Firmato il primo contratto dei rider. Cosa contiene e perché il Governo l’ha giudicato illegittimo

L’intesa è storica trattandosi di uno dei primi esempi di regolamentazione mediante contratto collettivo delle prestazioni lavorative dei fattorini autonomi. Ma c’è l’opposizione del Governo e dei sindacati CGIL, CISL e UIL

L’accordo firmato il 16 settembre tra Assodelivery – associazione rappresentativa del settore food delivery in Italia – e il sindacato Ugl (Unione generale del lavoro) è per molti versi storico. L’intesa, infatti, costituisce uno dei primi esempi di regolamentazione mediante contratto collettivo delle prestazioni lavorative dei rider inquadrati con contratto di lavoro autonomo, ed è la prima che applica, in Italia, la riforma approvata lo scorso anno (d.lgs. 128/2019); riforma che conteneva un “invito” alle parti sociali di definire il compenso minimi per i rider.


A chi si applica

Il nuovo contratto collettivo si applica ai rider che prestano la propria attività come lavoratori autonomi nel settore del food delivery italiano; modalità contrattuale, questa, oggetto di molte contestazioni di natura ideologica, ma molto più vicina di quanto si possa immaginare alle concrete modalità di svolgimento della prestazione. Non rientrano, quindi, nel campo di applicazione dell’intesa i rider che svolgono la propria attività in regime di lavoro subordinato.


Le nuove tutele

Il contratto introduce, tra le diverse novità, compensi minimi, indennità integrative, incentivi, bonus, dotazioni di sicurezza, assicurazioni, attività di formazione per i rider. 

In particolare, troviamo all’interno del CCNL: 

  • un compenso minimo di 10 Euro per ora lavorata;
  • indennità integrative del 10%, 15% e 20% nel caso in cui si verifichino una, due o tutte le seguenti condizioni: lavoro notturno, lavoro durante le festività e maltempo; 
  • un incentivo orario di 7 Euro anche nel caso di assenza di proposte lavorative per i primi 4 mesi dall’apertura del servizio di food delivery in una nuova città;
  • bonus di 600 Euro ogni 2.000 consegne effettuate;
  • dotazioni di sicurezza a carico delle piattaforme di food delivery: indumenti ad alta visibilità che dovranno essere sostituiti ogni 1.500 consegne e caschi (per i rider che utilizzano la bici) che dovranno essere sostituiti ogni 4000 consegne;
  • coperture assicurative contro gli infortuni (Inail) e per danni contro terzi;
  • attività di formazione (sicurezza stradale e sicurezza nel trasporto degli alimenti);
  • divieto di discriminazione, pari opportunità e tutela della privacy;
  • contrasto al caporalato, al lavoro irregolare e alla criminalità;
  • diritti sindacali (giornate e ore previste per i rider che ricoprono il ruolo di dirigenti sindacali).

Le reazioni alla firma del CCNL

La firma del contratto collettivo ha suscitato diverse reazioni negative, soprattutto per la composizione della parte sindacale: spicca, tra i firmatari, l’assenza delle Organizzazioni sindacali aderenti a CGIL, CISL e UIL.

Questa assenza ovviamente ha scatenato un dibattito politico e ha anche stimolato un intervento del Ministero del Lavoro che ha sollevato dubbi sulla legittimità giuridica di un accordo sindacale sottoscritto da una sola organizzazione dei lavoratori.

Dubbi che si fondano su argomenti giuridici che il Ministero del Lavoro presenta come solidi e indiscutibili quando, invece, sono ancora molto incerti: la mancanza di regole certe sulla rappresentatività sindacale non consente a nessuno (come dimostra la copiosa giurisprudenza sul tema) di dare “patenti” di legittimità a questo o quell’altro accordo collettivo.

Piuttosto che lanciarsi su un terreno cosi scivoloso, il Ministero avrebbe probabilmente dovuto affrontare in maniera più aperta e politica la questione, esprimendo una valutazione di merito su un’intesa che spiazza tutti, ma ha comunque il pregio di rompere uno stallo che dura da troppo tempo. 

Non è certo con la minaccia di mandare gli ispettori del lavoro che si può affrontare un tema così complesso e non si può  pretendere di assegnare il monopolio dell’innovazione solo ad alcune parti sociali. 

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