La misteriosa morte di Luca Ventre in Uruguay: cosa sappiamo e cosa non torna – Il video dell’arresto

Il 35enne cercava rifugio nell’ambasciata italiana in Uruguay. Si sentiva minacciato e voleva scappare da quel Paese. Come mai? Cosa era successo prima? E perché, una volta entrato nella sede diplomatica, scavalcando la recinzione, un poliziotto lo ha tenuto fermo, per oltre 10 minuti, con un braccio sul suo collo?

Luca Ventre, 35 anni, di Senise (Potenza), il 1° gennaio suona all’ambasciata italiana a Montevideo (Uruguay). Ha bisogno di parlare con qualcuno urgentemente. Peccato che il 1° gennaio sia un giorno festivo e che nella sede diplomatica non ci sia nessuno tranne un vigilante e un poliziotto locale. Luca non si arrende e, temendo forse per la sua vita, scavalca la recinzione. Si introduce nella struttura ma viene subito sorpreso dai due uomini. Il poliziotto lo scaraventa per terra, nonostante sia disarmato, ed è a questo punto che inizia il suo incubo, durato in tutto 22 minuti circa. L’agente, infatti, lo tiene fermo per il collo, per almeno 10 minuti, con una tecnica chiamata “chiave di judo” fino a quando Luca non si muove più. Non è chiaro se sia in preda a convulsioni o se, come pensa la famiglia, sia già morto. A quel punto viene trascinato di peso e caricato su un’auto ma non sembra più dare segnali di vita. Viene portato nell’ospedale più vicino, a 4 minuti di strada, dove verrà constatato il decesso.


In foto Luca Ventre con la figlia di 8 mesi

Il giorno dopo la morte, l’ambasciata italiana nella capitale dell’Uruguay ha annunciato il decesso dell’uomo sostenendo che, dopo essersi introdotto negli uffici della sede diplomatica e dopo essere stato arrestato, sarebbe morto in ospedale. Tutto qui. Ma le telecamere di videosorveglianza raccontano un’altra storia. Secondo l’autopsia effettuata dal medico legale in Uruguay, non sarebbe morto per traumi o lesioni ma il suo cervello presenterebbe uno stato edematoso che potrebbe essere compatibile con una morte per asfissia. Qualcosa in questa vicenda non torna. La famiglia del giovane vuole vederci chiaro e la procura di Roma ha già aperto un fascicolo per omicidio preterintenzionale.


Cosa non torna in questa vicenda

Troppi i punti oscuri. Anzitutto: perché Luca Ventre il giorno di Capodanno va in ambasciata? Cosa aveva di tanto urgente da comunicare? Cercava protezione? Da chi fuggiva? Aveva paura di qualcuno? Secondo il fratello, Fabrizio, si sentiva minacciato e voleva tornare in Italia. Perché è arrivato al punto di scavalcare la recinzione pur di parlare con un funzionario? La sua disperazione era tanta, questo è un dato di fatto. Bisognerà capire cosa fosse accaduto nei giorni precedenti. Luca, infatti, ormai viveva da 8 anni in Uruguay per seguire le attività di famiglia: un bar, una pizzeria e una collaborazione con la Camera di commercio della città nel settore dell’import-export di prodotti italiani, in particolare cioccolato.

I dubbi

Luca, dunque, voleva fuggire da un posto, l’Uruguay, che ormai conosceva bene. Lì si era creato la sua famiglia: aveva conosciuto una donna del posto, aveva anche una figlia di pochi mesi. Da chi fuggiva allora? Perché era disposto a mandare tutto all’aria pur di rientrare subito in Italia? Luca sapeva bene che, ai tempi del Covid, gli spostamenti da uno Stato all’altro non sono affatto semplici. Ma voleva comunque rientrare. A tutti i costi. Come mai?

Aspetto da non trascurare, poi, è il luogo in cui Luca sarebbe morto. In ambasciata o in ospedale? Se venisse dichiarata la sua morte all’interno dell’ambasciata italiana (vuoi per un malore vuoi per asfissia), la competenza a indagare spetterebbe solo e soltanto all’Italia. Così, invece, no. Il decesso è stato dichiarato in ospedale: può indagare, quindi, la magistratura dell’Uruguay, rendendo più difficile la ricerca della verità per il nostro Paese. Le immagini – è doveroso sottolinearlo – ci mostrano un corpo che, già all’interno dell’ambasciata, sembra non dare più segnali di vita. In auto, tra l’altro, viene trascinato di peso. E se Luca fosse già morto prima di arrivare in ospedale?

Le contraddizioni

Infine si segnalano le incongruenze dei racconti forniti dai testimoni. Dall’addetto alla vigilanza al poliziotto, dall’agente che ha guidato l’auto all’infermiere fino al medico del pronto soccorso. Per il poliziotto che lo ha portato in ospedale, Luca era ancora vivo, agitato e con atteggiamenti violenti, per l’altro con sintomi da arresto cardiaco in corso. Per una dottoressa del pronto soccorso è arrivato già morto, per l’infermiera aveva le convulsioni e non era in grado di parlare. Insomma qual è la verità? Perché ognuno fornisce un racconto diverso? La speranza è che questo caso non si aggiunga al tristemente noto caso Regeni e a quello di Mario Paciolla, il volontario dell’Onu trovato morto in Colombia in circostanze misteriose.

Leggi anche: