già in grado di assorbire i dannosi raggi cosmici sulla Stazione Spaziale Internazionale e che quindi potrebbe essere utilizzato potenzialmente per le future colonie sul Pianeta Rosso. «Ciò che rende fantastico il fungo è che hai solo bisogno di pochi grammi per iniziare», ha detto a New Scientist uno degli autori dello studio, Nils Averesch: «si auto-replica e si auto-guarisce, quindi anche se c’è un bagliore solare che danneggia significativamente lo schermo radioattivo, sarà in grado di ricrescere in pochi giorni».

Oltre a non morire, il Cryptococcus neoformans, questo il nome scientifico del fungo anti-radiazione, cresce verso i raggi tossici, come se fosse attratto da essi. Una vera e propria radiosintesi che, dicono gli scienziati, «potrebbe avere potenzialità rivoluzionarie».

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