I boschi bruciano e la Forestale (per colpa della Legge Madia) deve restare a guardare

La Legge del 2016 ha accorpato i forestali all’Arma dei Carabinieri. L’allarme: «Competenze mai sostituite da ripristinare al più presto»

I boschi de L’Aquila continuano a bruciare. I vigili del fuoco, la Protezione Civile e i volontari delle zone limitrofe stanno facendo il possibile. Tutti tranne il Corpo Forestale, “costretto” a guardare senza poter far nulla. Mentre la terra abruzzese – ma non solo – viene mangiata dal fuoco, le competenze specifiche degli uomini e delle donne della fu Forestale infatti restano fuori gioco. Da quattro anni, non sono più titolati a intervenire. La Legge Madia ha soppresso il Corpo, trasferendone gran parte delle risorse all’Arma dei Carabinieri – che è provvisto sì, di un comando specifico per la Tutela Forestale, ma che si occupa di attività di prevenzione, sostegno e monitoraggio, «con una presenza sul territorio in termini di lotta attiva ben lontana da quella dell’ex forestale», come gli ambientalisti cercano di spiegare in questi giorni.


La soppressione del corpo

Una militarizzazione forzata che ha trasformato i forestali, prima del 2016 corpo civile, e che, secondo quanto continua a ribadire la Federazione Rinascita Forestale Ambientale, «ha segnato la perdita di competenze mai più sostituite». Nessuna polemica nei confronti del lavoro che il Corpo dei vigili del fuoco sta svolgendo in questi giorni, «ma di fatto si basano su una preparazione differente», spiegano gli ambientalisti. «Sono molto più specializzati sui centri abitati e abituati a operare con il distaccamento, nulla a che fare con la preparazione dei forestali e con il monitoraggio sul luogo 365 giorni l’anno».


La norma è nata nel 2016 con l’intento di accorpare le diverse forze di polizia del Paese e puntare quindi a una riduzione delle spese complessive. Il risultato è stato però anche la perdita di un’alta specializzazione che non può al momento più essere usata per esempio per la lotta agli incendi.

«Meno costi ma più rischi»

Per gli ex forestali si tratta di conoscere la cosiddetta «orografia» della montagna, e quindi i tratti specifici della zona, in base ai quali l’entità dell’incendio varia notevolmente. E poi i venti, le caratteristiche del sottobosco e della flora. Sapere, per esempio, individuare la presenza di resine, che rispetto ad altre tipologie di piante permettono una più veloce propagazione delle fiamme.

«La conoscenza dei boschi può fare la differenza, così come anche l’utilizzo degli elicotteri», spiega la Federazione Rinascita Forestali. Domare gli incendi ha costi molto elevati, ma l’affido dell’azione di spegnimento a elicotteri di aziende private avrebbe contribuito a un indebolimento delle competenze specifiche e a un «business degli incendi»: gli obiettori della legge Madia sottolineano come, come prima della del 2017, ci fosse una maggiore collaborazione «anche con gli stessi piloti, parti integranti di un’unica filiera di spegnimento».

Altro punto critico della smobilitazione del Corpo Forestale sarebbe la figura del Dos, il Direttore delle Operazioni di Spegnimento. Un ruolo specifico basato sull’esperienza decennale tra i boschi. «Il Dos conosce ogni angolo della montagna, i sentieri più utili e veloci per raggiungere un focolaio» continuano. «Perché si impiegano Direttori chiamati da zone lontane? Che non conoscono né il territorio da tutelare né le squadre Anti Incendio Boschivo (AIB) da coordinare?», si chiedono – aggiungendo però «un sincero e doveroso ringraziamento nei confronti dei vigili del fuoco e dei volontari di Protezione civile che in questi giorni stanno lottando come possono».

La Corte europea boccia l’Italia

La Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU)ha bocciato l’Italia sulla riforma del Corpo forestale e il decreto legislativo n. 177 del 2016 della legge Madia. Alla base della bocciatura la perdita, da parte dei forestali, che da civili sono stati “militarizzati”, del diritto alla libera associazione sindacale e allo sciopero. Secondo la Cedu una violazione dell’art. 11 della Convenzione europea, che tutela il diritto di libera riunione e associazione.

La prospettiva futura è ora quella di un accorpamento alla Polizia di Stato, con la formazione di una cosiddetta Polfor, Polizia forestale, ambientale e agroalimentare. Una possibilità diventata proposta di legge a firma del deputato M5S Maurizio Cattoi, e presa in esame in questi giorni dalle Commissioni Difesa e Affari Costituzionali.

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