Coronavirus, i numeri in chiaro. Il matematico Sebastiani: «L’epidemia sta decelerando, ma il peggio deve ancora arrivare»

di Giulia Marchina

Per il matematico, concedere di trascorrere il Natale in famiglia, in gruppi troppo numerosi, sarebbe un errore: «Io non lo farei». E mette in guardia: «Gennaio e febbraio sono mesi in cui c’è il picco di influenze. E così come l’influenza si diffonde più facilmente, la stessa cosa succederà per il Covid»

Sono 562 le vittime della giornata di oggi, 22 novembre, in Italia. Nelle ultime 24 ore, il numero di nuovi casi con diagnosi di Coronavirus è arrivato a 28.337, in diminuzione rispetto a ieri quando il numero dei nuovi contagi ammontava a 34.767, stando a quanto riportato dal bollettino della Protezione civile. Il numero di tamponi effettuati oggi è di circa 188 mila, ieri era di 237 mila. Rispetto a ieri il numero delle terapie intensive è aumentato di 43 unità: da 3.758 3.801. Attualmente, sono oltre 34 mila i ricoverati con sintomi. «Secondo i grafici e le stime, il peggio deve ancora arrivare», spiega il matematico Giovanni Sebastiani.


Professore, in quale scenario ci troviamo?


«Oggi la percentuale tra nuovi positivi e tamponi testati si aggira intorno al 27%. I valori che abbiamo ci dicono che siamo al picco o quanto meno molto vicini, ma magari abbiamo da poco scavallato. Insomma, siamo al punto massimo di diffusione del virus. Quando lo avremo superato potremo localizzarlo esattamente nel tempo».

Invece le terapie intensive e i ricoverati con sintomi?

«Entrambe le curve si sono appiattite».

Il che significa?

«Che gli effetti dell’ultimo Dpcm cominciano a vedersi concretamente».

A Natale riaprirebbe tutto per concedere di passare le feste con la propria famiglia, in gruppi troppo numerosi?

«Io non lo farei, anche perché ricordiamo che il peggio deve ancora arrivare».

Cosa consiglia?

«Dobbiamo limitare i contatti al massimo. Con tutte le precauzioni del caso, comunque, non mi aspetto ci sia una discesa così rapida della curva. Abbiamo iniziato a decelerare da un mese circa con la percentuale dei nuovi casi-tamponi testati. Finché quella percentuale non scende sotto al 10% meglio non mollare la presa. Dobbiamo tornare ad un livello d’incidenza che permette di tracciare i contatti dei positivi».

Cosa intende con “il peggio deve ancora arrivare”?

«Dobbiamo essere consci che arrivano gennaio e febbraio, che sono mesi in cui c’è il picco di influenze. E così come l’influenza si diffonde più facilmente, la stessa cosa succederà per il Covid. In quel momento avremo bisogno di un’ulteriore stretta. In primavera spero ci sia il supporto di un vaccino».

Quindi non è il momento di abbassare la guardia…

«Esatto. Poi bisognerà affrontare il grande dibattito sulla scuola, che io considero una delle maggiori cause di questo ritorno a valanga del virus. Se si torna in presenza questa volta bisognerà avere un piano d’attacco fatto meglio. Intendo i trasporti potenziati, gli orari delle lezioni  differenziati, ma per davvero, con le scuole secondarie al pomeriggio, etc. Inoltre, test rapidi, di gruppo e frequenti per gli studenti. Infine esorto gli studenti a non essere timidi: chi sa che la mascherina va messa, dia l’esempio e la indossi mentre è con i suoi amici. È troppo facile fare quello che fa la maggioranza»

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