L’Ue in difficoltà sui vaccini apre allo Sputnik V. Via libera dell’Ungheria, anche la Germania guarda a Mosca

La cancelliera Merkel: «Se c’è l’ok dell’Ema, possiamo parlare di accordi sulla produzione». L’Agenzia per il farmaco si muove. E in Russia gongolano: «Molti Paesi europei sono interessati»

Il piano di vaccinazioni in Europa va a rilento. I ritardi nella consegna delle dosi di Pfizer per problemi in uno dei centri di produzione hanno messo in crisi, e non poco, la gestione delle somministrazioni in tutta l’Ue. Delle oltre 2 miliardi di dosi che l’Europa si è assicurata attraverso gli otto contratti siglati, al momento può contare solo sui vaccini di Pfizer e di Moderna. In questo quadro, l’Ungheria ha annunciato di aver approvato il vaccino russo Sputnik V, diventando così il primo Paese europeo a dare il via libera al suo utilizzo. Il vaccino è stato approvato sotto la procedura di autorizzazione per l’uso di emergenza. Una procedura che permette al singolo Paese europeo di agire anche senza l’ok da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema). L’approvazione si basa sui risultati dei test clinici dello Sputnik V in Russia e su una valutazione completa del vaccino da parte degli esperti in Ungheria.


Budapest, già ai ferri corti con Bruxelles a causa dello scontro sulle clausole sullo stato di diritto per la ricezione dei fondi previsti dal Recovery Fund, ha criticato aspramente la gestione delle vaccinazioni da parte dell’Ue. «Tutti si aspettavano che la vaccinazione sarebbe stata avviata a un ritmo più sostenuto, consentendo così di revocare le misure restrittive esistenti in Europa, ma l’aspettativa non sembra poter essere soddisfatta dalla Commissione europea», ha detto il ministro degli affari esteri ungherese, Péter Szijjártó. Tuttavia, a guardare al vaccino russo visti i ritardi nell’approvazione del vaccino Oxford/Astrazeneca, da cui l’Europa si aspetta 300 milioni di dosi, con un’opzione per altre 100 milioni, c’è anche la Germania.


«Se il vaccino sarà approvato dall’Ema, potremo parlare di accordi sulla produzione e anche dell’uso», ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel evidenziando di aver offerto aiuto alla Russia per il suo sviluppo attraverso il Paul Ehrlich Institut. «Al di là delle differenze politiche che sono ampie, possiamo certamente lavorare insieme in una pandemia, in un settore umanitario», ha spiegato la cancelliera. Un chiaro cambio di strategia per Berlino dopo lo scetticismo iniziale. Tanto che, a inizio gennaio, in seguito a un colloquio telefonico tra Merkel e Vladimir Putin l’Ema ha aperto un dialogo con la casa farmaceutica russa che produce lo Sputnik V. Già a metà agosto la Russia, primo Paese al mondo, aveva comunicato di aver approvato l’utilizzo del primo vaccino contro il Coronavirus grazie a un’efficacia vicina al 92%. Tuttavia, nel piano vaccinale diffuso dall’Ue a giugno non compariva alcuna opzione di acquisto delle dosi prodotte da Mosca.

«Lo Sputnik V sarà presto uno dei vaccini più diffusi»

«Lo Sputnik V sarà presto uno dei vaccini più diffusi e accettati del mondo: la prossima settimana una prestigiosa rivista peer-reviewed europea pubblicherà i risultati della fase 3 e sarà chiaro a tutti la bontà del lavoro svolto», ha detto l’amministratore delegato del Russian Direct Investment Fund (RDIF), Kirill Dmitriev, in un incontro con la stampa. «Molti Paesi europei sono interessati e, come sapete, stiamo discutendo con la Germania l’opportunità di produrre il vaccino localmente». Secondo l’agenzia di stampa russa Tass, sarebbero già 1,5 milioni le persone vaccinate contro il Coronavirus grazie allo Sputnik. Ma i dati diffusi da Mosca non specificano se le persone hanno ricevuto entrambe le dosi necessarie. A livello mondiale, secondo Our World in Data, sono solo 3 milioni le persone completamente vaccinate e immunizzate contro il Coronavirus.

Intanto, la casa farmaceutica cinese Sinovac sta aumentando la produzione di CoronaVac, il vaccino di Pechino, per assicurarne la fornitura a livello globale. Sia Russia che Cina stanno infatti ampliando la loro distribuzione a livello raggiungendo anche, e soprattutto, Paesi più poveri. E ora anche l’Europa sembra non poter fare a meno di guardare a est.

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