Le teorie di complotto sul servizio di “La vita in diretta” nel reparto Covid e il paziente senza protezioni

di David Puente

Un servizio Rai presso un reparto Covid a Torino viene utilizzato in maniera impropria per inutili polemiche alimentando il negazionismo

La pagina Facebook Buffonate di Stato pubblica, il 17 novembre 2020 mattina, un video in cui viene mostrato un servizio televisivo de La vita In diretta (Rai2) presso un reparto Covid19. Secondo i gestori anonimi della pagina, seguita da 100 mila utenti, risulta strano che all’interno della stanza dell’ospedale ci sia un paziente senza protezioni.

Un falso servizio? Questa è l’insinuazione che lancia pagina Facebook, deridendo il tutto con l’ausilio di diversi audio dove si sentono risate scomposte. Il problema è che non c’è niente da ridere e gli autori del video ignorano la realtà dei fatti alimentando ulteriore disinformazione e le teorie di complotto sulla Covid19.

Per chi ha fretta

  • Le riprese sono state fatte in un reparto sub-intensivo, non in terapia intensiva;
  • nei reparti Covid19 sub-intensivi ci sono anche pazienti che non necessitano dei caschi respiratori;
  • nei reparti Covid19 ci sono solo malati Covid19.

Analisi

Durante l’arco della giornata, il servizio de La vita in diretta è stato riproposto su diverse piattaforme social, da Facebook a Twitter e Telegram, etichettandolo come falso e utile al «terrorismo mediatico». C’è chi, come il giornalista Cesare Sacchetti – noto a Open per altri casi di disinformazione – pubblica un tweet in inglese per sostenere che la televisione italiana mostri un reparto di terapia intensiva in cui uno dei pazienti non sembri averne bisogno:

This was aired by the Italian TV in an intensive care unit. Look at the guy on the left. Does he look like someone who needs an intensive-care treatment? Besides, since when are TV operators admitted in intensive care units? If you turn the TV off, you turn the “pandemic” off.

Il post di disinformazione della pagina Buffonate di Stato

Un utente, rispondendo a Sacchetti, alza l’asticella del complottismo sostenendo che sia un set costruito da Canale 5:

Nelle terapie intensive è vietato l’ingresso a chiunque
Quella è una terapia intensiva ricostruita a canale 5
Il tizio un partecipante di Uomini e Donne programma demenziale per esauriti

A parte che l’utente che risponde a Sacchetti sbaglia persino canale televisivo, insieme al giornalista dimostra di non aver capito, da inizio emergenza Covid19 ad oggi, che cos’è una terapia intensiva. Il servizio non è stato affatto ripreso all’interno di una terapia intensiva, ma in sub-intensiva dove i pazienti non vengono intubati. Ecco le differenze tra i due reparti spiegate dal sito dell’ospedale San Raffaele di Milano:

Per i pazienti meno critici, ma che necessitano comunque di un costante monitoraggio, il supporto delle funzioni vitali può avvenire anche all’interno delle cosiddette terapie sub-intensive, tramite macchinari meno invasivi.

Tra questi ci sono le maschere per la ventilazione non invasiva e i caschi respiratori per la CPAP (Continuous Positive Airway Pressure): caschi collegati a una macchina per la ventilazione, in cui aria e ossigeno sono presenti con una pressione maggiore di quella atmosferica per aiutare gli alveoli polmonari a lavorare meglio.

L’obiettivo della sub-intensiva è quello di intervenire in tempo, e con supporti non invasivi come l’intubazione, per impedire la progressione della malattia e per evitare che i reparti di terapia intensiva vengano sovraccaricati.

L’immagine condivisa in una chat QAnon.

Non tutti i pazienti presenti in questo tipo di reparto necessitano per forza del casco respiratore, nei pazienti meno gravi viene dato l’ossigeno tramite la normale e apposita mascherina. Infine, chi diffonde con leggerezza e polemica il video non sa se quel paziente, accanto a quello intervistato da La vita in diretta, sia in via di guarigione e in dirittura da arrivo per una futura dimissione.

Il tweet di Francesca Totolo de Il Primato Nazionale che parla di terrorismo mediatico

Il servizio, andato in onda durante la puntata del 16 novembre 2020 (minuto 00:42:30 circa), è stato girato presso un reparto di sub-intensiva Covid19 dell’ospedale Amedeo di Savoia di Torino, come quello che ho visitato e ripreso a Varese.

Tornando al post Facebook della pagina Buffonate di Stato, l’utente Kanon ritiene che «il virus e così contagioso e pericoloso che lasciano uno senza protezione alcuna ed accanto uno con il casco che sembra Ironman».

L’utente Kanon conclude il commento con un «beata ignoranza», infatti ignora che nei reparti Covid19 ci sono malati Covid19, non ci sono altri pazienti con altre patologie. Risulta strano che venga valutato il rischio contagio di Sars-Cov-2 tra due pazienti che sono già infetti da Sars-Cov-2.

Una delle immagini diffuse su Telegram nei canali dei QAnon e negazionisti della Covid19.

Ricordiamo che questi reparti sono chiusi ad altri pazienti e personale non adeguatamente protetto, dove per accedere bisogna seguire un severo protocollo che raccontavo anche nell’articolo del 31 ottobre.

Il nastro che segna il confine e l’operatrice sanitaria che rimuove dalle scarpe la seconda protezione usata per spostarsi da un reparto all’altro.

Nei commenti della pagina Facebook Buffonate di Stato troviamo anche quello di Mariagrazia che contesta il fatto che i giornalisti possano entrare nei reparti mentre vengono negate le visite ai parenti. Immaginate se in un reparto con 40 pazienti possa entrare almeno un parente al giorno, ciò vorrebbe dire impegnare gli operatori sanitari a fornire e vestire 40 visitatori, consumando 40 tute protettive, 80 paia di guanti, 40 mascherine e via dicendo.

Il momento in cui mi aiutavano a indossare il secondo paio di guanti.

Vestirsi in quel modo è molto fastidioso, si suda tantissimo e si fa fatica a vedere se si portano gli occhiali come il sottoscritto. Non potevo toccare nulla e dovevo essere aiutato anche nella svestizione, seguendo anche per quello un protocollo di sicurezza e successiva pulizia per evitare di portare fuori il virus e venirne a contatto. Detto questo, questi reparti non vengono visitati da 40 giornalisti al giorno e non sempre gli ospedali si rendono disponibili ad ospitarli.

Conclusioni

Non è affatto strano che in un reparto Covid19 sub-intensivo, come quello ripreso dalle telecamere di La vita in diretta, ci siano pazienti che non necessitano del casco respiratore.

Siccome in questi reparti ci sono solo pazienti Covid19 non è possibile sostenere che la persona nel video senza protezioni e senza casco respiratore non sia un paziente malato di Covid19.

La diffusione del video pubblicato dalla pagina Facebook Buffonate di Stato, così come alimentare il dubbio ignorando la realtà dei fatti, crea ulteriore confusione nei cittadini e alimenta ulteriormente le teorie di complotto e il negazionismo sulla Covid19, tra i migliori alleati del virus.

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