Abbiamo incontrato l’artista ciociaro, tra gli scultori più apprezzati al mondo. La sua ultima opera – un neonato in marmo rannicchiato al centro di piazza Plebiscito a Napoli – è stata valutata un milione di euro
Qualcuno bussa al portone della Chiesa di Sant’Aspreno nel cuore del Rione Sanità a Napoli. Lo sconosciuto ha un sorriso stampato in viso e in mano un caffè caldo da portare al «nuovo Michelangelo». Il destinatario fortunato è l’artista autodidatta Jago, 33 anni, di origine ciociara, uno degli scultori attualmente più apprezzati al mondo e ora al lavoro nello studio di Napoli pensato per lui. Lo scambio tra i due è degno di una delle più belle scene di teatro improvvisate, uno spaccato di quotidianità che ha accolto anche Open nei primi momenti di un’intensa intervista, come sempre accade con il giovane scultore.
Ogni volta che si ascolta Jago ci si ritrova a chiedersi se anche Michelangelo, o il Bernini o Raffaello avrebbero, centinaia di anni fa, parlato allo stesso modo. Li si immagina nel loro tempo, pensando ai grandi maestri nelle vesti di giovani poco più che 30enni, ai pensieri e ai desideri che avranno riempito le loro giornate, ai fallimenti e alle conquiste che li avranno prima abbattuti e poi ispirati. Fino poi a tornare a questo giovane autodidatta che ha sfidato i limiti propri ma anche quelli imposti da un mondo esterno che dei creativi spesso ha pensato di potere fare a meno. Un appassionato di arte che da bambino guardava col naso all’insù la cappella Sistina e sperava un giorno di poter fare qualcosa di molto simile. Nessuna «megalomania» ma il desiderio artistico che accomuna gli animi creativi di tutti i tempi e le epoche, lo stesso istinto che dopo aver girato Asia e America, ha portato “il nuovo Michelangelo” a Napoli, in quel Rione Sanità che lo ha accolto con la genuina capacità degli abitanti di riconoscere gli uomini e le donne di talento.
Ora al centro di piazza Plebiscito c’è un neonato in marmo, rannicchiato su se stesso e incatenato. L’opera vale 1 milione di euro, si chiama Look-down e rimarrà lì fino a gennaio inoltrato. Per i più legati al significato del Natale un richiamo simbolico alla nascita, ma che in realtà fa del dono di Jago alla città un invito più ampio a guardare a chi è a terra, alle realtà più colpite da una crisi sanitaria e sociale che ancora sconvolge, nell’assonanza di un titolo con la parola lockdown, entrata ormai di prepotenza nella quotidianità di un mondo in lotta. L’artista non dà tante altre spiegazioni, lasciando a ogni sensibilità la scelta di come guardare quel bambino incatenato.
Ma è ascoltando la sua idea di arte come «strumento per modificare intere dinamiche sociali» che con l’aiuto di Jago si riscopre la bellezza di investire su se stessi, nonostante tutto. «Io non so bene cosa voglia dire arte, so che quello che faccio può creare un indotto. Pongo un’opera in un luogo non frequentato, costruisco un museo, intercetto un pubblico di persone che fino a quel momento non attraversava una strada perché ignorava cosa c’era dall’altra parte. Vengono messe le luci a illuminare i marciapiedi, guadagna il caffè all’angolo, due giovani si innamorano, avranno un figlio che studierà e scoprirà un nuovo vaccino. Siamo tutti collegati».
Coronavirus, i numeri in chiaro. Il matematico Sebastiani: «Con i decessi siamo a un punto di svolta»
25 Dicembre 2020 - 19:35 Giada Giorgi
In Italia, secondo i nuovi dati diffusi dalla Protezione civile e il ministero della Salute, nelle ultime 24 ore si registrano 19.037 nuovi casi di infezione di Coronavirus, a fronte di 152.334 test effettuati. Ieri si erano contati 18.040 nuovi casi. Sono 579.886 le persone attualmente positive al SARS-CoV-2. Diminuiscono i decessi che oggi si attestano a quota 459, rispetto ai 505 registrati ieri, per un totale di 71.359 vittime sin dall’inizio della pandemia. I numeri sono incoraggianti ma non dobbiamo abbassare la guardia, spiega il matematico Giovanni Sebastiani.
Professore, cosa possiamo capire dai dati arrivati nelle ultime ore?
