Recovery Fund

RECOVERY FUND

Dopo quattro giorni di aspre trattative, finalmente, i 27 del Consiglio europeo hanno trovato una sintesi. Dopo quattro giorni di battaglia tra Paesi “frugali” e Paesi del Sud Europa, dopo oltre 90 ore di maratona negoziale – è stato il secondo summit più lungo nella storia dell’Ue – il nuovo Recovery Fund che prende corpo è stato approvato.

Quanti soldi prevede il nuovo piano

Il piano di aiuti a sostegno delle economie europee, piegate dall’emergenza Coronavirus, rimane intatto nel suo ammontare complessivo: 750 miliardi, esattamente come il piano originario sul quale si erano espressi favorevolmente sia la Commissione europea che il Parlamento europeo. Cambia però l’equilibrio tra sussidi e prestiti, ed è qui il primo compromesso. Per venire incontro alle richieste dei Paesi frugali i sussidi del Recovery Fund scendono da 500 mld a 390 mld, mentre sale l’asticella dei prestiti, che passano da 250 mld a 360 mld. Si tratta di un accordo storico, perché per la prima volta si crea debito in comune, dando mandato in questo senso alla Commissione europea.

Quanti soldi spettano all’Italia

All’Italia va la porzione più grande del Recovery Fund, 30 miliardi in più per un totale di 208,8 così ripartiti:

  • 81,4 mld in sussidi a fondo perduto, leggermente meno rispetto al piano originario:
  • 127,4 mld saranno i prestiti, 36 in più di quanto stabilito in precedenza (ma attenzione, si tratta di prestiti da restituire a tassi molto bassi e a condizioni agevolate).

Il nodo dei rebates

I Paesi frugali sono stati accontentati anche su un altro tema spinoso: i rebates, ovvero i rimborsi introdotti per la prima volta su richiesta del Regno Unito ai tempi di Margaret Thatcher, che con la Brexit molti leader Ue avrebbero voluto cancellare. In alcuni casi sono stati anche raddoppiati:

  • alla Danimarca andranno 322 milioni annui di rimborsi (rispetto ai 222 milioni della proposta di sabato);
  • all’Olanda 1,921 miliardi (da 1,576 miliardi);
  • all’Austria 565 milioni (da 287);
  • alla Svezia 1,069 miliardi (da 823 milioni).

La governance e il “super-freno”

Terreno di scontro durissimo tra il premier olandese Mark Rutte e il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte, anche la questione della governance del Recovery Fund ha trovato una soluzione. Il super-freno di emergenza, cioè il veto di un singolo Paese all’erogazione delle risorse del fondo, è stato emendato. Gli Stati membri presenteranno piani che saranno approvati dal Consiglio a maggioranza qualificata, in base alle proposte presentate dalla Commissione. Poi sarà il Comitato economico finanziario, con i tecnici dei ministeri delle Finanze, a valutare il rispetto dei percorsi e degli obiettivi fissati per l’attuazione dei piani nazionali. Tuttavia se in questa sede un Paese riterrà che qualcosa non vada, potrà chiedere di discutere la questione in sede di Consiglio europeo. Questo però varrà solo «in via eccezionale».

Tutti d’accordo sullo stato di diritto

Era il nodo sul quale facevano più resistenza Paesi come Ungheria e Polonia. Si tratta dell’erogazione dei fondi  del Recovery Fund a un Paese previo rispetto dello stato di diritto e dei valori fondanti dell’Unione. Eppure tale condizionalità è stata alla fine accettata senza problemi, e la questione risolta per acclamazione, contro ogni previsione. Anche se da più parti si fa osservare come le maglie siano state un po’ allargate, proprio per consentire un assenso da parte di Ungheria e Polonia.

Testo di Marco Assab

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