Piste chiuse a Natale, Crisanti: «Con tutti questi morti io non penserei a sciare»

di Redazione

Il virologo: «Servono misure di buonsenso per salvare la parte economica del Natale, senza che questo si accompagni a una ripresa dei contagi»

«Il grafico dei morti ci fa riflettere che ci sono altri problemi di carattere sociale e morale, perché io, onestamente, non penserei di andare a sciare sapendo che ci sono ancora centinaia di morti al giorno». Il virologo Andrea Crisanti, direttore del laboratorio di microbiologia dell’Università di Padova, ha parlato a RaiNews24 della situazione Coronavirus in Italia e delle priorità da stabilire nell’organizzazione della vita pubblica nelle prossime settimane.


«Sono scelte personali e sicuramente gli operatori sciistici hanno il diritto di lavorare – ha detto Crisanti a proposito dell’ipotesi di chiusura degli impianti invernali – però sappiamo che così si dà una possibilità al virus di trasmettersi. Penso ci debbano essere, e sicuramente ci saranno, delle misure di buonsenso da un lato per salvare la parte economica del Natale, e dall’altro per fare sì che questo non si accompagni a una ripresa dei contagi».


Per quanto riguarda la situazione dell’epidemia, Crisanti ha riconosciuto che «indubbiamente la trasmissione sta calando». Il numero dei morti elevato è una diretta conseguenza della crescita di casi e ricoveri risalente alle settimane precedenti. «Il numero dei morti, purtroppo, è destinato a rimanere stabile perlomeno per altre due o tre settimane», ha detto. «Registreremo quotidianamente ancora tanti decessi, speriamo non a questi ritmi, ma saranno ancora numeri importanti».

Riaprire le scuole? Solo se ci sono gli strumenti

«Sulle scuole è esclusivamente una questione di metodo», ha aggiunto il virologo. «Abbiamo gli strumenti per verificare qual è l’impatto della riapertura delle scuole? Se sì riapriamo, se è no è chiaro che dobbiamo attrezzarci. Il problema – ha concluso – è se abbiamo un sistema per misurare se ci sia trasmissione all’interno delle scuole aperte. E, in quel caso, capire cosa fare. Questa è la domanda da porsi».

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