Rari i casi gravi che necessitano di cure intensive, ma crescono i rischi derivati da altre patologie: ridotti fino all’80% gli accessi al pronto soccorso durante la pandemia, mentre sono triplicati i bambini nati morti durante il lockdown
Il Covid sta avendo conseguenze importanti sulla salute dei bambini. Si parte anzitutto dai numeri: da febbraio a maggio sono stati registrati 4 decessi, «tutti con pregresse patologie». Come spiega Alberto Villani, presidente della Società italiana di Pediatria e membro del Comitato tecnico scientifico istituito dal governo, «raramente i bambini hanno avuto necessità di cure intensive». Questo, però, «non vuol dire che non si verifichino». Ora, con l’aumento dei contagi, si è passati a un totale di 8 decessi (età 0-19 anni).
I numeri del contagio
I dati parlano, comunque, di una diffusione piuttosto consistente: 43.841 i casi diagnosticati, dall’inizio della pandemia, nella fascia di età 0-9 e 105.378 nella fascia 10-19. Tra i bambini più piccoli, da 0 a 1 anno, gli asintomatici sono più di 6 su 10, più di 3 su 10 i paucisintomatici o con sintomi lievi, solo il 3,4% manifesta sintomi severi. Nella fascia tra i 2 e 19 anni, invece, gli asintomatici sono più di 7 su 10, la restante parte è paucisintomatica o lievemente sintomatica. Marginali i sintomi severi in questa fascia di età. C’è poi il problema della medicina generale e di prevenzione, danneggiata dalla paura del Covid. È calata del 40% l’utenza pediatrica nei pronto soccorso con punte dell’80% in alcuni territori, secondo le stime della Società italiana di medicina emergenza urgenza pediatrica. Oltre 3 genitori su 10 hanno rinviato le sedute vaccinali per i propri figli per paura del contagio. Questi i numeri forniti nel corso della conferenza stampa della Società italiana di Pediatria a cui Open ha partecipato.
I bambini nati morti: tre volte più del 2019
E c’è un altro dato da non sottovalutare: il numero di bambini nati morti durante il Covid. Tre volte di più rispetto al 2019. Come è possibile? «Le donne non sono andate in ospedale durante la pandemia, per timore del Covid, e dunque non si sono controllate a dovere», ha spiegato Mario De Curtis, componente del Comitato per la Bioetica della Società italiana di Pediatria. Problemi su problemi che si aggiungono alle vaccinazioni rinviate, alle famiglie che non hanno più portato i bambini al pronto soccorso per paura del contagio con il rischio di ritardare le diagnosi, anche quelle più gravi, oltre a decine di reparti di pediatria trasformati in reparti Covid sia per bimbi che per adulti. Per questo la raccomandazione è evitare di avere paura di recarsi dal medico o nelle strutture ospedaliere: «Gli ospedali sono sicuri, fatevi ricorso quando ne avete bisogno», ha detto Villani che, poi, ha tranquillizzato tutti anche sui vaccini: «Saranno sicuri e certificati, se finiranno sul mercato vuol dire che avranno superato tutti i controlli».
«Si ammalano poco e sono meno trasmettitori del virus»
Il rallentamento della prevenzione o l’arrivo in ospedale ritardato incide duramente sulla salute dei bambini nonostante «si ammalino poco e siano meno trasmettitori del virus», ha ribadito Rino Agostiniani, vicepresidente della Società italiana di Pediatria. Questo non significa che non possano infettare altri pazienti, come i genitori, ma lo fanno con un’incidenza minore. I più colpiti, secondo il professor Giovanni Corsello, ex presidente della Società italiana di Pediatria, sono soprattutto i bambini con «malattie croniche o con disabilità»: «Nel 2020 abbiamo assistito a una riduzione di diagnosi di tumore, circa il 30% in meno. La riduzione degli accessi al pronto soccorso ha aggravato altre malattie. Rallentare o interrompere questo percorso significa avere conseguenze che poi si pagano».
