Torna a evocare uno scenario da fase 1, Andrea Crisanti, parlando di mobilità. In un’intervista al Messaggero, il direttore del Laboratorio di Virologia e microbiologia dell’università di Padova ha parlato della necessità di limitare gli spostamenti tra regioni con diverso indice di contagio da Coronavirus. Si tratta – dice – di un «principio di assoluto buonsenso». Ma oltre a limitare gli spostamenti da un’area con i numeri dei contagi «fuori controllo», bisogna fare attenzione alla mobilità anche in un’ottica interna. Con l’arrivo dell’autunno e con la ripresa delle attività scolastiche e produttive, i mezzi di trasporto dovrebbero diventare degli osservati speciali. Soprattutto quelli che muovono grandi quantità di persone e per un tempo prolungato: «I trasporti dei treni pendolari – dice – sono i più problematici, perché sono quelli dove c’ è più affollamento. Quel tipo di assembramento che vediamo non è certo rassicurante».
E per quanto riguarda il controllo della catena di contagio, secondo Crisanti è percorribile, dove necessario, anche l’ipotesi di mini-lockdown. «Se un presidente di una Regione verificasse che ci sono molti casi – spiega – penso che dovrebbe identificare le aree dove ci sono i contagiati e creare delle zone rosse proprio là». «Prima di arrivare a chiudere un’intera regione – insiste – è necessario usare una certa gradualità». Una gradualità che probabilmente non si spingerà, per ragioni politiche, fino a una nuova chiusura nazionale. Ma se la si vuole evitare è necessario lavorare affinché non vi siano le condizioni per un lockdown. Bisogna investire, cioè, più che nelle restrizioni, nel tracciamento: è necessaria «una rete di laboratori centralizzata, delle linee guida precise per l’ utilizzo dei vari test e il tracciamento sistematico di ogni singolo focolaio per eliminarlo».
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