Usa 2020, la rivolta dei Vip contro Zuckerberg. Anche Kim Kardashian sospende il proprio account Instagram per 24 ore

La star dei reality è soltanto l’ultima di tante celebrità che hanno deciso di boicottare Menlo Park, accusata di non fare abbastanza per contrastare odio e fake news

Anche Kim Kardashian si schiera contro Mark Zuckerberg. La star dei reality diventata celebrità mondiale ha deciso di aderire alla campagna #StopHateforProfit che, come dice il nome stesso, propone di boicottare i social media accusati di fare cassa alimentando odio (in particolare contro le minoranze), esacerbando le divisioni sociali e favorendo la diffusione di fake news. Il contesto è quello delle elezioni presidenziali – che avranno luogo il 3 novembre – e l’obiettivo è evitare un ripetersi delle scorse elezioni, tra bot di matrice straniera che seminavano discordia e troll che pompavano il web di contenuti fuorvianti per condizionare il voto.


Così, anche Kardashian ha deciso di non utilizzare il suo account Facebook e Instagram (sempre di proprietà della compagnia di Zuckerberg) per 24 ore, fino a domani 17 settembre. Oltre a lei hanno aderito alla campagna anche una serie di celebrità, come gli attori Leonardo Di Caprio, Sacha Baron Cohen e Jennifer Lawrence e la cantante Katy Perry. Anche Micheal Jordan ha detto “basta”. Potrà sembrare velleitario ma in realtà il boicottaggio – partito a giugno – ha fatto crollare il valore di Facebook, costando a Zuckerberg svariati miliardi di dollari.


Facebook prova a raddrizzare il tiro, ma per gli attivisti (e i Vip) non è abbastanza

Oltre alle celebrità, infatti, diversi marchi importanti – come Adidas – hanno deciso di ritirare la pubblicità dalla piattaforma. Facebook è stata costretta a rispondere. Innanzitutto, l’azienda ha creato una serie di posizioni al suo interno per controllare gli utenti affinché rispettino i diritti civili. Poi, si è lanciata nel tentativo di estirpare alcuni gruppi estremisti che utilizzavano la piattaforma per diffondere odio, come Boogaloo – ma in questo caso con limitato successo.

Ieri invece, sia Facebook sia Twitter hanno sospeso diversi account che, secondo il Washington Post, diffondevano bufale pro-Trump per conto di Turning Point Action, affiliata dell’organizzazione per giovani conservatori Turning Point USA. Recentemente Facebook ha fatto ciò che si era rifiutata di fare in precedenza, segnalando un post di Donald Trump in cui il presidente metteva in dubbio la regolarità del voto postale. Ma per gli organizzatori del boicottaggio non è abbastanza.

«Per usare un termine molto caro alla leadership di Facebook – si legge sul loro sito – i tentativi dell’azienda di affrontare il tema di come i loro algoritmi diffondono l’odio, le teorie del complotto violento e la disinformazione è chiaramente “non autentico”». Tutti i limiti dei tentativi di riforma di Facebook sono emersi nel caso della sparatoria a Kenosha nel Wisconsin, dove un ragazzo di 17 anni è accusato di aver ucciso due manifestanti che protestavano a nome di Jacob Blake, un ragazzo afroamericano ferito dalla polizia.

Prima della sparatoria decine di utenti avevano segnalato a Facebook una pagina sul social media che incoraggiava le persone ad armarsi contro i manifestanti e che la compagnia non ha rimosso per tempo. Zuckerberg ha dichiarato che si è trattato di «un errore operativo», risultando però poco convincente. E così il boicottaggio continua. «Non posso restare in silenzio mentre queste piattaforme continuano a consentire la diffusione di odio, propaganda e disinformazione», ha twittato Kardashian, il cui account è il settimo più seguito al mondo su Instagram. «Per favore, unitivi a me e diciamo a Facebook di #StopHateforProfit».

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