«Oggi assistiamo a un rialzo considerevole della percentuale dei nuovi casi positivi sui nuovi casi testati che sale a circa 28,5% dal 23,5% di ieri. Il valore di un solo giorno, così particolare poi, non dice niente. Se però consideriamo la variabilità della curva negli ultimi dieci giorni, notiamo che è in aumento. Questo riflette l’eterogeneità dell’andamento qualitativo delle analoghe curve a livello regionale. Ci sono regioni in crescita come ad esempio Basilicata, Calabria, Lazio, Molise, Piemonte e regioni in frenata o stasi, come ad esempio Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Puglia, Sicilia e Val d’Aosta. Spero che le misure introdotte a partire da ieri siano seguite da tutti noi italiani. Alla fine della prima settimana di gennaio lo sapremo».
Il numero dei decessi sembra abbastanza stabile negli ultimi giorni: come se lo spiega?
«Per i decessi siamo a un punto di svolta, come avevo previsto. Il picco è stato raggiunto i primi di dicembre e poi è sceso sotto i 500 decessi in media al giorno entro Natale. Ora però abbiamo davanti due possibilità. La prima prevede che la curva teorica (media) si appiattisca in questi giorni. La curva teorica dell’incidenza ha avuto un massimo attorno a metà novembre e quella dei decessi dopo 15 giorni circa. La prima curva si è appiattita attorno al 10 dicembre e quindi quella dei decessi, che dipende dalla prima, dovrebbe fare lo stesso proprio a partire circa da oggi.
Stessa conclusione se utilizziamo il modello matematico corretto che lega le due curve tramite l’operazione di “convoluzione”. La seconda possibilità prevede che la curva teorica dei decessi continui a scendere. Questo però non sarebbe compatibile con l’appiattimento della curva dell’incidenza. Una possibile spiegazione è che la ripresa della curva dei contagi sia dovuta alla variante del virus che sembra avere una trasmissibilità maggiore ma che potrebbe avere una letalità inferiore».
Anche le terapie intensive seguono la scia dei decessi: c’è correlazione tra le due cose?
«Certamente c’è una correlazione e questo è il motivo per cui prendo in considerazione anche gli ingressi giornalieri in terapia intensiva, dato reso pubblico dal 3 dicembre. In questo caso, al di là delle oscillazioni periodiche settimanali, noto che la curva teorica ha un trend di discesa, anche se debole, che fa ben sperare. Anche qui, conto sugli effetti delle misure».
«Analizzando le curve dell’incidenza di tutti gli stati dell’Europa dall’inizio di novembre fino al 20 dicembre, ho visto una ripresa della circolazione in Irlanda, Regno Unito, Spagna, Francia, Paesi Bassi, Danimarca, Germania, Italia, Svizzera, Repubblica Ceca e Slovacchia. In questi Stati, da fine novembre a inizio dicembre, la curva epidemica ha iniziato a crescere, ad eccezione dell’Italia. Dopo il picco di metà novembre e la successiva discesa grazie alle misure di contenimento noi siamo entratati in una fase si stallo. Nei restanti Stati il fenomeno non si registra. La ripresa della circolazione del virus appare presente in tutta l’Europa occidentale e centrale ad esclusione della penisola scandinava, Islanda, Portogallo, Belgio e Lussemburgo spingendosi verso est fino ad Austria, Slovenia, Polonia escluse, con una piccola penisola formata da Repubblica Ceca e Slovacchia».
A cosa sarebbe dovuto un fenomeno simile?
«È possibile che l’aumento di mobilità per le attività che precedono il Natale sia inferiore nella parte est dell’Europa, ma sembra più sensato assumere l’ipotesi che la distribuzione spaziale sia dovuta alla propagazione fisica del virus. La Germania è lo stato dove la ripresa è avvenuta prima, ma parliamo di solo due-tre giorni. Da spiegare la presenza delle “isole” di Portogallo e Belgio e sul fronte opposto della “penisola” di Repubblica ceca e Slovacchia. La situazione potrà essere più chiara con i risultati degli studi retrospettivi che verranno condotti in ambito epidemiologico-genetico sulla variante del virus».
Quali saranno, secondo lei, gli effetti di questo breve lockdown natalizio?
«La direzione è quella giusta. Per gli effetti tanto dipende da noi perché una parte sostanziale delle misure sono raccomandazioni. Le riunioni familiari sono uno dei punti chiave. Per come la vedo io, la cosa più importante è stare insieme. Possiamo pranzare ciascuno a casa propria e poi incontrarci stando con la mascherina. Ricordiamoci che siamo italiani e in quanto a creatività ce la battiamo alla grande. Buon Natale!».