Bielorussia, la denuncia di un 16enne: «Picchiato e arrestato senza ragione. Ma questa è la fine di Lukashenko» – L’intervista

Maxim – il nome è di fantasia – racconta a Open dell’arresto, della detenzione e delle violenze a cui lui e i suoi genitori sono stati sottoposti a Minsk, dove il regime sta sopprimendo ogni forma di dissenso

In queste ore a Minsk in Bielorussia migliaia di persone hanno sfilato nel nome di Alexander Taraikovsy, il 34enne ucciso dalle forze di polizia nel secondo giorno delle proteste che hanno seguito la controversa rielezione del presidente in carica da 26 anni, Alexander Lukashenko. Si tratta soltanto di una di molte storie che gradualmente stanno emergendo sulle violenze, i soprusi, le vere e proprie torture perpetrate ai danni dei cittadini bielorussi che hanno osato dire “no” a chi voleva far loro ingoiare l’ennesima elezione farsa.


L’arresto, le botte e le minacce. E poi la ricerca degli amici scomparsi

La violenza con cui è stato represso il dissenso nel Paese ha fatto storcere il naso all’Ue, che ha annunciato di non accettare il risultato elettorale. Lukashenko, sempre più isolato, ha respinto le proposte di mediazione e si è rivolto al presidente russo Vladimir Putin per lamentarsi di quella che definisce «aggressione che sta montando contro di noi».


Nel colloquio telefonico avvenuto tra i due, Putin si è detto «fiducioso» che in Bielorussia si trovi una rapida soluzione alla crisi. Nel frattempo, in piazza migliaia di manifestanti invocavano a grande voce la sfidante di Lukashenko, Svetlana Tikhanovskaya, che dal suo esilio a sua volta ha invocato la formazione di un governo di transizione.

Dopo le foto degli arresti e delle manifestazioni, i filmati di poliziotti che prendono a manganellate i manifestanti in piccoli “branchi” o dei giovani – giovanissimi – ragazzi che si filmavano nelle camionette mentre andavano a combattere contro i loro connazionali come se fossero in un videogioco, adesso i canali social dei media indipendenti e di alcuni giornalisti bielorussi trasmettono le storie dell’orrore dei sopravvissuti ai centri di isolamento e detenzione.

Tra loro c’è anche Maxim (nome di fantasia), 16enne di Minsk, che racconta di essere stato arrestato mentre attraversava la strada in compagnia di sua madre e della sua ragazza. Anche i suoi genitori sono stati arrestati: il padre è stato rilasciato soltanto ieri, la madre il giorno prima. Lui invece dopo circa 6 ore passate in cella, senza motivo.

EPA/YAUHEN YERCHAK | La cerimonia in memoria di Alexander Tarakhovsky a Minsk

«All’improvviso sono arrivati due furgoni piene di persone con il viso coperto. Mia madre e la mia ragazza sono riuscite a scappare. Io invece sono stato picchiato e mi hanno portato via, mi hanno trasferito su un camion della polizia e hanno gettato altre quattro persone nel camion, uno sopra l’altro, e ci hanno picchiati duramente. Eravamo in cinque in una piccola cella nel camion che potrebbe racchiudere una sola persona. Stavamo soffocando».

Poi cos’è successo?

«Poi ci hanno portato nella stazione di polizia – eravamo in tutto un centinaio di uomini – e ci hanno fatto sdraiare con le facce a terra. Sono stato in quella posizione per circa 6 ore prima che mi liberassero».

Ti hanno spiegato perché sei stato arrestato?

«No, non stavo nemmeno protestando, stavo solo attraversando la strada. Non riesco nemmeno a crederci quando ci penso. Hanno inventato le accuse, dicendo che avevo attaccato la polizia in un posto diverso da quello in cui mi trovavo. In Bielorussia accade così adesso, le persone vengono catturate, picchiate e detenute. I miei genitori sono stati arrestati più tardi sempre quella sera. Erano venuti a cercarmi in una stazione della polizia e improvvisamente è arrivato un altro camion delle forze dell’ordine. Mia madre è stata rilasciata dopo due giorni, mio ​​padre dopo tre. Quello che è successo a loro è ancora peggio».

