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Scuola, ancora dubbi sulla riapertura. Il Cts ipotizza lo slittamento al 18 gennaio e il Pd va in pressing per il rinvio

03 Gennaio 2021 - 12:04 Maria Pia Mazza
Malgrado il via libera dei prefetti, la maggioranza di governo continua a essere divisa. Oggi l’incontro tra cabina di regia e vertici dell’Iss

Ancora nubi sulla riapertura delle scuole prevista per il 7 gennaio. Se durante le festività la questione del ripristino della didattica in presenza è passata in sordina, a quattro giorni dal rientro sui banchi, i nodi non sono ancora sciolti. I prefetti hanno dato il loro via libera, assicurando che lo scaglionamento orario e i mezzi pubblici dedicati sono pronti, ma le Regioni frenano. E a fare resistenze è anche il Comitato tecnico scientifico (Cts) che, alla luce del numero di nuovi casi e decessi giornalieri di Coronavirus, invita alla «prudenza». L’ipotesi avanzata dal coordinatore del Cts, Agostino Miozzo, va proprio in questa direzione. Si parla di un rinvio di almeno 2 settimane, con ipotetico rientro fissato per il 18 gennaio, previa la presa d’atto dell’effettivo stato epidemiologico della popolazione post-festività. Per oggi, 3 gennaio, è previsto l’incontro tra la cabina di regia e i vertici dell’Istituto Superiore di Sanità, per valutare se effettivamente sussistono le condizioni per la riapertura delle scuole.

Le perplessità delle Regioni e la spaccatura nel governo

Intanto, dal fronte delle Regioni, il presidente dell’Emilia-Romagna e della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, si è detto disponibile a un’ulteriore riunione con l’esecutivo di Giuseppe Conte, «per decidere insieme, in maniera laica, visto che anche gli esperti del governo sono preoccupati». Il tentativo è quello di trovare una quadra generale, dato lo scetticismo emerso da più parti, incluso quello dei governatori Luca Zaia, Michele Emiliano e Vincenzo De Luca. Perplessità a cui si aggiunge anche quella dell’assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, che ha invitato tutti, governo incluso, «a riflettere sulla riapertura del 7: sarebbe molto imprudente, non solo nel Lazio, ma in tutto il Paese».

E anche a livello politico, tra le posizioni dei partiti della maggioranza di governo, poco o nulla è cambiato dallo scorso novembre, quando si ipotizzava un rientro a scuola dieci giorni prima del Natale. Oggi come allora la l’esecutivo è spaccato in due. Da un lato lo scetticismo precauzionale del Partito Democratico che, viste anche le preoccupazioni espresse dal Cts, sarebbe più propenso al rinvio. Dall’altro, il fronte del Movimento 5 Stelle e della ministra Lucia Azzolina che, nel tentativo di tenere banco, ribadisce che «arretrare sulla scuola significa rinunciare ad un pezzo significativo del nostro futuro». E sulla stessa onda dei pentastellati e della ministra della Scuola si posiziona anche Italia Viva.

L’impatto della variante Covid nelle valutazioni del Cts

L’unica differenza è che se a fine novembre gli esperti del Comitato tecnico scientifico avevano dato il proprio nulla osta alla riapertura delle scuole per la piccola finestra di dicembre, ora la situazione epidemiologica generale desta più preoccupazione, anche per l’impatto che potrebbe avere la variante Covid isolata nel Regno Unito e che, secondo i primi studi, sembrerebbe circolare con particolare intensità nella popolazione più giovane, proprio quella costituita da bambini e adolescenti che dovrebbero progressivamente rientrare in classe.

Il sindacato Snals chiede il rinvio

Anche dallo Snals, uno dei sindacati più rappresentativi della scuola, arriva l’altolà: «La riapertura della scuola il 7 gennaio è troppo rischiosa. Stiamo prendendo atto dei problemi dell’aumento dei contagi di questi giorni. Il giorno 18 gennaio potremmo già avere un’idea dell’andamento epidemiologico e decidere a ragion veduta», dice la segretaria del sindacato Elvira Serafini. Il rischio è sempre lo stesso: quello di riaprire per poi chiudere nuovamente nell’arco di poche settimane, con una curva di contagi in crescita e un numero di decessi quotidiani molto elevato. E qualora dovesse accadere ciò, le possibilità che la didattica in presenza possa essere ripristinata nel periodo primaverile sembrano essere veramente esigue. Insomma, il timore è di rimandare tutto a settembre, ancora una volta.

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