No alla didattica a distanza
I medici dell’associazione pediatri hanno preso posizione anche sulla Dad. La didattica a distanza, spiegano, «può essere un’opzione temporanea senza rischi permanenti per una certa fetta di adolescenti» mentre per chi ha disabilità o ha un problema clinico «diventa impossibile o non eseguibile in contesti diversi da quello scolastico. Pensiamo all’indisponibilità degli insegnanti di sostegno», dice, ad esempio, Corsello. Una didattica a distanza «inadeguata» da molti punti di vista secondo Rino Agostiniani, che spiega come per tanti bambini e ragazzi la situazione di maggior presenza in casa li abbia «portati ad essere vittime o spettatori di violenze».
Quanto affermato in una conferenza alla Camera dei deputati dal medico Pasquale Mario Bacco ha destato perplessità, soprattutto in merito ai colleghi impegnati nelle terapie intensive, sul fronte della lotta contro il nuovo Coronavirus, definendo gli operatori sanitari «strumento di morte». I fatti vengono distorti in maniera preoccupante, come quando Bacco disserta su «intubazione profonda» e «ossigeno buttato nei polmoni».
Nel corso del tempo abbiamo assistito a diverse affermazioni in merito all’intubazione dei pazienti, come quanto riportato dal sito dell’Associazione Rinascimento Italia, tra i cui membri troviamo anche il «medico templare» Massimo Citro, e alla narrazione fornita su un caso che avrebbe seguito l’avvocato Francesco Paolo Cinquemani. Narrazione che ha trovato risposta da parte dell’Asl di Asti coinvolta dalla «notizia».
Chiariamo subito che non esiste un collegamento diretto tra Bacco e Rinascimento Italia, se non nelle affermazioni che alimentano le aree negazioniste sulla Covid-19. Leggiamo alcuni esempi:
«Il virus non ha ucciso nessuno – esordisce Bacco alla Camera – neanche una persona».
«Il Covid-19 si può curare? – continuano gli autori di Rinascimento Italia – La scienza medica dice chiaramente di sì, anzi esistono oramai molte terapie per un’infezione non più pericolosa di una seria influenza».
Tali affermazioni ci ricordano in parte la misinformazione generatasi, fin dal primo picco, sui medici che sarebbero costretti a «scegliere chi vive e chi muore». Si ignorava evidentemente il triage medico. Oggi questa narrazione infondata si ripete, con l’aggiunta di suggestioni ben accolte dai negazionisti, dove la Covid-19 torna a essere «indistinguibile da una influenza», e i pazienti verrebbero ricoverati quasi a caso, allo scopo di portare avanti un non meglio definito «complotto».
Cos’è il triage medico
Per capire meglio cos’è il triage medico, e cosa vuol dire arrivare a intubare un paziente in gravi condizioni, consigliamo innanzitutto la lettura del post sulla pagina Facebook Pop Medicine dell’anestesista Filippo Testa, già medico di Emergency, il quale risponde proprio alle affermazioni di Bacco. Ci aiuterà a interpretare meglio gli altri contenuti appena citati diffusi in Rete; tutti apparentemente autorevoli, quanto fuorvianti e ingannevoli.
In breve, come riportavamo in un articolo precedente, il triage medico consiste nel salvare quante vite umane possibile. La scelta non è del medico, ma della Natura. Questo non significa che ciò non comporti turbe psicologiche da parte degli operatori sanitari, i quali sono esseri umani comuni, non gerarchi nazisti. Riportiamo un estratto dal nostro articolo precedente, frutto della consulenza di medici in prima linea:
«Nel momento in cui si arriva a un esaurimento delle risorse, non si può pensare che tutti i casi di Covid-19 abbiano priorità maggiore rispetto, per esempio, a un intervento oncologico. Non si può in questa situazione, pensare di poter applicare la regola del “first come, first served”, altrimenti non si farebbe altro che peggiorare la situazione. Immaginiamo che si facesse il ragionamento opposto: precedenza ai ricoverati con scarsa speranza di sopravvivere; mentre tutti i pazienti che con un intervento tempestivo potrebbero farcela, li lasciamo in attesa. Cosa succederebbe? La probabilità maggiore è che si perda sia il paziente con scarse probabilità di sopravvivenza, sia gli altri che nel mentre si aggravano, incrementando ulteriormente una situazione già grave».
