«Gli ho tirato una zampata mentre era a terra», le intercettazioni che inguaino i fratelli Bianchi. Il gip: «Hanno pestato Willy per ucciderlo»

Il nuovo colpo di scena nell’inchiesta è arrivato ieri, 4 febbraio, con la notifica agli indagati di una nuova ordinanza di custodia cautelare

Willy Monteiro Duarte è morto per le «zampate» – pugni, in dialetto – ripetute, che gli sono state inferte mentre era a terra inerme. Così si aggrava la posizione dei fratelli Bianchi che dovranno affrontare il processo per omicidio volontario, non più preterintenzionale. Per il Gip di Velletri, Marco e Gabriele Bianchi avevano la chiara volontà di uccidere il ragazzo, pestato a morte mentre era a terra inerme come hanno confermato le intercettazioni in carcere degli altri due che quella sera a Colleferro, Mario Pincarelli e Francesco Belleggia.


Nell’ordinanza il Gip scrive che i testimoni della scena hanno visto come il ragazzino continuava ad essere picchiato nonostante fosse già a terra. Non solo: era del tutto estraneo alla discussione in corso. I quattro indagati nel colpirlo e infierendo con crudeltà su un ragazzo inerme, erano animati «semplicemente, dalla volontà di dimostrare la forza del proprio gruppo».


Le intercettazioni

«Gli so tirato una zampata quando steva per terra», confida al padre Pincarelli in un colloquio in carcere il 22 settembre scorso. I due, però, non sanno di essere intercettati. Il padre, alterato, chiede al figlio di stare zitto: «zitto n’atra vota» (zitto ancora). Poi il consiglio: «Tu solo con l’avvocato devi parlare, a me non devi dire niente. Tu quando viene l’avvocato, quello che ti dice lui tu devi fa’. Quando papà te lo diceva di non fa’ lo scemo. Mo tu dici non si stato, non sa niente… ».

In un altro colloquio, registrato il 16 ottobre scorso, i protagonisti sono proprio i fratelli Bianchi. Marco, in carcere, racconta al fratello Alessandro di quella sera. «Una persona si è fatta largo tra la folla e ha cominciato a colpire con un calcio frontale, che ha preso in pieno l’anca sinistra. L’altra persona, – presumibilmente Willy, ndr -, è caduta all’indietro. Un mucchio de gente davanti alla caserma, quando so’ arrivato, dice. Non lo conoscevo quel ragazzo. Quello stava in mezzo, così, poi bum, è cascato a terra».

A seguire arriva il dettaglio, fondamentale. «Mario Pincarelli stava prendendo a pugni quel ragazzo», racconta ancora Marco ad Alessandro. «Poi so’ arrivato io, col braccio ingessato e bum, zampata in bocca. Pincarelli si è messo in cima» – e a questo punto mima una persona che in piedi, sopra un’altra stesa a terra, la prende a pugni alternati.

L’ordinanza

Per il gip di Velletri, Giuseppe Boccarrato, i quattro indagati non solo avevano capito che quelle botte date senza pietà potevano portare Willy alla morte ma colpendolo ripetutamente, «con una violenza del tutto sproporzionata alla volontà di arrecargli delle semplici lesioni, avessero previsto e voluto alternativamente la morte o il grave ferimento della vittima».

Per il giudice «per la modalità dell’azione, realizzata da più persone coordinate, per la localizzazione e violenza dei colpi, inferti in più parti vitali, per le condizioni in cui versava la vittima, colpita» anche quando «si trovava inerme in terra nella seconda, e per l’esperienza nelle tecniche di combattimento dei fratelli Bianchi e del Belleggia, va senza dubbio esclusa la condizione minima per contestare l’omicidio preterintenzionale».

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