Belgrado, l’October Salon non riconosce la nazionalità dell’artista kosovaro Petrit Halilaj. E lui diserta

A curare l’edizione di quest’anno della rassegna, in programma a ottobre, sono due italiani: Ilaria Marotta e Andrea Baccin

Petrit Halilaj, classe 1986, è un artista visuale kosovaro che attualmente lavora tra Italia, Germania (vive a Berlino) e Kosovo. Ha annunciato ufficialmente, attraverso una lettera, di rinunciare a partecipare alla 58/ma edizione dell’October Salon di Belgrado, in Serbia. Il motivo? Gli organizzatori si sono rifiutati di indicare con chiarezza la sua nazionalità nei documenti e nei materiali di presentazione della rassegna.


La Serbia non riconosce il Kosovo come stato indipendente, e gli organizzatori hanno spiegato con ciò la loro decisione. L’October Salon è una manifestazione fondata nel 1960 dalla città di Belgrado. A curare l’edizione 2020 – intitolata The Dreamers e in programma dal 16 ottobre a Belgrado – sono due italiani, Ilaria Marotta e Andrea Baccin, fondatori di CURA, piattaforma editoriale con sede a Roma e dedicata al contemporaneo.


Cosa è successo

Prima il paese di origine di Petrit Halilaj – nato a Kostërrc, oggi Kosovo – non è stato indicato a maggio in un documento. L’artista, nelle cui opere non mancano i temi del conflitto etnico e della guerra – se ne è lamentato e allora nelle indicazioni il suo paese di origine è stato sostituito, come previsto dalla normativa serba per gli eventi ufficiali, da un asterisco che rimanda a una nota in calce in cui si afferma che si tratta di un territorio il cui status è ancora da definire.

EPA/HORST OSSINGER | Una installazione dell’artista Petrit Halilaj, kosovaro, al Museum Castle Moyland di Bedburg-Hau, Germania, 13 febbraio 2013.

Il Kosovo si è autoproclamato indipendente dalla Serbia nel 2008. Belgrado non ne ha mai riconosciuto l’indipendenza, ma ad oggi il Paese è riconosciuto da 96 stati dell’Organizzazione delle Nazioni Unite – tra cui l’Italia. Neanche in questo caso l’artista ci sta: alla fine l’October Salon decide di togliere i Paesi di origine per tutti i partecipanti alla rassegna. Ma Halilaj, che da bambino, durante la guerra, ha vissuto per due anni in un campo profughi, ha scelto alla fine di ritirare la sua partecipazione: la paura è che la sua installazione video possa essere accolta in modo sbagliato o strumentalizzata a livello politico, dice.

In copertina Petrit Halilaj /Palazzo Grassi

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