La ricetta di Draghi per «cambiare radicalmente» l’Ue: basta unanimità, (molti) più investimenti e spendere in difesa
La proposta dell’ex presidente del Consiglio Mario Draghi per la competitività europea è un mix di riforme istituzionali strutturali, finanziamenti e politiche comuni. «Il futuro dell’Europa competitività», così si chiama il report voluto dall’Unione europea esattamente un anno fa che aveva incaricato l’ex presidente della Bce di redigerlo. Tutto si basa su una premessa: «L’Ue esiste per garantire che gli europei possano sempre beneficiare di questi diritti fondamentali. Se l’Europa non sarà più in grado di garantirli avrà perso la sua ragione d’essere», si può leggere nel preambolo del rapporto. Allora l’opzione è una sola: «L’unico modo per affrontare questa sfida è crescere e diventare più produttivi, preservando i nostri valori di equità e inclusione sociale. L’unico modo per diventare più produttiva è che l’Europa cambi radicalmente». Per l’Ue sarà «una sfida esistenziale»
«Le decisioni siano a maggioranza qualificata»
«Finora, molti sforzi per approfondire l’integrazione europea tra gli Stati membri sono stati ostacolati dal voto all’unanimità», sostiene Draghi all’interno del rapporto. Una soluzione sarebbe allora ricorrere a «tutte le possibilità offerte dai Trattati Ue per estendere il voto a maggioranza qualificata». Non solo, nei casi di stallo bisognerebbe sfruttare la «cooperazione rafforzata». Lo strumento per estendere a più «aree» il voto a maggioranza qualificata è la cosiddetta “clausola salvaguardia”: «per generalizzare il voto in tutte le aree politiche del Consiglio». Questo metodo, scrive Draghi, «avrebbe un impatto positivo sul ritmo con cui vengono adottate le principali iniziative legislative dell’Ue».
Gli investimenti comuni nella difesa
Il rapporto raccomanda di «aumentare i finanziamenti europei» nel campo della difesa per concentrarli così su «iniziative comuni». La proposta parte da un dato di fatto: «Nessuno Stato membro può finanziare, sviluppare, produrre e sostenere efficacemente tutte le capacità e le infrastrutture necessarie per mantenere la leadership», nelle tecnologie più avanzate di oggi. L’investimento attuale dell’Ue in ricerca e sviluppo sulla difesa è pari a 1 miliardo di euro all’anno mentre «la maggior parte degli investimenti avviene a livello di Stati membri». Ma ci sono nuovi campi e segmenti, dai droni ai missili ipersonici, ma anche le armi a energia diretta o l’intelligenza artificiale e la guerra nei fondali marini e nello spazio, che necessitano «coordinamento paneuropeo». Draghi sostiene che sia necessario «aumentare gli investimenti complessivi nel settore della difesa».
Più soldi del piano Marshall
«Il fabbisogno finanziario necessario all’Ue per raggiungere i suoi obiettivi è enorme», si legge nel documento. Ma quanto? Secondo Draghi «sono necessari almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui, secondo le ultime stime della Commissione, pari al 4,4-4,7% del Pil dell’Ue nel 2023». Cioè equivale a più del doppio dei soldi investiti dal piano Marshall: «Per fare un paragone, gli investimenti del Piano Marshall nel periodo 1948-51 equivalevano all’1-2% del Pil dell’Ue».
Notizia in aggiornamento
Leggi anche:
- Papà via da Palazzo Chigi e la figlia di Draghi ha preso il volo. Addio perdite, boom di ricavi e di utili per le società di Federica
- Di Lorenzo peggio di Biden, la noia di Sommer, Draghi prossimo ct: l’ironia social sulla performance da incubo dell’Italia contro la Svizzera
- I rimorsi di Salvini sul passato: «Governare con Draghi, Pd e M5s? Un trauma. E l’abbiamo pagato alle urne»