Referendum, il fumettista Wallie: «Non sono certo del voto. La mia generazione non ha fiducia nella politica» – L’intervista

Abbiamo chiesto a uno scrittore, un fumettista e un ricercatore in economia, tutti under 35, cosa pensano del taglio dei parlamentari e, in generale, della classe politica italiana. Ecco il punto di vista di Walter Petrone, fumettista e illustratore

L’election day è arrivato: oltre alle consultazioni regionali e comunali, circa 50 milioni di italiani sono chiamati a esprimersi sul quesito referendario. «Approvate il testo della legge costituzionale concernente “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n.240 del 12 ottobre 2019?».


In estrema sintesi, si chiede ai cittadini di approvare o meno la riduzione del numero di parlamentari, da 945 a 600. I deputati, da 630, passerebbero 400, mentre i senatori da 315 diventerebbero 200. Wallie, nome d’arte di Walter Petrone, è un fumettista e illustratore con un seguito da rockstar sui social. Non ha ancora deciso cosa votare al referendum: «Sento che oggi ci sono sempre meno punti di contatto tra le mie idee e quelle dei partiti più “popolari”».


In generale, consideri l’efficienza del Parlamento italiano uno dei problemi principali del sistema Paese?

«Sì. Ovviamente è la punta dell’iceberg, sott’acqua c’è un disinteresse da parte del cittadino medio, ma credo che, almeno per quelli della mia generazione (sono nato nel ‘95) sia la naturale conseguenza dell’inefficienza e confusione che la classe dirigente ha dimostrato negli ultimi anni».

Voterai sì o no al referendum? Perché?

«Ho già un mio pensiero ma è in fase di elaborazione e non me la sento di esprimerlo pubblicamente, potrebbe ancora cambiare ed in generale credo che la gente nell’esprimere la propria opinione spesso si ritenga depositaria di verità e certezze che non esistono, le questioni politiche di questo Paese sono a volte molto complesse e la linea tra giusto e sbagliato è davvero sottile».

Qual è il tuo rapporto con la politica?

«Attualmente mi sento sfiduciato. Sento che oggi ci sono sempre meno punti di contatto tra le mie idee e quelle presentate dai partiti più “popolari”».

Pensi che in Italia ci sia un problema di democrazia?

«Viviamo in un Paese in cui si può ancora criticare liberamente la classe politica e mi ritengo fortunato già per questo. Se pensiamo a cosa succede ancora oggi in Paesi come la Bielorussia, dove la dittatura ha preso il sopravvento da decenni e i manifestanti vengono repressi con la forza, penso che tutto sommato mi sia andata bene. Semmai si può discutere sulla validità generale della democrazia che ovviamente come ogni cosa ha i suoi punti deboli, ma è un discorso molto politico e molto filosofico nel quale preferirei non addentrarmi».

Ti sembra che i politici, oggi, abbiano abbastanza a cuore il futuro dei giovani?

«È una risposta quasi scontata, no. Il Paese si indebita costantemente e saranno soprattutto le generazioni future a sobbarcarsi queste problematiche».

Cosa possono fare invece i giovani per dare il proprio contributo alla vita politica, sociale ed economica del Paese?

«Sovvertire le regole, scardinare tutte queste convenzioni che ormai abbiamo accettato, che fanno arrabbiare anche me, che sono un tumore nella nostra politica. In generale, re-innamorarsi della materia verso la quale specialmente noi giovani nutriamo una forte sfiducia».

Hai mai pensato di trasferirti all’estero per cercare un contesto giuridico ed economico migliore?

«Ai tempi del liceo ero praticamente sicuro che sarei finito a vivere e lavorare in un altro Paese proprio per le ragioni di cui sopra. Ma sono riuscito a fare il fumettista in Italia, e sono felice di lavorare qui. Molti dei miei amici e colleghi non hanno avuto la stessa fortuna».

Vorresti fare un appello alla classe dirigente italiana?

«So che è un periodo difficile, ma dalle vostre scelte, ora più che mai, dipendono l’umore e la salute mentale dei vostri concittadini. Non dimenticate mai chi siete e da dove siete venuti».

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