Cosa sta succedendo davvero in Bielorussia

Le ultime mosse di Lukashenko mostrano come il leader bielorusso abbia ormai bisogno della protezione del Cremlino per sopravvivere. E a Minsk sono già arrivati militari e commentatori tv allineati

Anche lo scorso weekend decine di migliaia di persone sono tornate a riempire pacificamente le strade della capitale bielorussa per chiedere le dimissioni di Alexandr Lukashenko, la giornata si è conclusa con più di 630 arresti. Ormai è passato un mese dalle elezioni e fino adesso la rivolta in Bielorussia non è stata violenta, né anti-russa, ma il comportamento del regime e i progetti del Cremlino potrebbero far cambiare le cose.


Il fatto più inquietante degli ultimi giorni, però, è quanto successo a Maria Kolesnikova. Nelle ultime 48 ore era sparita, rapita da uomini incappucciati e caricata su un furgone. Le forze di sicurezza governative inizialmente hanno negato ogni coinvolgimento, e la sorte dell’oppositrice è rimasta ignota fino a ieri.


Secondo il piano Kolesnikova doveva essere espulsa con la forza in Ucraina, ma arrivati al confine lei ha strappato il passaporto, fornendo così alle guardie di frontiera ucraine un pretesto per respingerla e costringere le forze di sicurezza bielorusse a riportarla via con loro. Attualmente è detenuta in un carcere di Minsk.

Gesti estremi in un paese che sta vivendo un momento cruciale dopo 26 anni passati sotto un regime che ogni giorno che passa continua ad oltrepassare quei limiti – discutibili, ma purtroppo funziona così – che permettevano alle diplomazie di mantenere una certa tolleranza nei confronti dell’ultima dittatura d’Europa. 

Il significato della tentata espulsione di Maria Kolesnikova

Non esiste una regola fissa per stabilire se una rivoluzione è destinata ad avere successo, ma spesso uno degli segnali che anticipano il fallimento è la fuga o l’esilio del leader. La principale figura dell’opposizione bielorussa, Svetlana Tikhanovskaya, ha lasciato il paese rifugiandosi in Lituania insieme ai suoi figli. Per questo era molto importante la presenza sul posto di altri esponenti dell’opposizione politica, e quindi il ruolo di Kolesnikova.

Musicista 38 enne con un passato di studio e lavoro in Germania, Kolesnikova si era occupata della campagna elettorale di Viktor Babariko, un banchiere tra i leader del movimento per la democrazia arrestato due mesi prima delle elezioni. Negli ultimi giorni Koleniskova e lo staff di Babariko avevano annunciato la creazione di un nuovo partito, con l’obiettivo di assumersi il rischio e la responsabilità di avviare un piano di riforme costituzionali ed economiche dialogando con il regime.

Una decisione che segnava una separazione dalla linea della leader in esilio Tikhanovskaya, un tentativo di realizzare alcuni cambiamenti accettando di mettersi al tavolo con Lukashenko. Ecco quindi perché il tentativo di esiliare Kolesnikova è particolarmente significativo e rivela le vere intenzioni del regime, e di Vladimir Putin.

La Russia e l’annessione graduale della Bielorussia

Fin dai primi giorni della rivolta le cancellerie occidentali temono un intervento armato della Russia per riportare l’ordine a Minsk, ma la Bielorussia è diversa dalla Georgia o dall’Ucraina. L’obiettivo del Cremlino stavolta è sfruttare la debolezza di Lukashenko per ottenere l’annessione pacifica di un paese che considera parte integrante di sé.

Per Putin il padre-padrone dei bielorussi è sempre stato un ottimo alleato, ma intemperante, esigente e fermo sulla sua posizione di indipendenza, sempre pronto a controbilanciare le richieste di Mosca gettando uno sguardo verso Occidente. 

Adesso però Lukashenko ha bisogno del Cremlino ed è disposto a ubbidire come mai prima d’ora. Ecco quindi che a Minsk sono arrivati consiglieri militari e dei servizi di sicurezza russi, ma anche conduttori televisivi che hanno preso il posto dei colleghi bielorussi (in sciopero) per portare avanti strategie di propaganda che delegittimano le opposizioni, presentate come prodotto di macchinazioni straniere, agenti segreti di una rivoluzione falsa, persone da delegittimare pubblicamente e minacciare personalmente.

Le opposizioni reali vanno decapitate per far subentrare quelle costruite ad arte, fedeli a Mosca, con le quali avviare un periodo di riforme che potrebbe anche includere un’uscita di scena di Lukashenko. 

Una crisi destinata ad aggravarsi

Ma non adesso. Ieri in un’intervista ad alcuni media russi il padre-padrone ha fatto un po’ di autocritica, ma ribadendo di non avere alcuna intenzione di dimettersi e lasciare il paese nelle mani di opposizioni che, a detta sua, distruggerebbero la Bielorussia. Anche il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha dichiarato che non possono esserci contatti tra le autorità russe e l’opposizione bielorussa, chiudendo a ogni intermediazione. 

Ecco quindi perché quanto accaduto a Kolesnikova è ancora più preoccupante di quanto già non appaia: è la conferma che Mosca ha intenzione di proteggere Lukashenko e controllare ogni cambiamento nel paese. 

Se fino adesso la piazza della Bielorussia non è stata anti-russa e filo-atlantica come in Ucraina, adesso che le reali prospettive del destino dei bielorussi – soprattutto dei più giovani – cominciano a delinearsi, la crisi potrebbe inasprirsi gravemente e costringere i Paesi occidentali a prendere una posizione che vada oltre le semplice sanzioni commerciali e individuali.

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