Cosa vuol dire intubare
L’unica ragione per cui potremmo ritenere giustificata la preoccupazione espressa in questo genere di contenuti, è supporre una visione ingigantita dell’emergenza sanitaria, con Ospedali «in realtà vuoti», cosa per niente vera, come abbiamo avuto modo di constatare personalmente, così come altri colleghi di diverse testate. Su cosa significhi «intubare un paziente», trovate approfondimenti in altri nostri articoli, in risposta a diversi guru che la ritengono la vera ragione dei decessi.
Noi però non siamo medici che lavorano sul campo, facendo turni massacranti nei reparti di terapia intensiva, il medico e anestesista Testa invece sì. Vale la pena di riportare alcuni estratti dal suo post:
«Per risolvere il quadro clinico bisogna individuare e trattare la causa sottostante e nel frattempo sostenere la respirazione del paziente, sulla base della severità dell’insufficienza [resporatoria], o con la supplementazione di ossigeno o con la ventilazione meccanica. Quest’ultima si definisce invasiva quando è richiesta la presenza di un tubo (oro o naso-tracheale) collegato ad un ventilatore. La ventilazione quindi non è una vera e propria cura. È un supporto, che in determinate condizioni potrebbe diventare anche una terapia […] Se si perde tempo e si continua con i trattamenti non invasivi, la sopravvivenza del paziente peggiora».
«Non esistono intubazioni sbagliate “da indicare per una cura”, non esistono “medici strumenti di morte” – continua il Medico, citando le affermazioni di Bacco e Vittorio Sgarbi – Si può discutere se iniziare precocemente un trattamento ventilatorio non invasivo, e su questo ci sono già dei trial registrati, ma [definirla] una manovra salva vita per risparmiare risorse e costi lo trovo un atteggiamento vile che distoglie l’attenzione sul reale fulcro del problema: le 4T che ora diventano, secondo il mio parere, 5T [ovvero] testing, tracciamento, trattamento, tempestività e trovare risorse umane».
Impariamo a riconoscere i messaggi fuorvianti in Rete
Adesso che abbiamo alcuni strumenti in più per contestualizzare, analizziamo assieme uno dei contenuti ingannevoli che continuano ad animare i Social network. Vediamo come è stata riportata la già citata testimonianza del legale di Rinascimento Italia, l’avvocato Cinquemani, in una intervista-video della stessa Associazione, dove si interpreta con grande disinvoltura una presunta decisione dell’Ospedale di Asti, in merito a un paziente della provincia con patologie pregresse, e ricoverato con sintomi gravi di Covid-19. Leggiamo quanto afferma l’Avvocato:
«Il signore della provincia di Asti veniva ricoverato per un malore, ma riconducibile a una possibile ischemia, una patologia pregressa che aveva da tempo. In preda alla situazione i famigliari hanno chiamato il 118, i quali a seguito di un controllo fatto sui luoghi hanno ritenuto opportuno portare il signore in un Ospedale di Asti, in quanto dotato di un reparto di neurologia. Al momento della visita, non si spiega il come, nonostante le figlie sostenevano che non avesse febbre, secondo l’Ospedale aveva febbre. La situazione si capovolge e viene ricoverato per Covid. Perché risultato positivo […] Per tanto è stata trascurata la patologia per la quale è stato inizialmente condotto in Ospedale, e ha avuto tutto un altro tipo di trattamento […] Venerdì l’Ospedale riferiva alle figlie che il paziente era addirittura in gravi condizioni, facendo presumere che non ce l’avrebbe fatta […] Io Sabato mattina invio la diffida in Ospedale, per richiedere la documentazione, per capire se la patologia e le analisi effettuate al momento del ricovero, e la procedure che stavano utilizzando, fossero adatte per il tipo di problematiche riscontrate prima e durante. In verità l’Ospedale non mi ha mai risposto. Domenica l’Ospedale riferisce alle figlie che il padre era fuori pericolo, stava già bene e addirittura viene cambiato di reparto. Dove i pazienti positivi sono in attesa di essere dimessi».
Rinascimento Italia interpreta il tutto titolando, «entra in ospedale e viene intubato: lo salva l’intervento legale di Rinascimento Italia». Segue descrizione sotto al video che riporta le affermazioni del Legale: «un uomo entra in ospedale e dopo essere risultato positivo al Covid va in terapia intensiva e viene intubato. A questo punto interviene FRI con una diffida e richiesta della cartella clinica e l’uomo viene subito spostato nel reparto per i positivi non critici. Poi viene rimandato a casa».