Un’immagine delle persone in attesa fuori dal centro di detenzione Akrescina a Minsk per cortese concessione dell’intervistato

Perché?

«Li hanno mandati in un posto speciale, un centro sulla strada Akrescina a Minsk. In questo momento sembra davvero un campo di concentramento. Le condizioni erano terribili, li hanno costretti a cantare l’inno nazionale e a recitare preghiere, sono stati picchiati uno di fronte all’altro, denudati e minacciati. Mia madre ha il diabete e le sono state negate le medicine».

Che violenze avete subìto?

«Io ho molti lividi e anche i miei genitori li hanno – in questa prigione dove si trovavano hanno anche messo le persone in una posizione tale per cui le loro mani iniziavano a fare molto male. A me hanno minacciato di cacciarmi dall’università e che mi avrebbero trovato e ucciso. Hanno anche minacciato mia madre quando ha chiesto di chiamare un medico, dicendo che le avrebbero lanciato una granata»

Conoscete altre persone che hanno vissute esperienze simili?

«Molti dei miei amici sono stati arrestati. Uno di loro, 18 anni, è stato condannato a una pena di 25 giorni: adesso si trova in ospedale perché è stato picchiato così duramente che non riusciva più a muovere le mani. Alcuni dei miei amici sono scomparsi, siamo riusciti a trovarne la maggior parte, ma alcuni mancano, perché le persone vengono mandate da Minsk in altre città, visto che le carceri qui sono sovraffollate. Anche mio zio è stato arrestato».

Adesso che è libero tornerà in piazza?

«Penso che prenderò parte alle manifestazioni. Secondo alcuni media il nostro ministro dell’Interno ha condannato le azioni della polizia, ma noi non ci crediamo, perché è stato lui a ordinarle. L’intero sistema deve cambiare. Il nostro presidente ha perso le elezioni e deve accettarlo. Avevo preso parte alle proteste anche prima delle elezioni per via del fatto che gli altri candidati erano stati esclusi e ho partecipato alle manifestazioni del 9 agosto, nel giorno delle elezioni. Le proteste stanno continuando in questo momento, sono molto pacifiche e penso che mi unirò».

Cosa pensa del gesto di portare dei fiori alla polizia in segno di pace, come hanno fatto alcuni e alcune manifestanti in questi giorni?

«Penso che, come ha detto Jimi Hendrix, ‘quando il potere dell’amore supererà l’amore per il potere’, il mondo sarà un posto migliore. Approvo fermamente queste azioni e penso che questa sarà una forte mobilitazione di pace. Penso che molte di queste persone non abbiano modo di capire cos’è l’amore e cos’è la misericordia, ma penso che sia un ottimo modo per dimostrare che le nostre proteste sono pacifiche».

L’Unione europea sta facendo abbastanza?

«Sono grato agli Stati baltici e alla Lituania e ai diversi paesi per aver espresso la loro posizione in modo molto chiaro, rifiutando di riconoscere Lukashenko, tuttavia ritengo che debbano essere imposte sanzioni severe e il tribunale internazionale debba agire come fece dopo le guerre in Jugoslavia».

Oggi è fiero di essere bielorusso?

«Abbiamo sempre avuto un problema con il governo: Lukashenko è al potere da 26 anni, da 10 anni prima che io nascessi. Le proteste vanno avanti da molto tempo: amo il mio Paese e la mia gente, ma c’è uno stato di polizia brutale e penso che sia arrivato il momento di affrontarlo».

In copertina EPA/YAUHEN YERCHAK | Bielorussi alla commemorazione di Alexander Tarakhovsky a Minsk, Bielorossia, 15 agosto 2020.

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