Coronavirus, i numeri in chiaro. Pregliasco: «Siamo arrivati al plateau dei contagi. Il lockdown soft sta funzionando»

di Valerio Berra

Le piste da sci? «Possono creare dei rischi, esattamente come hanno fatto le discoteche questa estate».

La prima volta che il termine plateu è stato introdotto nella cronaca di questa epidemia era aprile. Allora l’Italia si era appena confrontata con il primo lockdown, una chiusura totale del Paese e delle sue attività che fino a questo momento non si è ancora ripresentata. Oggi torna a parlarne nella nostra rubrica Numeri in chiaro l’epidemiologo Fabrizio Pregliasco, commentando il bollettino odierno. Nelle ultime 24 ore i nuovi casi registrati di Coronavirus sono stati 29.003, mentre le vittime sono arrivate a 822. Dati ancora alti, a cui si legano anche quelli delle terapie intensive scesi di due unità. Al momento sono 3.846.


I contagi di oggi sono stabili. Abbiamo superato il picco della seconda ondata?


«Siamo arrivati al plateau, anche se l’andamento giornaliero è oscillante. Non c’è più quella crescita esponenziale che ci inquietava fino a poco tempo fa. Per fortuna il valore dei positivi è ancora basso: tutto sommato questo lockdown soft sta dando comunque degli effetti, con una riduzione dei numero di contatti tra le persone».

Il numero delle vittime però è molto alto.

«Sì, è il più alto dall’inizio della seconda ondata. Le vittime sono l’effetto di una fase espansiva che è iniziata a settembre. E quello dei decessi sarà l’ultimo dato a migliorare, come successo con la prima ondata».

In Lombardia sono diminuite rispetto a ieri le terapie intensive. È un buon segnale?

«Certo, è un buon segnale, anche secondo i dati di Areu (Azienda Regionale Emergenza Urgenza, ndr) si evidenzia un numero più basso di chiamate al 118. La presenza dei malati in terapia intensiva però non è un dato che racconta dell’andamento giornaliero: come sappiamo in questi reparti i malati hanno una certa permanenza».

Ha senso aprire le piste da sci per la stagione invernale?

«Secondo me no. Si tratta di un’attività che è in quota solo di una parte di popolazione, quella che se la può permettere. Può creare dei rischi, esattamente come hanno fatto le discoteche questa estate. Certo, mi rendo conto che per tutta quella filiera di lavoratori vorrà dire sacrificarsi per la comunità».

AstraZeneca ha ammesso il suo errore sulla sperimentazione del candidato vaccino. Si sta andando troppo veloci?

«Non c’è stato un progetto affrettato: le valutazioni sulla sicurezza di questo vaccino sono paragonabili a tutti gli altri vaccini sperimentati. Si è stressato molto il concetto della Fase 3 ma poi c’è anche la Fase 4. Una volta sul mercato, tutti i prodotti devono essere monitorati anche per scongiurare eventi avversi molto rari che magari sfuggono all’inizio».

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