Stando alle stesse affermazioni dell’Avvocato, l’uomo entra in Ospedale e viene preso in carico dai medici che poi lo trasferiscono in un reparto destinato ai pazienti Covid convalescenti, nonostante (o a prescindere) dalla diffida di Cinquemani, che per quanto sappiamo, forse non hanno avuto nemmeno il tempo di leggere. L’ischemia, citata nell’intervista, è una delle patologie pregresse che effettivamente sono associate alla Covid, quindi trattare quest’ultima non può escludere l’altra.
Potrebbe sembrare irrispettoso nei confronti dei lettori, riassumere con tale superficialità la descrizione di un normale decorso in terapia intensiva, che per fortuna (ovvero, grazie alla fortunata presenza in Italia di medici competenti) nella maggior parte dei casi non si conclude con la morte del paziente.
La replica dell’Asl di Asti a Rinascimento Italia
A seguito della diffusione del video e del titolo scorretto, l’Asl di Asti ha rilasciato la seguente dichiarazione:
«L’Azienda sanitaria locale di Asti, con la presente nota, intende prendere le distanze da quanto riferito e sottolinearne la piena infondatezza. La Direzione aziendale, infatti, dopo aver acquisito ampia e documentata relazione sul caso, ha potuto accertare come le descrizioni dei fatti siano fuorvianti e non rispondenti al vero: il paziente ha avuto un decorso ospedaliero iniziato il 1° novembre, conclusosi con dimissioni verso idonea struttura in data 11 novembre. Sempre dalla relazione clinica emerge che il paziente, pur presentando necessità cliniche in termini di ossigenazione non ha dovuto essere intubato. Durante la degenza sono state prestate tutte le necessarie cure, nel rispetto degli idonei protocolli, in conseguenza di una situazione clinica che ha attraversato una fase di complessità e che ha visto impegnati gli operatori nella prestazione non solo nelle cure sanitarie, ma anche con le informazioni alla famiglia del paziente. Da tutto ciò si evince che il percorso assistenziale non sia stato minimamente influenzato dall’intervento dell’associazione e dalla sua diffida».
Segue la conclusione del Commissario straordinario dell’Asl, Giovanni Messori Ioli:
«Certi tipi di comunicazione sono per natura dannose e pericolose , ancor più in un momento di criticità come quello che stiamo attraversando. L’Azienda ha il dovere di tutelare la propria immagine, che, naturalmente, impatta ed influenza anche il sentimento di fiducia da parte dell’utenza. Faremo, in tal senso, le opportune valutazioni e procederemo di conseguenza».
Quella tensione tra paziente e medico che sarebbe meglio evitare
Abbiamo chiesto un commento finale al dottor Testa, il quale racconta a Open la sua testimonianza, di medico in prima linea nella lotta contro la Covid-19. Come tale la sua è una interpretazione, che attesta forse, il clima di sfiducia creatosi verso una categoria di medici, quella dedicata all’assistenza. Questa situazione in parte dovuta proprio all’infodemia, non aiuta certo gli operatori sanitari a ottimizzare i percorsi di cura, specie quelli che richiedono tempi lunghi e scelte più difficili.
«Questa disinformazione sta creando un clima crescente di tensione tra i pazienti e i curanti – continua il Medico – che potrebbe nel tempo portare a una forte distorsione comunicativa e innescare una serie di reazioni ed azioni legali, che inevitabilmente metterebbero ancora di più il medico, in una condizione di operare sotto stress e paura di ritorsioni medico-legali ingiustificate, che a loro volta potrebbero influire sulle scelte terapeutiche e i percorsi di cura».
«Perché il clima è questo – conclude Testa – stanotte ho intubato un paziente. Forse sarà stata una mia impressione, ma quando ho detto all’uomo, “la situazione va male, meglio procedere all’intubazione per non dover arrivare troppo tardi”, vedevo in lui come un senso di sfiducia nei miei confronti; esattamente all’opposto della prima ondata, in cui il paziente mi diceva, “dottore mi aiuti”, mentre ora mi dice, “no, in terapia intensiva no, non lo faccia”».
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